Mercoledì 10 maggio 2017, Raed scrive a suo fratello Rami Halabi.
Rami, nato a Gerusalemme nel 1985 e detenuto nelle prigioni israeliane, aderisce dal 4 maggio allo sciopero della fame proclamato dal 17 aprile dai prigionieri politici palestinesi che giacciono nelle carceri israeliane.
“Carissimo fratello Rami…
Chiedo perdono per il mio fallimento, per la mia debolezza e per la mia incapacità…chiedo perdono anche per i miei intimi fallimenti e sconfitte… perdonami se non ho altro che il desiderio di vedere la vittoria della vostra battaglia, tua e degli altri nostri grandi prigionieri resistenti, nonostante tutto… avrei voluto essere vicino a te per poter condividere una parte della tua stanchezza, sopportare un pò della tua fame e condividere le pene della repressione e della umiliazione… vorrei essere al tuo posto per poterti risparmiare tutto… tu e tutti gli altri prigionieri, nei nostri panni non sareste rimasti fermi impotenti come noi…
Voi, nostri prigionieri, siete corona della nostra dignità…, di tutta la nostra dignità… Noi ci scusiamo se ci siamo abituati a non essere alla vostra altezza, se ci siamo abituati alle lamentele e alla scarsa volontà… siamo ormai una società precipitata in fondo al barile…
Tutti noi, nessuno escluso, siamo responsabili delle vostre torture e del perdurare delle vostre sofferenze… nostri falchi e nostre aquile… voi, grandi oltre ogni limite… siete forti e resistenti oltre il possibile… anzi, oltre l’impossibile… state proteggendo la nostra dignità, la dignità di tutti noi che siamo liberi, senza esitazione avete intrapreso l’ideale del martirio… quando siete caduti prigionieri, non avete fatto delle vostre sbarre delle scusa per non fare niente… anzi, eccovi qua che scrivete la via più alta della lotta… la via dello sciopero della fame con tutte le sue prospettive e possibilità… state mettendo in gioco la vostra vita…. da dentro le prigioni col vostro progetto di martirio…
Tutta la stima per voi… tutta la vergogna per noi… tutta la gloria per voi… tutta la pietà per noi…
Non siamo come ci desiderate… non siamo come voi vorreste… siamo già in partenza degli sconfitti… in preda alla delusione, alla depressione, alla paura… abbiamo bisogno di voi per sollevare le nostri sorti… vi guardiamo con un silenzio assordante… scusateci… perdonateci… se siamo fermi senza senso di sensibilità e responsabilità… perdonateci se non abbiamo altro se non la nostra fede nella vostra pazienza, grandezza e resistenza.
Vincerete, sicuramente.
Traduzione a cura del Comitato di Solidarietà con il Popolo Palestinese – Torino