Milano anche quest’anno deve fare i conti col “revisionismo” storico che vorrebbe assegnare ai sionisti un ruolo nella Resistenza e nella Liberazione dell’Italia. Come se non bastasse una nuova brigata milanese parte all’attacco del BDS chiedendo alle autorità pubbliche di vietare la partecipazione degli attivisti filopalestinese al corteo del 25 aprile (Tutte le associazioni filopalestinesi aderiscono all’appello della società civile palestinese che invita al BDS).
L’attivismo filopalestinese, da parte sua, si è mobilitato per spiegare con lettere e comunicati al Sindaco Sala e ai vari giornali cittadini la lotta non violenta che solidarizza con la Resistenza palestinese e contribuisce alla sua liberazione con modalità simili a quelle che portarono alla fine dell’apartheid in Sudafrica ai tempi di Nelson Mandela.
Si comunica alle autorità e ai giornali anche la forte determinazione a partecipare al corteo con un comunicato già sottoscritto da decine di associazioni e centinaia di militanti:
“Insieme alla comunità e alle istituzioni dello stato palestinese porteremo, come ogni anno, lo striscione con la frase di Nelson Mandela, “La nostra libertà è incompleta senza la libertà della Palestina”, le bandiere palestinesi e i cartelli coi nomi dei villaggi distrutti da Israele dal ’48. Vi aspettiamo alle 14 davanti ai giardini pubblici in Corso Venezia, MM Palestro, per sfilare per la libertà e la giustizia, come ci hanno insegnato i nostri Partigiani. ”
Questa situazione che si ripete puntualmente ogni anno è contrastata anche dall’ANPI e spesso anche il Manifesto con i suoi articoli contribuisce al consolidamento dell’ambiguità che gli attivisti anche quest’anno si apprestano a smascherare.
Segue lettera di Ugo Giannangeli al Corriere, poi una ricerca dettagliata sulla “brigata ebraica” e alla fine un articolo del Manifesto in occasione della manifestazione del 2016.
Veniano, 16 Aprile 2017
Leggo sul Corriere di ieri 15 Aprile l’articolo “ L’ANPI al sindaco: difenda la brigata ebraica” a firma Paola D’Amico; mi complimento con l’autrice: non compare mai la parola “Israele” che dovrebbe rappresentare l’unico argomento sul tema e che è l’unico obiettivo della contestazione rispetto alla quale si sollecita la difesa.
Sono l’autore del volantino distribuito lo scorso anno in piazza il 25 Aprile, frutto di una attenta ricerca storica riassunta nella bibliografia (segnalo in particolare la monografia sulla brigata di Luca Cristini e Samuel Rocca- questi ha anche prestato servizio militare nell’esercito israeliano- nella collana “Soldiers and weapons”).
Il volantino spiega le ragioni della legittimità della contestazione per la presenza delle insegne della brigata ebraica e delle bandiere israeliane nel corteo del 25 Aprile.
Roberto Cenati, cui pure indirizzo la presente, ha un problema perché il sottoscritto è un antifascista, come tale anche un antisionista, ma anche un iscritto ANPI.
Nel mio volantino inneggio e rendo onore a tutti gli ebrei che hanno combattuto nelle varie brigate partigiane; non alla brigata ebraica e ne spiego le ragioni.
Allego lo scritto, dubitando della pubblicazione sia di questa lettera sia dell’allegato. Fa molto più comodo alla propaganda sionista pubblicare il 26 Aprile i soliti articoli sulla “cagnara antisemita”, con interviste ai vari Fiano e soci.
Distinti saluti.
Avv. Ugo Giannangeli, tessera ANPI 057999 sezione Seprio
LA BRIGATA EBRAICA – Il Messaggero 25 aprile 2015
Grida, insulti, spintoni, invece per la Brigata Ebraica: ancora una volta a Milano il 25 aprile divide, e la storia della Liberazione si scontra con quella dell’occupazione (contemporanea) dei territori palestinesi invasi da Israele. Così tra le varie anime dell’antifascismo si sfiora ancora una volta la rissa rovinando in parte un 70/o anniversario molto partecipato, con decine di migliaia di persone in strada. «Chi contesta non conosce la storia», reagisce il presidente dell’Ucei Renzo Gattegna, auspicando una condanna di quanto accaduto da parte di «tutte le persone democratiche». Il copione delle tensioni è stato identico a quello dell’anno scorso: al passaggio della Brigata ebraica, che ha attivamente partecipato alla Liberazione, in piazza S.Babila, nemmeno a metà del percorso, un folto gruppo di attivisti pro-palestina e dei centri sociali ne hanno approfittato per creare tensione, e lo scontro è stato evitato grazie ai cordoni di agenti antisommossa che hanno contenuto le spinte degli uni e degli altri evitando che venissero a contatto.
