20 marzo 2017, Simonetta Lambertini (*)
Recentemente Rosario Citriniti, fondatore di Invictapalestina – Centro di informazione politica, storica e letteraria sulla Palestina – diventata negli anni un collettivo di informazione, ha chiesto la mia disponibilità ad occuparmi della biblioteca del centro e dei suoi circa 500 volumi. Non sono molti anni che ho scoperto la letteratura palestinese e devo tanto a Wasim Dahmash per avermela fatta avvicinare.
Non credo nelle coincidenze, ma nei percorsi e nelle trame delle vite e così non è stato troppo sorprendente per me scoprire che la biblioteca di Invictapalestina deve molto al contributo di Wasim Dahmash. È in questo intreccio che si sono impigliate curiosità e fantasie su cosa e quanto si possa fare con e per la letteratura palestinese in Italia.
Per cercare di chiarirmi le idee e poter collaborare a un progetto di pianificazione per organizzare il materiale esistente, ho pensato di fare alcune domande direttamente a Wasim Dahmash.
Raccontami qualcosa della biblioteca di Invictapalestina.
La biblioteca di Invictapalestina nasce da un’idea di Rosario. È lui ad aver pensato di fondare un Centro di riferimento per associazioni e gruppi che lavorano per la Palestina mettendo a disposizione libri e materiali da dare in prestito e in modo che sia consultabile e utilizzabile. È così che un po’ alla volta si è formata la biblioteca.
C’è da dire che nel corso degli anni sono stati creati diversi Centri di documentazione sulla Palestina e relative piccole e grandi biblioteche. Ricordo un’esperienza importante: quella della Fondazione Basso che in pochi anni – l’abbiamo creata nel 1982 e per qualche anno ha funzionato -, con la sezione Palestina ha raccolto oltre 1.000 volumi e una gran quantità di documenti che si sono aggiunti a un Fondo arabo che la biblioteca internazionale già possedeva. Avevamo fatto abbonamenti a riviste importanti relative alla Palestina, alla politica internazionale e al Medio Oriente. Tutto questo materiale esiste ancora ed è entrato a far parte della biblioteca della Fondazione Basso.
Un altro centro interessante si trova a Brescia. È stato creato dall’associazione Amicizia Italia Palestina, possiede una grande quantità di materiale, ma non è un vero centro di documentazione.
Esistono i casi di biblioteche di studiosi adesso scomparsi: quella di Massimo Massara che ne aveva una straordinaria, purtroppo andata dispersa o quella di Guido Valabrega, donata dalla famiglia al Comune di Milano, catalogata e consultabile.
Ma è interessante ricordare che tuttora nascono nuove esperienze: pochi mesi fa qui a Roma un gruppo di ragazzi ha aperto un nuovo Centro di Documentazione Palestinese.
Consolidato è il caso di Invictapalestina che si propone di aprirsi in modo che il materiale raccolto sia messo a disposizione in rete. Anche la sua biblioteca cartacea serve per prestiti o per chi vuole consultarne la documentazione.
La biblioteca cartacea di Invictapalestina, ora non più a Lamezia Terme, quale destinazione definitiva potrebbe avere?
L’organizzazione di un centro di documentazione, o di una biblioteca, richiede molti soldi, ossia di finanziamenti che abbiano una certa continuità. Un esempio: il fondo palestinese della biblioteca Basso per essere catalogato e aggiornato, richiede che qualcuno lo faccia.
E questo qualcuno deve essere un professionista, un bibliotecario serio che conosca le lingue perché quasi tutto il materiale non è in italiano, è in primo luogo in inglese, o in arabo, c’è qualcosa anche in ebraico o in francese. Queste lingue sono fondamentali. Ci vuole un bibliotecario, ma anche un esperto di Medio Oriente che conosca le lingue e la linguistica. Il finanziamento può essere anche minimo, per spingere il progetto, altrimenti è meglio che il suo fondo sia ospitato a Roma da un fondo più grande, da una biblioteca già attiva.
In questo caso si potrebbe pensare ad attivare il prestito a distanza. Questo lo può fare anche il personale di una biblioteca comunale, ma le biblioteche comunali in questo momento hanno pochi finanziamenti e difficoltà di tipo amministrativo piuttosto serie.
Voglio dire che per muovere o ricevere un libro ci sono procedure piuttosto complesse. Le biblioteche universitarie sono nelle stesse condizioni, anche se forse sotto il profilo amministrativo stanno meglio. Sarebbe comunque molto difficile collocare un fondo come questo, specialistico e relativo a un’area geografica limitata.
Sarebbe utile però avere online una lista del fondo cartaceo per poterla confrontare con le liste di altri fondi in modo da creare un database di quello che c’è, dove trovarlo e quello che si può prendere o no in prestito. Un esempio è il catalogo nazionale dove sono indicate biblioteche che fanno anche prestito interbibliotecario su tutto il territorio nazionale. Tali biblioteche, che contengono fondi palestinesi, fanno parte del sistema. Il fondo di Brescia, per esempio, è stato catalogato e fa parte della grande Biblioteca dei Padri Comboniani. Si trova in internet e i libri si possono chiedere in prestito.
A questo punto si tratta di mettere insieme i diversi fondi e unificarli in una biblioteca, in questo caso virtuale, che dia un’indicazione all’utente dove trovare materialmente il libro e come chiederlo. E questo è possibile, si può fare.
Per quanto riguarda invece specificatamente la cartacea hai qualche idea? Pensi di interessartene?
Sì. In questo momento uno spazio fisico si può trovare, però bisogna che sia uno spazio dinamico. Ci deve essere qualcuno che si occupi di spedire i libri e di riceverli in modo per così dire ‘istituzionale’. Al momento non so dirti di più.
(*) Simonetta Lambertini vive a Roma, responsabile del settore Arte di Ulaia Arte Sud Onlus, partecipa attivamente alle attività di diverse associazioni, ultimamente ha curato per Edizioni Q “La piccola lanterna”, lettura gioco per bambini dalla favola di Ghassan Kanafani.