Come Herzl ha svenduto gli armeni

 

Appoggiò il brutale sultano ottomano contro di loro, credendo che questo avrebbe portato il sultano a vendere la Palestina agli ebrei.

di Rachel Elboim-Dror (*)  1 maggio 2017

FOTO Copertina – Theodor Herzl a Basilea, sede del Primo Congresso Sionista. Archivio Centrale Sionista / Courtesy Simon Wiesenthal Center

Questo articolo è stato originariamente pubblicato il 1 maggio 2015

 

La questione armena occupò il movimento sionista dal momento in cui uno sterminio di armeni fu compiuto dai turchi a metà degli anni 1890, ancor prima del primo Congresso Sionista. La strategia di Herzl si basava sull’idea di uno scambio: gli ebrei avrebbero pagato l’enorme debito dell’impero ottomano, in cambio dell’acquisizione della Palestina e della creazione di uno stato ebraico con il consenso delle maggiori potenze. Herzl lavorò sodo per convincere il Sultano Abdul Hamid II ad accettare la proposta, ma senza alcun risultato.

“Invece di offrire denaro al sultano”, disse a Herzl l’agente diplomatico Philip Michael Nevlinski (che mise al corrente anche il sultano) “gli offra un sostegno politico nella questione armena e le sarà grato e accetterà la sua proposta, almeno in parte.” I paesi cristiani europei avevano criticato l’uccisione dei cristiani armeni per mano dei musulmani e in diverse parti erano state istituite commissioni a sostegno degli armeni e l’Europa aveva offerto anche rifugio ai leader della rivolta armena. Questa situazione aveva reso molto difficile alla Turchia ottenere prestiti dalle banche europee.

Herzl accolse con entusiasmo il consiglio. Sentiva che era opportuno tentare ogni mezzo possibile per affrettare l’istituzione di uno stato ebraico. Così accettò di servire come strumento del Sultano, cercando di convincere i leader della rivolta armena che se si fossero arresi al Sultano questi avrebbe rispettato alcune delle loro richieste. Herzl cercò anche di mostrare all’Occidente che la Turchia era in realtà più umana, che non aveva avuto altra scelta che affrontare la rivolta armena in quel modo e come aspirasse a un cessate il fuoco e ad un accordo politico. Dopo molti sforzi, incontrò anche il sultano il 17 maggio 1901.

Il sultano sperava che Herzl, un noto giornalista, avrebbe potuto modificare l’immagine negativa dell’impero ottomano. E così Herzl lanciò un’energica campagna per soddisfare il desiderio del Sultano, assegnandosi il ruolo di mediatore per la pace. Stabilì legami con i ribelli armeni e ebbe con loro incontri segreti nel tentativo di convicerli a mettere fine alla violenza, ma quelli non erano convinti della sua sincerità e non si fidavano delle promesse del Sultano. Herzl, allo stesso scopo, fece vigorosi tentativi con i canali diplomatici in Europa con cui aveva molto familiarità.

Come era suo modo di fare non si consultò con gli altri leader del movimento sionista e mantenne segrete le sue attività. Ma avendo bisogno di aiuto, scrisse a Max Nordau per cercare di reclutarlo nella missione. Nordau rispose con un telegramma di una parola: “No.” Nella sua impazienza di ottenere il documento di concessione della Palestina da parte dei turchi, Herzl dichiarò pubblicamente – dopo l’inizio dell’annuale congresso sionista – che il movimento sionista esprimeva la sua ammirazione e la sua gratitudine al Sultano, nonostante l’opposizione di alcuni dei rappresentanti.

Il principale avversario di Herzl in questa occasione fu Bernard Lazare, un intellettuale ebraico francese, noto giornalista e critico letterario, che aveva combattuto in termini inequivocabili contro il processo Dreyfus ed era un sostenitore della causa armena. Era così furibondo per l’attività di Herzl che si dimise dal Comitato Sionista e abbandonò tutto il movimento nel 1899. Lazare pubblicò una lettera aperta a Herzl in cui chiedeva: come possono coloro che intendono rappresentare l’antico popolo la cui storia è scritta nel sangue tendere una mano compiaciuta agli assassini, senza che nessun delegato al Congresso sionista si sollevi in segno di protesta?

Questo dramma che ha coinvolto Herzl – un leader che ha subordinato considerazioni umanitarie e ha servito le autorità turche per l’ideale di uno Stato ebraico, è solo un esempio del frequente scontro tra obiettivi politici e principi morali. Israele ha ripetutamente affrontato tali tragici dilemmi, come testimoniano la sua lunga posizione nel non riconoscere ufficialmente il genocidio armeno, nonché altre decisioni più recenti che riflettono la tensione tra i valori umanitari e le considerazioni di realpolitik.

 

 

La scrittrice è professore emerito di storia dell’istruzione e della cultura presso l’Università Ebraica.

 

 

 

Traduzione Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

fonte: http://www.haaretz.com/opinion/1.654393?utm_content=buffer7e632&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_campaign=buffer

 

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