CONTESTARE LA PRESENZA DELLA BRIGATA EBRAICA NELLA FESTA DELLA LIBERAZIONE NON E’ UN DIRITTO, E’ UN DOVERE !
Le insegne della Brigata ebraica sfilano per la prima volta nel corteo del 25 Aprile 2004. Le motivazioni di questa decisione sono dichiarate ed esplicite. Nel sito degli Amici di Israele si legge che sono costoro a decidere di sfilare sotto le insegne della Brigata ebraica perché “stanchi di partecipare circondati da bandiere palestinesi……e per non farci annoverare tra la massa dei manifestanti antiamericani o antiisraeliani”. La stessa associazione dichiara che la decisione di sfilare con la Brigata ebraica è solo un passaggio di un percorso che deve portare a “ lo sdoganamento del sionismo” ( testuale). Si legge: “ Crediamo, infatti, importante spiegare agli italiani che il sionismo è un ideale alto, nobile e giusto”.
E’ quindi espressamente dichiarato che la sfilata della Brigata ebraica è un’operazione di propaganda del sionismo ed è organizzata dalla associazione “Amici di Israele”.
Il sionismo ha portato alla creazione dello Stato di Israele attraverso la Nakba, cioè la distruzione di oltre 500 villaggi palestinesi e l’espulsione di oltre 750.000 Palestinesi dalle loro case e dalle loro terre. Israele prosegue ininterrottamente da allora nella sua politica espansionistica, occupando e colonizzando ulteriori territori palestinesi, destinati dall’ ONU a quello che sarebbe dovuto essere lo Stato di Palestina. Israele, che si compiace di presentarsi come l’unica democrazia del Medio Oriente, uccide, imprigiona, tortura, ruba risorse, pratica un sistema di apartheid, assedia e bombarda Gaza, porta avanti una vera e propria pulizia etnica.
Israele si sta configurando sempre più come stato etnocratico, teocratico, razzista.
La totale impunità di cui gode per i suoi crimini ( ampiamente documentati da Commissioni ONU (1), Human Rights Watch (2), Amnesty International per citare fonti internazionali ma non mancano fonti interne israeliane come B’Tselem e Breaking the silence) ha fatto perdere al diritto internazionale e all’ONU ruolo ed autorevolezza.
Per tentare di mascherare questa realtà è necessaria una capillare opera di propaganda. Chi non ha avuto remore a creare attorno alla tragedia della Shoah una vera e propria industria propagandistica (3), non si è certo fermato dinanzi alla speculazione su una quarantina di morti (tanti sono stati i caduti della Brigata).
Anche perché la Brigata già nasce, alla fine della guerra, come operazione di propaganda. Gli ebrei già combattevano contro i nazifascisti dall’Agosto 1942 inquadrati nel Palestine Regiment insieme ai Palestinesi. Altri ebrei già combattevano nelle formazioni partigiane, soprattutto “ Giustizia e Libertà” e “Garibaldi”. Oltre 1000 ebrei ebbero il certificato di “ partigiano combattente”, oltre 100 furono i caduti.
A tutti questi ebrei combattenti per la libertà va il nostro plauso e la nostra gratitudine !!
Ben diversa la realtà della Brigata ebraica. Churchill ne annuncia la creazione nel Settembre 1944. Inquadrata nella 8° Armata britannica, la Brigata attende due mesi prima di sbarcare a Taranto ed attende altri quattro mesi prima di partecipare ad alcuni scontri nella zona di Ravenna. Siamo ormai a ridosso della Liberazione: marzo/aprile 1945. A Maggio inizia la smobilitazione e i reduci si dedicano in gran parte a sostenere l’immigrazione in Palestina.
Non si può dire che il ruolo della Brigata nella lotta di Liberazione sia stato rilevante. Eppure c’è chi è giunto a scrivere che “ la Brigata ebraica è stata in prima fila nella liberazione d’Europa” (4) !!
