Stato attuale ed origine del conflitto tra Israele e la Palestina. Breve riassunto per le Scuole Medie.

Prefazione.

Care/i tutte/i,
Avrete notato che è iniziata un’offensiva in grande stile da parte di Israele, sostenuto dalla maggior parte delle Comunità Ebraiche italiane, per promuovere l’idea che la terra tra il fiume Giordano ed il Mediterraneo appartiene alla Nazione Ebraica, e lo stato di Israele è uno Stato Ebraico. Vedete le iniziative come quelle della Sissco (Società Italiana di Studio della Storia Contemporanea) di cui vi ho mandato pochi giorni orsono il programma di un Convegno, le iniziative del CIPMO (diretto da J.Cingoli), ora  finanziato con denaro pubblico, sulla base delle sue attività culturali ma in realtà, per le sue scelte degli oratori e la sua impostazione generale, attivista di propaganda israeliana.

L’attività diplomatica italiana, a cui in questi giorni si aggiunge una conferenza organizzata in Israele a cui partecipa la ministra Giannini ed una serie di docenti universitari ben selezionati allo scopo, è servilmente succube dei voleri di Israele, qualsiasi iniquità quel Paese commetta.
In Israele i libri scolastici per i giovanissimi sono ormai dedicati a descrivere una realtà distorta del presente, ed una falsificazione del passato vicino e lontano: vedere il molto ben documentato libro di Nurit Peled (N.Peled, La Palestina nei testi scolastici di Israele. Edizioni Gruppo Abele,2016), ed i numerosi saggi pubblicati anche in italiano al riguardo.
E’ opportuno dunque che prendiamo l’iniziativa per dare nelle scuole italiane un’informazione oggettiva dei fatti, antichi e presenti, che hanno portato alla attuale situazione di feroce oppressione e persecuzione dei Palestinesi da parte di Israele, che è di fatto sostenuta dall’Occidente tutto, a livello delle Nazioni Unite, della continua fornitura delle armi più sofisticate, del sostegno economico con condizioni di privilegio negli scambi commerciali e culturali.
E’ necessario che nelle nostre scuole si ristabilisca il fatto storico fondamentale: che le persecuzioni degli ebrei e la Shoah sono un crimine europeo, tutto europeo: i Palestinesi non ne hanno alcuna responsabilità. Noi europei ed i nordamericani siamo debitori dei Palestinesi di aver loro imposto di lasciare la loro terra agli ebrei da noi perseguitati. Nessuno potrà risarcirli per le decine di migliaia di morti, che non sono monetizzabili, ma dobbiamo risarcire i disastrosi danni economici loro provocati, e dobbiamo esigere da Israele che i Palestinesi abbiano condizioni di vita da cittadini uguali in diritti e condizioni di libertà e giustizia nella loro terra, in modo che possa instaurarsi una convivenza civile che possa portare, nel tempo, alla fraternità.
Per questo, propongo di diffondere a insegnanti e studenti delle scuole medie inferiori e superiori il testo qui allegato, necessariamente sintetico, con lo scopo di consentire ai giovanissimi di elaborare propri criteri di giudizio sulla base di conoscenze che potranno ampliare, anche con l’aiuto degli insegnanti.

Scritto il 6 Giugno 2016 da Giorgio Forti- Rete ECO Milano (Ebrei Contro l’Occupazione)

 

Tra i tanti conflitti in corso nel mondo, quello tra Israele ed i Palestinesi è il più antico e pericoloso. Antico perché iniziato nei primi anni del 1900, quando Ebrei europei, soprattutto dell’Europa orientale (Impero Russo, Polonia, Romania) hanno cominciato ad emigrare in Palestina, la terra compresa tra il fiume Giordano ed il mare Mediterraneo.

La Palestina era allora parte dell’Impero Ottomano, che aveva la sua capitale ad Istanbul, ma era abitata dai Palestinesi, una popolazione prevalentemente araba che vi abitava da molti secoli. Come in tutti i Paesi, vi erano tra i Palestinesi delle minoranze etniche, cioè popolazioni di diverse origini: un piccolo numero di Drusi, di Ebrei, di Beduini.

