“Se gli olivi conoscessero le mani che li hanno piantati,
il loro olio si trasformerebbe in lacrime”.
Mahmoud Darwish
Michael Halak
Michael Halak, artista che vive e lavora ad Haifa, trae la sua ispirazione dalla tradizione occidentale realista radicata nell’immaginario ecclesiastico per riflettere la propria realtà di cittadino palestinese che vive in Israele. Il quadro (sopra) raffigura una realtà serena, ma il primo rapido sguardo ha un fascino ingannevole, dato che il dipinto trasmette uno stato di separazione e dissoluzione. È questa doppia realtà che illustra la nozione, tipica di Halak, di «presenza e assenza, identificazione e dis-identificazione, testimonianza e decisione di tacere, memoria e oblio imposto intenzionalmente». Da palestinese che vive in Israele – cittadino, ma senza la nazionalità dello Stato in cui vive; artista arabo che ha ricevuto premi istituzionali, ma che resta marginale rispetto alla cultura israeliana – i quadri di Halak esprimono la natura di inclusione-esclusione dei cittadini palestinesi. Il quadro ritrae due giovani palestinesi mentre urinano su un fico d’India [“sabra” in ebraico è però anche il termine usato per descrivere una persona ebrea nata in Israele, N.d.T.]: un atto banale in apparenza, ma altamente allegorico. L’atto di profanazione compiuto dai giovani arabi è un modo per rimproverare il «tentativo del sabra [nel mito sionista il colono radicato simile alla pianta succulenta] israeliano di delimitare un nuovo territorio al posto dei confini segnati dal sabra [la pianta] arabo», come ha scritto uno spettatore.
I quadri di Halak sono così realisti da togliere il fiato e da costringere il pubblico ad accertarsi del fatto che siano davvero dipinti a olio e non fotografie.
Trad. Marina S.
Fonte: http://blog.palestine-studies.org/2016/04/13/their-oil-would-become-tears-palestinian-oil-paintings/