Noi siamo contro l’uso della Festa del 25 Aprile per bieche operazioni propagandistiche a favore di uno Stato i cui principi fondanti sono antitetici ai valori dell’ANPI e della Resistenza.
L’art. 2 dello Statuto dell’ANPI prevede l’obbligo di appoggiare tutti coloro che si battono per la libertà e la democrazia. Questi oggi sono i Palestinesi. Lo dice Marek Edelman, vice comandante della rivolta degli ebrei del ghetto di Varsavia (5); lo dice Stephane Hessel, ebreo partigiano coautore della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (6) ; lo dice Chavka Fulman Raban, superstite del Ghetto di Varsavia, che scrive: “ E’ vietato per noi governare un altro popolo, opprimere un altro popolo”(7). Lo dicono gli ebrei della Rete ECO, quelli di Not in my name, quelli che, vergognandosi delle politiche di Israele, chiedono di cancellare il nome dei loro congiunti dallo Yad Vashem.
Come scrive l’israeliano Michael Warschawsky. “ Noi non siamo “ un’altra voce ebrea”, ma invece l’unica voce ebrea capace di parlare a nome dei martiri torturati del popolo ebreo. La vostra voce è nient’altro che i vecchi clamori bestiali degli assassini dei nostri antenati”. La lettera è indirizzata ai governanti israeliani ed equipara Gaza al Ghetto di Varsavia (8).
E come non ricordare che dentro la Brigata ebraica operava una struttura parallela al comando dell’Haganà, la principale organizzazione armata clandestina in Palestina, corresponsabile, tra l’altro, insieme alle truppe inglesi, della repressione della rivolta araba del 1936/39?
Queste formazioni, insieme alle altre bande terroristiche Irgun e Stern, confluiranno in Zahal, l’esercito di Israele, responsabile, insieme a poliziotti e coloni, della pulizia etnica in corso.
E chi oggi ricorda il tributo di sangue dei Palestinesi nella lotta contro il nazismo? I morti palestinesi non fanno notizia, ora ed allora. Eppure 12.446 sono i Palestinesi arruolati dal 1939 al 1945 nell’esercito inglese e 701 furono i caduti (9).
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Per questi motivi, e per tanti altri che non possono trovare qui spazio, diciamo NO alla presenza della Brigata ebraica che contamina i valori della Resistenza : pace, libertà, uguaglianza, giustizia.
Come diceva Nelson Mandela: NON C’E’ LIBERTA’ SENZA LA LIBERTA’ DELLA PALESTINA.
W LA LOTTA DI LIBERAZIONE DI TUTTI I POPOLI !!
W LA LOTTA DI LIBERAZIONE DEI PALESTINESI !!
25 Aprile 2016
Ugo Giannangeli
Note.
- Rapporto Goldstone per il Consiglio per i diritti umani dell’ONU, edizioni Zambon,2011
- L’apartheid in Palestina,il rapporto Human Rights Watch sui territori arabi occupati da Israele, Mimesis edizioni, 2012
- Norman G. Finkelstein, L’industria dell’Olocausto, lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei, Rizzoli, 2002
- Maria Grazia Meriggi, Il Manifesto, 22 Aprile 2015
- Lettera alle organizzazioni combattenti palestinesi del 10 Agosto 2002
- Stephane Hessel, Indignatevi!, Indigene editions, 2010
- Chavka Fulman-Raban, in “frammentivocalimo.blogspot.it/2013/04”
- Michael Warschawsky, Alternative Information Center, 24/1/2009
- Colonial Office Archive, Document nr. 537/1819 ( 1946)
I dati sulla Brigata ebraica sono tratti da “ La brigata ebraica”, Soldiershop publishing, 2012, di Samuel Rocca e Luca S. Cristini.
25 aprile. La componente ebraica in tutta la Resistenza europea è indubitabile e va riconosciuta.
Il Manifesto – Maria Grazia Meriggi, 22 Aprile 2015
Come cittadina democratica con qualche competenza storica vorrei condividere alcune riflessioni sul «25 aprile romano».
Innanzitutto definire «coloniale» o imperiale la presenza ebraica nei territori palestinesi dell’Impero turco significa rimuovere una presenza storica ebraica di lunga durata, da una parte. E, dall’altra, va ricordato il carattere di un’emigrazione che è parte del movimento che coinvolge tanti proletari e operai ebrei russi e polacchi in fuga dai pogrom e dal crollo economico. Attribuire una identità nazionale solo araba o solo ebraica a quei territori o è anacronistico, oppure appartiene alla categoria della «invenzione della tradizione».
