Quello che segue è un rapporto pubblicato da diverse organizzazioni che si occupano dei prigionieri palestinesi (Prisoners Affairs Commission; Palestinian Prisoners’ Society; Addameer Prisoner Support and Human Rights Association; Al-Mezan Center for Human Rights)
Traduzione dall’arabo – a cura di Samidoun Palestinian Prisoner Solidarity Network.
Le foto hanno unicamente fini illustrativi e sono state liberamente inserite da invictapalestina.
Nota di Invictapalestina: Nella foto di copertina Samer Issawi riarrestato insieme alla sorella Shireen e suo fratello Medhat, dopo essere stato liberato inseguito ad uno sciopero della fame durato 266 giorni. Dopo una campagna internazionale per la liberazione di Samer Issawi l’esercito di occupazione lo ha riarrestato nel 2014 insieme a parte della sua famiglia approfittando dell’attenzione dei media e degli attivisti sull’invasione di Gaza che portò ulteriore distruzione e morte con l’infame Operazione Margine protettivo.
Le istituzioni che si occupano di affari dei prigionieri hanno rivelato che l’occupazione israeliana ha arrestato nella prima metà del 2016, 3412 palestinesi, tra cui 706 bambini e 96 donne e ragazze.
6326 palestinesi sono stati arrestati dall’inizio della rivolta popolare nel mese di ottobre del 2015.
Secondo il Prisoners Affairs Committee, 483 palestinesi sono stati arrestati nel mese di giugno 2016.
L’uso della detenzione amministrativa, in particolare, si è intensificato bruscamente.
1028 ordini di detenzione amministrativa sono stati emessi nella prima metà del 2016 inclusi 412 nuovi ordini; il numero di ordini emessi per detenzione senza accusa né processo a partire da ottobre 2015 è di 1471. Tra questi, ci sono 7 ordini di detenzione amministrativa emessi contro donne e ragazze, due contro deputati del Consiglio legislativo palestinese e 11 contro minori. Al momento, ci sono quasi 750 prigionieri palestinesi detenuti in detenzione amministrativa, il totale più alto registrato a partire dal 2008.
Il numero totale dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane è di circa 7000, tra cui 330 bambini e 64 donne. Le autorità di occupazione israeliane continuano a detenere i sei membri del Consiglio legislativo palestinese, così come 30 palestinesi che erano stati arrestati prima della firma degli accordi di Oslo.
Striscia di Gaza: Tra assedio e detenzioni arbitrarie
Le forze di occupazione israeliane sono responsabili di violazioni gravi e sistematiche dei diritti della popolazione della Striscia di Gaza, attraverso l’imposizione di un blocco intensivo, che ha portato ad un grave peggioramento della situazione umanitaria e a continue violazioni dei diritti umani della popolazione palestinese. I Palestinesi di Gaza sono inoltre soggetti alla politica delle detenzioni arbitrarie.
Diverse categorie di Palestinesi sono sistematicamente bersagliate durante l’attraversamento deli valici di Beit Hanoun e di Erez nonché delle aree di confine a Nord e a Est della Striscia di Gaza e del mare per quanto concerne i pescatori.
Gli attacchi contro i pescatori violano chiaramente il diritto internazionale e rappresentano uno sfruttamento deliberato del blocco navale che trasforma i valici, i confini e il mare della Striscia di Gaza in una vera e propria prigione per i Palestinesi.
Essi, poi, sono esposti a trattamenti crudeli e degradanti durante gli interrogatori messi in atto dai servizi segreti delle forze di occupazione israeliane.
Le forze di occupazione israeliane hanno arrestato durante la prima metà del 2016, 123 palestinesi di Gaza, tra cui 83 pescatori arrestati in mare. Successivamente, la maggior parte di essi è stata rilasciata senza accuse; tuttavia, questi arresti hanno conseguenze a lungo termine, in particolare per i pescatori che sono stati feriti o le cui barche sono state confiscate o danneggiate, incidendo pesantemente sulle loro condizioni di vita.
