Nel segno della coesistenza e cooperazione culturale, quest’anno l’International Shalom Festival, allestito per tre giorni in una scuola secondaria della comunità, ha cercato di scongiurare il biasimo causato dalla sua palesemente propagandistica identificazione del 2016.
L’anno scorso gli organizzatori dell’evento – noti per la loro collaborazione con l’Ambasciata di Israele condotta con l’intento di minare e di opporsi a una campagna di sensibilizzazione a sostegno dei diritti dei palestinesi – orgogliosamente lo proclamarono come una grande iniziativa “di appoggio a Israele”. Quest’anno, gli stessi gruppi – la Confederazione degli Amici di Scozia di Israele (COFIS) e StandWithUs – hanno cercato di attirare il pubblico con la visione di un Israele paradiso di tolleranza e armonia che offre “esempi reali di coesistenza”.
Rinunciando al workshop sull’arte marziale militare di Krav Maga che lasciò tutti interdetti quando apparve sul programma della festa di Shalom (“Pace”) lo scorso anno, la loro pubblicità sul sito web di ‘Edinburgh Fringe 2017’ descrive una serie di attrazioni, dall’entrare in una tenda beduina e godere della cucina drusa al vedere film e spettacoli teatrali, ascoltare di coesistenza dall’autore Dr Lee Perlman e “donne ebree / arabe israeliane di Afula che si riuniscono per dipingere”.
La formula è riuscita a persuadere alcuni politici ad associarsi a questo esercizio di propaganda israeliana – fatto festeggiato dal fedele Zionist Jewish Chronicle. Una di questi è stata la leader laburista scozzese Kezia Dugdale, che ha onorato l’evento con la sua presenza l’8 agosto, ma non si è presentata. Frank Ross di SNP (Partito Nazionale Scozzese) Lord Provost di Edimburgo, ha comunque fatto la sua apparizione. Michael Freeman, Consigliere per gli affari della società civile presso l’Ambasciata d’Israele, presumibilmente in presenza di nessun altro motivo se non quello di trasformare di sua mano qualche piatto druso, ha tweettato la sua gioia nell’essere fotografato assieme Ross.
Lettera aperta degli artisti
Molte figure culturali di spicco hanno capito l’inganno già dal primo evento e hanno scritto al Sunday Herald al riguardo.
Paul Laverty, sceneggiatore di molti dei film di Ken Loach, tra cui l’applaudito “I Daniel Blake”, è stato tra i firmatari di una lettera aperta (testo integrale in inglese), che diceva:
“Il Shalom Festival fa parte dei tentativi dello Stato di Israele di contrastare il BDS [Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni]. Dice di appoggiare la coesistenza pacifica in Israele/Palestina, mentre copre le violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi. Questo è il linguaggio dello Stato israeliano stesso ed è codice per occupazione e oppressione continuate del popolo palestinese e la negazione tuttora in corso del diritto al ritorno di milioni di profughi”.
Jon Pullman, attivista-filmmaker di Edimburgo, è stato invitato dagli organizzatori di ShalomFest, Sammy Stein e Nigel Goodrich, a partecipare ad una discussione su uno dei film che avevano messo nel programma. Quando Pullman, un sostenitore impegnato del movimento BDS, ha visto un filmato tratto da “Eyeless in Gaza”, promosso come un documentario che corregge la parzialità dei media contro Israele, è rimasto sconvolto dal tono e dal contenuto sfacciatamente propagandistici.
Nello spiegare le ragioni del suo rifiuto a prendere parte al dibattito, Pullman ha scritto: “Lungi dall’essere un veicolo di ‘pace’ è propaganda della peggior specie nel suo tentativo di giustificare Operation Protective Edge, l’orribile attacco militare di 51 giorni contro la popolazione assediata di Gaza tre anni fa … l’intera colpa è gettata sulla stessa popolazione di Gaza, o meglio su Hamas, l’autorità di governo che è stata democraticamente votata“.
Pullman ha scritto all’amministratore esecutivo della Fringe Society, Shona McCarthy, sottolineando la doppiezza che sta dietro al ‘Shalom Festival’ che si presenta come, secondo parole del funzionario dell’ambasciata Freeman, “una celebrazione di cultura e diversità”.
Sebbene il consiglio dei genitori della High School della Comunità di Drummond abbia protestato per iscritto sull’uso inappropriato dei locali scolastici, la risposta della Fringe Society è stata quella di insistere sul fatto che, in mancanza di atti illegali, non si può motivare il voler prevenire una potente macchina propagandistica che veste un fazioso messaggio politico con abiti culturali.
Normalizzazione manipolatrice
Apparentemente, offrire una piattaforma ad un attivista filo-palestinese di primo piano come Pullman, è un ben noto stratagemma usato dalla lobby israeliana per dare l’impressione di un autentico interesse al dialogo, ancor meglio per procedere nella loro campagna per chiudere strade di libera espressione per i palestinesi e i loro sostenitori .