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L’immigrazione degli Ebrei al principio del 1900 era causata dal fatto che in Europa, e soprattutto in Europa orientale, essi erano maltrattati e perseguitati duramente dalle autorità governanti, ed oggetto di discriminazione anche da parte delle popolazioni. Questa non era una buona ragione per andare ad occupare la terra altrui senza chiedere il permesso agli abitanti Palestinesi. Perché gli Ebrei europei decisero di andare in Palestina, invece che in qualsiasi altro posto del mondo? Il fatto  è che nell’antichità, fino all’inizio dell’Era Volgare che si fa iniziare convenzionalmente all’ ”anno zero”, l’anno della nascita di Gesù, la Palestina era abitata da diversi popoli, compresi gli Ebrei (anche se molti di essi vivevano in altri Paesi), che vi avevano sviluppato la loro religione (“l’Ebraismo”) e fondato un loro Regno, accanto a Regni di altri popoli. Questo fatto ha spinto alcuni esponenti religiosi a scegliere la Palestina, dopo che un Ebreo austriaco, Teodoro Herzl aveva proposto (nel 1897) di fondare uno stato ebraico non in Palestina, ma in Uganda (Africa centro orientale, allora colonia britannica) o in Argentina. Hertz non era affatto religioso, ma il l’opinione religiosa prevalse per la scelta del sito dove fondare lo Stato Ebraico.

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Di fatto, i primi coloni Ebrei non erano per la grande maggioranza religiosi, ed andavano in Palestina per sfuggire alle persecuzioni da parte dell’impero Russo, governato dall’imperatore, lo Zar. In tutto il mondo gli Ebrei, alcuni dei quali molto ricchi, raccolsero offerte per acquistare terre in Palestina dai proprietari arabo-palestinesi, e quelle terre vennero date agli immigranti ebrei. Questi erano pochi all’inizio del 1900, ma cominciarono subito a non volere avere come compagni di lavoro i contadini palestinesi, ed a cacciarli dal lavoro agricolo: iniziarono così i primi conflitti. Il governo dell’impero ottomano non si curava affatto di questi conflitti: gli bastava che ebrei o arabi palestinesi pagassero le tasse e non creassero disordini.

 

Nel 1918, l’Impero Ottomano, che era stato alleato della Germania e dell’Impero Austriaco nella Prima Guerra Mondiale, ed aveva perso la guerra insieme a loro, scomparve e la Turchia divenne una Repubblica. La Palestina diventò “mandato”, cioè colonia, della Gran Bretagna, che invece era tra i vincitori. Durante il governo inglese l’immigrazione ebraica dall’Europa continuò con piccoli numeri di Ebrei che provenivano ora soprattutto dalla Germania e da Polonia, Ungheria, e Romania. In Germania aveva preso il potere ( 1933) la durissima dittatura nazista, con a capo Hitler, che instaurò una feroce persecuzione degli Ebrei. La Germania nazista, con l’aiuto dell’Italia fascista e di Ungheria e Romania, anch’esse governate da dittature di tipo fascista, mosse guerra a tutta l’Europa: a Polonia, Francia, Inghilterra, Belgio, Olanda, Danimarca e Norvegia. Ed anche alla Russia, che era dal 1917 governata dal regime comunista, ed era diventata una Unione di Repubbliche Sovietiche Socialiste (URSS). L’Italia, governata dalla dittatura fascista, si schierò con la Germania nazista. In tutti i Paesi ed i territori dominati dai nazifascisti, la persecuzione degli Ebrei si fece durissima, e venne progettata ed iniziata la eliminazione fisica degli Ebrei ( tutti coloro che avevano uno dei quattro nonni ebreo), nel modo più atroce: vennero costruite camere a gas in cui gli ebrei, prima concentrati in campi dove venivano fatti lavorare per l’industria bellica nazista, venivano uccisi con il gas asfissiante, quando non morivano prima di fame stenti e maltrattamenti.

Ma la Seconda Guerra Mondiale fu vinta dai popoli liberi: da oriente l’avanzata dell’Armata Rossa dell’URSS (che contribuì in modo determinante, dal 1941 al ’45 e con gravissimi sacrifici, alla sconfitta nazista), da occidente gli alleati occidentali (USA, Gran Bretagna, la parte dell’esercito francese che si era ritirato in Inghilterra nel 1940, che sbarcarono in Francia nel 1944), ed in tutti i Paesi occupati la Resistenza e ribellione dei popoli oppressi dal nazifascismo (in Jugoslavia, Cecoslovacchia, Polonia, Italia dopo la caduta del Fascismo nel 1943, Francia) sconfissero la Germania Nazista. Gli eserciti vincitori liberarono i superstiti dei campi di concentramento nazisti, tra cui molti erano gli Ebrei destinati alla morte.