I bambini palestinesi: i maggiori testimoni delle violazioni dell’occupazione
Le autorità di occupazione detengono nelle carceri di Ofer e Megiddo oltre 330 bambini, tra cui 18 bambini feriti e malati e 15 ragazze minorenni nelle carceri di Hasharon e Damon.
Dall’inizio dell’anno, le autorità di occupazione israeliane hanno anche emesso più di 65 ordini di arresti domiciliari contro i bambini di Gerusalemme. L’uso degli arresti domiciliari contro
i bambini è un fenomeno in crescita e impedisce loro di lasciare la casa anche per ricevere cure mediche o per frequentare la scuola. Questo si aggiunge alla summenzionata detenzione amministrativa di 11 bambini che si trovano in carcere senza un’accusa né un processo.
Le forze di occupazione israeliane hanno intensificato le violazioni dei diritti dei bambini palestinesi nelle carceri israeliane che comprendono l’uso della tortura, di maltrattamenti e la violazione dei diritti dei minori fin dal primo momento dell’arresto, che avviene di solito a tarda notte o a prima mattina durante raid militari violenti, o durante la loro detenzione, soprattutto da parte di “unità speciali”, le cosiddette “Mustaribeen”.
I bambini sono ammanettati mani e piedi, bendati e condotti sul posto dell’interrogatorio senza genitori o avvocati. Spesso, durante gli interrogatori, essi vengono minacciati e costretti a firmare dichiarazioni in ebraico senza comprenderne il significato. Questo si aggiunge all’uso di vari metodi di tortura, tra cui percosse, calci e abusi verbali e psicologici ai danni dei bambini. I minori vengono poi sottoposti al giudizio di tribunali militari e civili dell’ occupazione che, di solito, li sottopone a condanne e sanzioni pecuniarie ingiuste.
Il crescente numero di donne palestinesi nelle carceri israeliane
Ci sono 64 donne palestinesi detenute nelle carceri israeliane, tra cui 15 ragazze minorenni nelle carceri di HaSharon e Damon. Anch’esse devono far fronte alle difficili condizioni di vita all’interno delle carceri.
Il numero di arresti di donne e ragazze nella prima metà del 2016 è il più alto registrato a partire da diversi anni; anche le donne, in particolare quelle malate o ferite, subiscono maltrattamenti per mano delle forze di occupazione durante l’arresto e la detenzione. Le donne prigioniere palestinesi hanno espressamente denunciato l’uso del veicolo di trasporto “Bosta”. Le detenute vengono spesso trasportate presso i tribunali o le cliniche su questo veicolo che ha dei sedili in metallo su cui vengono incatenate le prigioniere. Il veicolo è estremamente caldo in estate e freddo in inverno e le prigioniere possono trascorrervi a bordo anche tre giorni. Questo si aggiunge al sovraffollamento delle carceri femminili anche in virtù del continuo aumento degli arresti.
Prigionieri malati: ritardi e negligenza nelle cure
Le autorità di occupazione continuano a essere responsabili di negligenze medica e ritardi nell’erogazione di cure ai prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Ci sono circa 700 prigionieri feriti e malati, molti dei quali in attesa di cure o esami medici da anni. Nella clinica della prigione di Ramleh, ci sono 15 detenuti gravemente malati assistiti solo da cinque detenuti sani.
Diversi detenuti sono impegnati in scioperi della fame e altre proteste per chiedere cure mediche, tra cui Mansour Moqtada di Salfit, che sta scontando una pena di 30 anni, che si è impegnato in uno sciopero della fame parziale ed è uno dei detenuti più gravemente feriti e malati; Inoltre, Muhannad al-Azzeh, che sta scontando una pena di 13 anni, è impegnato in uno sciopero della fame affinché gli vegano erogate cure mediche.
Arresti e negazione della libertà di espressione sui social network
C’è stata un’escalation di arresti arbitrari e di attacchi alla libertà di opinione e di espressione.