Sul piano storico, l’Inghilterra mandataria gioca con il nazionalismo arabo nascente: presentare le potenze occidentali come sostenitrici dell’emigrazione ebraica cozza contro la verità storica.
Nella II guerra mondiale una parte della classe dirigente araba collabora con la Germania nazista, una scelta suscitata dalla lotta contro il mandato ma anche dalla speranza in Hitler distruttore degli ebrei. Si può spiegare, ma non “giustificare”, il gran Muftì con la lotta antimperialista; Messali Hadj (dirigente del primo movimento democratico di liberazione dell’Algeria), dal carcere, ha rifiutato la stessa proposta, in situazione identica, contro la Francia.
Si potrebbero citare altri casi. Il gran Muftì non rappresenta tutti gli arabi palestinesi dell’epoca: bisogna ricordare quelli che combatterono con gli inglesi e quelli che salvarono gli ebrei nel pogrom di Hebron. Ma nemmeno si può rimuovere quell’episodio.
Anche la continuità presunta fra la Brigata ebraica, la minoritaria corrente sionista ultranazionalista di Jabotinski e l’esercito dello Stato d’Israele è contestabile. Coloro che lasciarono il territorio palestinese per l’Europa – come Enzo Sereni – lo facevano proprio perché rifiutavano l’esclusivismo nazionalista e si riconoscevano in una lotta universalistica e umanistica contro i fascismi, che conferiva il suo significato più innovativo all’impresa sionista.
Certo l’attività della Brigata ebraica non esaurisce il ruolo della componente ebraica nella lotta di liberazione.
Migliaia di ebrei democratici, socialisti, comunisti hanno partecipato, nei loro Paesi, alla lotta antifascista esprimendovi i contenuti migliori della loro identità. Ma nel bilancio dei protagonisti – come ha ricordato Wlodeck Goldkorn – tutte queste forme di impegno facevano parte allo stesso titolo della rivendicazione degli ebrei – le vittime principali, anche se in terribile e dolorosa compagnia, del nazismo – all’autodifesa e insieme alla partecipazione alla difesa della civiltà. Nella lotta antifascista sionisti e militanti del Bund (il partito operaio ebraico russo-polacco aderente alla II Internazionale) riconoscono la reciproca dignità e il reciproco valore.
Inoltre: rifiutiamo il principio del «sangue e del suolo» ovunque, quindi anche in Medio Oriente. Lo Stato d’Israele nasce, con il sostegno determinante dell’Urss, per un voto dell’Onu e da esso trae la sua legittimità, entro i confini allora stabiliti. Fra il ‘45 e il ‘50 ci sono stati spostamenti di popolazione e disegni di nuovi confini e nuovi Stati.
La nascita di Israele si può capire solo in questo contesto e la mancata creazione di uno stato arabo nella Palestina mandataria si deve al cinismo delle «classi dirigenti» arabe, che hanno usato i palestinesi per alimentare (non da soli, certo) guerre infinite. Se fra i dirigenti di quel futuro Stato ci fosse stata una mente come quella del Lenin che impose la pace di Brest Litovsk (cediamo territorio e cerchiamo di fare del nostro meglio al suo interno)…
Ciò non significa sminuire le sofferenze di quelle popolazioni ma collocarle nel loro contesto e cercare di capire perché non hanno in seguito trovato una sistemazione territoriale definitiva in nessun paese arabo circostante.
Inoltre: la cultura politica a cui appartengo individua i proprio alleati e avversari trasversalmente e non per «blocchi di alleanze internazionali». I movimenti che abbiamo chiamato «Occupy…» e che hanno coinvolto Israele pochi anni fa, sono nostri interlocutori al di là dei loro governi, in attesa di vedere sorgere – e ogni tanto se ne ha notizia ma presto soffocati – movimenti democratici simili fra i palestinesi.
La Bandiera della Brigata ebraica appartiene a una delle formazioni che sono state in prima fila nella liberazione d’Europa. È quindi a casa propria il 25 Aprile.
I movimenti di liberazione attuali – come quello palestinese – hanno tutto da guadagnare in credibilità politica nel rispettare questa presenza.