Primo_Levi_732849014Questi eventi sono narrati da numerosi scrittori europei. In Italia, uno dei maggiori scrittori del ‘900, Primo Levi, uno dei pochi Ebrei superstiti dal campo di sterminio nazista di Auschwitz, racconta nei due libri “Se Questo è un Uomo” la vita e morte nel campo, e in “La Tregua” la liberazione da parte dell’Armata Rossa ed il lungo viaggio di ritorno attraverso la Russia.

Dopo la fine della guerra ( maggio 1945), gli ebrei superstiti, a cui nei Paesi occidentali non venne facilmente concesso di immigrare, furono mandati in massa in Palestina: alla fine della guerra molte decine di migliaia di Ebrei immigrarono in Palestina, nonostante l’opposizione della Gran Bretagna, che era ancora incaricata di governare quel Paese, e la disorganizzata resistenza dei Palestinesi, che erano privi di una propria struttura statale. Nel 1947 vi erano in Palestina circa 600mila ebrei, per la maggior parte neo-immigrati, e un milioneottocentomila palestinesi Arabi. La Gran Bretagna rinunciò al mandato di governare la Palestina, e le Nazioni Unite deliberarono di dividere il Paese: 53% agli ebrei immigrati, ed il 47% ai Palestinesi. La spartizione venne approvata a grande maggioranza delle Nazioni Unite, con la sola opposizione dei Paesi Arabi circostanti, in mancanza di uno Stato Palestinese, che non esisteva.

Gli ebrei, organizzati in un esercito “clandestino” ed in alcuni gruppi terroristici armati che combattevano contro i palestinesi e anche contro gli inglesi (prima che questi se ne andassero, nel maggio 1948), proclamarono lo Stato di Israele il 15 maggio 1948. Gli Stati Arabi circostanti, per formale atto di solidarietà con i Palestinesi ma senza reale volontà di combattere, dichiararono guerra ad Israele, e combatterono poco e male, mai insieme. Furono sconfitti, uno dopo l’altro. Ed i Palestinesi, che non avevano né stato né esercito, non poterono opporre che scarsissima resistenza.

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Settecentocinquantamila palestinesi furono cacciati di casa, e si avviarono spesso a piedi e senza cibo né acqua, a campi profughi nei Paesi vicini: Libano, Transgiordania, Siria, Egitto. Qui vivono ancora oggi in campi profughi loro ed i loro discendenti, in condizioni non solo precarie ma miserabili, spesso mal tollerati dagli stessi Paesi arabi in cui sono situati i campi profughi. Pochi, più fortunati o con più risorse, sono riusciti ad emigrare in Europa, negli Stati Uniti d’America o altrove.

Alla fine della guerra, nel 1949, gli Israeliani, come da allora vengono chiamati, occuparono il 78% della terra tra il Giordano ed il Mediterraneo, ed ai Palestinesi rimase solo il 22%, inclusa la parte vecchia della città di Gerusalemme. Ma quel 22% della terra tra Giordano e Mediterraneo non costituiva uno Stato: era formalmente parte del Regno di Transgiordania, al di là del Giordano.

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I Palestinesi arabi rimasti in Israele (oggi sono circa il 20% della popolazione dello Stato) sono discriminati nel peggiore dei modi: disprezzati disumanamente, con divieto di risiedere fuori dalle zone a loro riservate, scuole e servizi sociali di qualità molto peggiori di quelle dei loro concittadini Ebrei, senza la possibilità di accedere alle posizioni riservate agli Ebrei nella società civile, esclusi dall’amministrazione dello stato.