Tra ottobre 2015 fino alla fine di giugno 2016, le forze di occupazione israeliane hanno arrestato più di 170 palestinesi con l’accusa di “istigazione” solo per aver pubblicato su Facebook. Le autorità israeliane hanno anche costituito un’unità speciale Cyber-araba” per sorvegliare e perseguire i palestinesi che pubblicano sui social network. Tra coloro i quali sono stati accusati di istigazione ci sono Qusai Issa di Betlemme; Sami Janazrah, che ha intrapreso uno sciopero della fame di 70 giorni contro la detenzione amministrativa e poi è stato rinviato a giudizio per istigazione e il professore Imad Barghouthi, accusato di istigazione dopo che si era deciso di liberarlo dalla detenzione amministrativa.
Bilal Kayed: una nuova battaglia per affrontare il carceriere; 33 prigionieri impegnati in scioperi della fame nella prima metà del 2016
Il prigioniero palestinese Bilal Kayed, di Asira al-Shamaliya nel distretto di Nablus, il 15 giugno ha iniziato uno sciopero della fame contro l’imposizione di un ordine di detenzione amministrativa nei suoi confronti dopo che il suo rilascio era stato previsto il 13 giugno, giorno in cui ha finito di scontare una pena di 14 anni e mezzo di carcere.
L’occupazione gli ha imposto sei mesi di detenzione amministrativa. Questa non era la prima presa di mira ai danni di Kayed; durante la sua pena, dopo Settembre 2015, egli è stato tenuto in isolamento e gli sono state negate le visite dei familiari.
Durante la prima metà del 2016, 33 prigionieri hanno intrapreso uno sciopero della fame contro diverse politiche detentive delle forze di occupazione, soprattutto contro le detenzioni amministrative.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa riduce le visite dei familiari ai detenuti
I prigionieri palestinesi devono far fronte a una nuova politica del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), che vuole ridurre le visite dei familiari da due volte al mese a una volta al mese. Questo è visto dai detenuti e dalle istituzioni che difendono i loro diritti come una nuova violazione in cima a tutte le altre violazioni che hanno affrontato. Come osservato in diverse dichiarazioni, questa politica rientra pienamente nelle politiche repressive messe in atto dalle autorità di occupazione e rappresenta un pericolo per i diritti dei detenuti che sono stati ottenuti in 35 anni di lotta all’interno delle prigioni.
Inoltre, questa politica va ad acuire la sofferenza delle famiglie dei prigionieri, che affrontano maggiori oneri finanziari derivanti dalla detenzione illegale dei prigionieri al di fuori della Cisgiordania e di Gerusalemme. La decisione di adottare questa politica è sopraggiunta senza alcuna consultazione con le istituzioni pubbliche, con i detenuti e le loro famiglie, e rientra nella politica delle autorità di occupazione carcerarie di negare a centinaia di prigionieri le visite dei familiari con il pretesto di tutelare la sicurezza.
Alla luce delle violazioni crescenti da parte delle autorità di occupazione israeliane contro i prigionieri palestinesi e il popolo palestinese, la comunità internazionale continua il suo silenzio. Invece di imporre sanzioni su Israele, la potenza occupante viene eletta come presidente del comitato giuridico delle Nazioni Unite.
Le quattro istituzioni hanno rinnovato la loro condanna delle violazioni gravi e sistematiche del diritto internazionale e dei diritti umani contro i prigionieri palestinesi messe in atto da Israele. Essi hanno espresso orgoglio per la lotta dei detenuti palestinesi e hanno ribadito il loro impegno a proseguire la lotta per difendere i detenuti palestinesi e denunciare gli abusi perpetrati contro di loro. La questione dei detenuti è una questione nazionale palestinese e anche un problema umano e morale; gli sforzi da parte dei paesi arabi e della comunità internazionale nell’esercitare pressioni sullo stato di occupazione affinché esso fermi le sue violazioni e liberi i detenuti palestinesi devono essere intensificati.
In questo contesto, essi hanno invitato le istituzioni, le organizzazioni della società civile, i partiti politici e le organizzazioni per i diritti umani di tutto il mondo ad agire per denunciare gli abusi perpetrati dalle forze di occupazione.
Trad. dall’inglese: Rossella Tisci – Invictapalestina
Fonte: http://samidoun.net/2016/07/june-2016-report-on-palestinian-prisoners-3412-arrested-in-the-first-half-of-2016/