La vera motivazione che sta dietro al ‘ShalomFest’ risultava chiarissima dalle bancarelle e dai materiali esposti nella sala della scuola (praticamente vuota quando questo scrittore l’ha visitata). Pannelli espositivi lucidi e pile di volantini e brochure di StandWithUs e Christians United for Israel – organizzazione islamofobica di estrema destra con un grande seguito negli Stati Uniti -, l’insistita rivendicazione biblica di Israele su tutta la Terra Santa e la demonizzazione del BDS come movimento che simpatizza con il terrorismo dell’ISIS.
Anche gli elementi apparentemente più innocui del festival tradiscono il suo ruolo di forma manipolatrice di normalizzazione, con il raffigurare alcuni esempi atipici di collaborazione in Israele tra i non ebrei e gli ebrei, come a voler mostrare il vero volto della società israeliana.
Voglia di un frammento di “bella e pregiata gioielleria” realizzato dai razzi che atterrano a Sderot da Gaza assediata? Molti dei frammenti formano un pezzo di metallo pesante a forma dell’intera Israele / Palestina, con la scritta in ebraico: “Nation of Israel Lives”. Come uno degli espositori ha ironicamente commentato, notando la punta acuminata alla fine del Sinai, “puoi utilizzarlo come arma.”
I visitatori possono godere nell’indossare abiti di gran moda di Maskit. Tenete però presente che Maskit (ebraico משכית), che significa ornamento o qualcosa di piccolo e bello, è una casa di moda israeliana fondata nel 1954 da Ruth Dayan, moglie del leader militare e politico israeliano Moshe Dayan.
Le donne di Afula che si uniscono per dipingere risultano essere prevalentemente donne ebree israeliane che producono una serie di opere che ritraggono ulivi, completamente prive di ogni consapevolezza della distruzione di oltre un milione di ulivi di palestinesi portata avanti da Israele negli ultimi decenni. Il loro progetto è gestito dall’Organizzazione Internazionale Sionista delle donne WIZO.
Progetti di normalizzazione come il ‘Shalom Festival’ sono tanto riprovevoli quando vengono utilizzati per imbiancare l’apartheid israeliano quanto lo sarebbero stati al servizio del regime razzista del Sud Africa, prima dell’azione di solidarietà internazionale che contribuì a causarne la fine.
luglio 2017, Lettera aperta – Boycott “International Shalom Festival”
Noi, i sottoscritti artisti, lavoratori dei media, accademici e attivisti constatiamo che i sostenitori dello Stato di Israele stanno progettando un cosiddetto “International Shalom Festival” durante il prossimo Edinburgh Fringe. Lo scopo di questo “festival”, che comprende la compagnia Incubator finanziata con soldi pubblici da Israele, che è stata oggetto di un riuscito boicottaggio a Edimburgo nel 2014, è quello di tentare di minare la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) contro lo stato di apartheid israeliano.
Il BDS è stato chiamato dalla stragrande maggioranza delle organizzazioni politiche e civili che rappresentano il popolo palestinese. Nella sua testimonianza a sostegno del BDS, l’arcivescovo Desmond Tutu dice: “So prima di tutto che Israele ha creato una realtà di apartheid all’interno delle sue frontiere e con la sua occupazione. I parallelismi con il mio amato Sudafrica sono veramente dolorosi.”
“Il Shalom Festival fa parte dei tentativi dello Stato di Israele di contrastare il BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni). Dice di appoggiare la coesistenza pacifica in Israele/Palestina, mentre imbianca le violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi. Questo è il linguaggio dello stesso Stato israeliano ed è codice per occupazione e oppressione continuate del popolo palestinese e la negazione tuttora in corso del diritto al ritorno di milioni di profughi palestinesi”.
Chiediamo un boicottaggio dell’impropriamente chiamato “Shalom Festival” che promuove, non “pace”, ma lo Stato di apartheid di Israele e la sua occupazione.
Ken Loach (filmmaker); Paul Laverty (scriptwriter); Gavin Mitchell (actor); Wael Shawish (vice-chair, Association of Palestinian Community, Scotland); Hugh Humphries (secretary, Scottish Friends of Palestine); Levette Callander (chair, Scottish Palestinian Forum); Rev. Canon Dr Nicholas Taylor (vice chair, Scottish Palestinian Forum); Sofiah MacLeod (chair, Scottish Palestine Solidarity Campaign); Dr Douglas Chalmers (vice-president, Universities and Colleges Union, in personal capacity); Liz Elkind (Jewish activist); Dr Henry Maitles (Jewish activist); Pauline Goldsmith (actor); John Bett (writer, actor, director); Anji Darcy (actor, singer); Tam Dean Burn (actor); Clare McGarry (theatre director); Robert Rae (film and theatre director); Nicola Roy (actor); Dr Mark Brown (theatre critic); Dr Iain Ferguson (social work academic); Dr Eurig Scandrett (senior lecturer in public sociology); San Ghanny Choir, Edinburgh; Karen Douglas (theatre director); Liam O’Hare (journalist); Craig MacLean (photographer); Jim Aitken (writer); Jane Frere (artist)
traduzione Simonetta Lambertini – invictapalestina.org
fonte: https://artistsforpalestine.org.uk/2017/08/10/israeli-cultural-whitewash-fails-to-impress-at-edinburgh-festival-fringe/