Nel giugno 1967, Israele, appoggiato ed armato modernamente dagli USA e dagli Stati dell’Europa occidentale, mosse guerra all’Egitto, alla Siria, alla Giordania: in sei giorni sconfisse definitivamente tutti, di nuovo l’uno dopo l’altro, ed occupò militarmente tutta la terra tra il Giordano ed il mare, compresa la parte Araba di Gerusalemme. L’occupazione militare dura ancor oggi, e si è fatta ogni giorno più dura. Subito dopo la Guerra dei Sei Giorni circa 300mila Palestinesi furono cacciati dalle loro case con la forza delle armi.

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La espulsione di Palestinesi continua ancor oggi: ogni giorno case palestinesi vengono sequestrate e distrutte, per sostituirle con case per gli israeliani ebrei. Campi e terre a pascolo vengono sequestrate con vari pretesti di sicurezza militare, ed assegnate a coloni israeliani che vi costruiscono case per sé, mentre quasi mai vengono concessi permessi di costruzione ai Palestinesi. L’acqua disponibile viene prelevata per la maggior parte per i coloni israeliani (oggi sono circa 600mila, ed aumentano ogni giorno!) che hanno invaso quel 22% di terra rimasta nel 1949 ai Palestinesi: la distribuzione dell’acqua, nella misura di 5 volte di più ai coloni israeliani che ai palestinesi, sulla base del numero di abitanti, è uno dei metodi che Israele applica per costringere i palestinesi ad andarsene , ed è un metodo molto efficace.

 

Altri metodi sono le difficoltà di movimento di accesso a scuole, ospedali, servizi pubblici. Nei Territori Palestinesi Occupati ci sono belle strade ed autostrade, da cui i palestinesi sono esclusi; ci sono posti di blocco gestiti dai militari israeliani, che a volte richiedono ore per essere attraversati per le quotidiane necessità: andare a scuola, al lavoro, all’ospedale, a trovare amici e parenti.

Infine, c’è la persecuzione giudiziaria: i palestinesi, dai 12 anni in su, vengono arrestati dalla polizia e dai militari israeliani senza alcun motivo, trattenuti giorni, mesi o anni senza un’accusa da cui l’accusato possa difendersi, senza poter vedere parenti o amici.

Nel caso dei giovanissimi, bambini di 12-14 anni, senza poter vedere i genitori. Sono stati documentati anche casi di torture ai minori.

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An Israeli soldier detains a Palestinian boy during a protest in the West Bank village of Nabi Saleh in August. (Mohamad Torokman/Reuters)

Lungo quella che era la linea di confine del 1949, ma all’interno del territorio allora lasciato ai Palestinesi, oggi occupato militarmente da Israele, è stato eretto un muro di cemento alto 8 metri, fornito di torrette da dove i soldati israeliani, o armi telecomandate, possono sparare su chi cercasse di oltrepassare il Muro di Separazione.

Nella Striscia di Gaza, una striscia di terra lungo il Mediterraneo larga pochi chilometri, un tempo appartenente all’Egitto, poi occupata da Israele (nel 1967), ora lasciata dai militari israeliani ma strettamente assediata, dove vivono quasi due milioni di Palestinesi, Israele esercita uno stretto controllo della popolazione assediata, e negli ultimi anni ha scatenato tre offensive militari che hanno provocato oltre 3500 morti, la maggior parte civili, donne e bambini. (Nell’immagine i dati dell’invasione di Gaza nel 2014)

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Come possono i discendenti dei superstiti dallo sterminio nazista agire da persecutori a questo livello?

IL conflitto palestinese è parte essenziale dei conflitti tra le grandi potenze, per gli interessi di queste di tipo strategico di dominio ed economico (petrolio e gas naturale). I Governi israeliani, sin dal primo del 1948, intrattengono stretti rapporti con le grandi potenze, che anche quando sembrano rimproverare ad Israele le sue azioni inumane ed ingiuste, non prendono nessun provvedimento efficace a fermare queste azioni anche quando condannate da risoluzioni delle Nazioni Unite, cui Israele non ubbidisce, perché sa che i suoi potenti amici impediscono ogni applicazione delle sanzioni adottate per costringerlo alla ragione.

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E continuano ad armarlo fino ai denti (Israele dispone della bomba atomica, e dei vettori per utilizzarla) ed a sostenerlo finanziariamente. Israele, d’altra parte, ha un’enorme influenza su tutti i governi occidentali: dagli USA, a tutta l’Unione Europea, compresa l’Italia.

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