“Se il concetto di intervento è guidato dai diritti umani universali, come è, perché da persone che si identificano come interventisti liberali non sentiamo mai un fiato, una parola, per intervenire a protezione dei palestinesi?”
di Mehdi Hasan, 2 aprile 2018
Questa è stata la domanda che ho posto al filosofo francese, autore e campione dell’interventismo liberale (o umanitario), Bernard-Henri Lévy, nel mio programma di interviste su Al Jazeera inglese “Head to Head” nel 2013.
Il solito Levy forbito ed eloquente ha lottato per rispondere alla domanda. La situazione in Palestina “non è la stessa” che in Siria e “non hai tutto il bene da una parte e tutto il male dall’altra”, ha detto Levy, che una volta ha commentato, riferendosi alle Forze di Difesa israeliane, o IDF, di “non avere mai visto un esercito così democratico, che si pone tante domande morali”.
Non ho potuto fare a meno di ricordare il mio scambio con l’uomo, noto come “BHL”, lo scorso fine settimana mentre guardavo le orribili immagini di manifestanti palestinesi disarmati al confine di Gaza colpiti alle spalle dall’esercito democratico di Israele. Quante “domande morali” si sono fatte i cecchini israeliani, mi sono chiesto, prima di uccidere i profughi di Gaza che avevano osato chiedere un ritorno alle loro case all’interno della Linea Verde?
Venerdì l’IDF ha sparato su un numero sorprendente di 773 persone con munizioni vere, uccidendone 17. Tuttavia un portavoce dell’IDF si è vantato dicendo che le truppe israeliane “sono arrivate preparate” e che “tutto è stato accurato… Sappiamo dove ogni proiettile è atterrato.” Domenica, il falco, ministro israeliano della Difesa, Avigdor Lieberman ha respinto i richiami dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite per un’inchiesta indipendente sulla violenza e ha insistito sul fatto che “i nostri soldati meritano un elogio”.
Per essere chiari, quindi: le truppe israeliane continueranno a uccidere e mutilare i palestinesi mentre il governo israeliano garantisce che non ci saranno conseguenze per le loro azioni.
Allora, dov’è la protesta degli interventisti liberali in tutto l’Occidente? Dov’è BHL, mentre i palestinesi vengono uccisi e feriti a centinaia nel 2018?
Dov’è l’appello dell’ex primo ministro britannico Tony Blair, il cui discorso del 1999 a Chicago in difesa del concetto di una “guerra giusta” e di una “dottrina della comunità internazionale” è diventato un testo chiave per gli interventisti liberali, dov’è l’appello – dicevamo – per una “no-fly” zone su Gaza? Perché un oratore ospite al funerale di Ariel Sharon non ha nulla da dire sul crescente numero di funerali palestinesi?
Dov’è l’indignazione morale dell’ex ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Samantha Power – la famosa pro-intervento, autrice di “Un problema dall’inferno” vincitore di Premio Pulitzer, in cui lamentava l’inazione degli Stati Uniti in Ruanda – sul numero di inermi Palestinesi sparati, uccisi e feriti negli ultimi giorni? Come mai ha il tempo di retwittare un’immagine di un elefante e un cucciolo di leone, ma non ne ha per fare una dichiarazione sulla violenza a Gaza?
Dov’è la richiesta dell’accademico canadese regalato alla politica, Michael Ignatieff, che una volta era una delle voci più fragorose a favore della cosiddetta responsabilità di proteggere la dottrina, affinché le truppe di tutela della pace vengano dispiegate nei Territori Occupati?
Dove sono i giustamente arrabbiati editoriali di Nicholas Kristof del New York Times, o di Richard Cohen del Washington Post, o di David Aaronovitch del Times di Londra, che chiedono azioni concrete contro i violatori dei diritti umani dell’IDF?
E dov’è l’appello dell’ex Segretario di Stato degli Stati Uniti e strainterventista Madeleine Albright per sanzioni economiche e finanziarie contro lo stato di Israele? Per un embargo sulle armi? Per i divieti di viaggio al primo ministro Benjamin Netanyahu, al ministro della Difesa Lieberman e al capo dello staff dell’IDF, il generale Gadi Eizenkot?
Il loro silenzio è assordante e la dice lunga. I palestinesi, a quanto pare, sono stati così disumanizzati da non meritare un intervento umanitario; il loro sangue è a buon mercato, la loro grave condizione non è importante e forse, sopra ogni altra cosa, i loro assassini sono nostri amici.
FOTO – I manifestanti palestinesi corrono al riparo dai gas lacrimogeni israeliani durante gli scontri con le truppe israeliane lungo il confine tra Israele e Striscia di Gaza, nella parte orientale della Striscia di Gaza, il 1 ° aprile 2018. Foto: Momen Faiz / NurPhoto / Sipa USA / AP
DAVVERO DOVREI ESSERE sorpreso, comunque? Dopotutto, non è la prima volta che membri della brigata di intervento liberale hanno ignorato spudoratamente le tragiche morti di palestinesi innocenti.
Nel marzo 2001, verso l’inizio della “Seconda Intifada”, e con il bilancio delle vittime civili palestinesi in aumento, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite propose una risoluzione che avrebbe “istituito un meccanismo appropriato per proteggere i civili palestinesi, anche attraverso la costituzione di un Forza di osservazione delle Nazioni Unite” sul campo, nei Territori Occupati. Gli Stati Uniti, tuttavia, nella forma dell’amministrazione di George W. Bush, posero il veto a tale risoluzione. Quale fu la risposta degli Stati Uniti liberali? Rimasero zitti.
Nell’estate del 2014 l’aviazione israeliana – per la terza volta in sei anni – ha martellato la Striscia di Gaza, sganciato bombe su scuole, ospedali e condomini e ucciso oltre 1.500 civili palestinesi – tra cui 500 bambini – durante l’operazione. Quale fu la posizione dell’allora Segretario di Stato USA Hillary Clinton (che in seguito avrebbe lanciato il suo sostegno per una “no-fly” zone sulla Siria)? “Hamas ha provocato un altro attacco” mentre “Israele ha il diritto di difendersi”. E quale fu la risposta dei suoi compagni liberali? La maggior parte di loro non disse una parola.
Avanzamento veloce al 2018: questa volta, 17 morti e 1.400 feriti. Video virali di soldati israeliani – armati e finanziati dai contribuenti americani – che sparano ai palestinesi in fuga. Ancora una volta, non un fiato su Twitter, o altrove, dai leader del Partito Democratico al Congresso, come il senatore Chuck Schumer e il leader delle minoranze della Camera, Nancy Pelosi. Per i democratici liberali la resistenza dovrebbe essere contro l’amministrazione Trump e la cosiddetta “destra alternativa”, non contro la più lunga occupazione militare del mondo.
Questa cecità morale che tanti liberali e progressisti negli Stati Uniti hanno per i palestinesi non ha mai smesso di stupirmi, o disgustarmi. Come osserva Abraham Gutman, scrittore ed economista israeliano, “questo punto cieco è così pronunciato da creare un nuovo tipo di progressista, il PEP, ‘Progressista-Eccetto-sulla-Palestina.'” Il PEP, continua, “è inorridito per la nomina di Jeff Sessions a Procuratore generale, ma disposto a dimostrare che ci sono sfumature e forse a sostenere il governo di Israele, con una Ayelet Shaked come ministro della Giustizia che ha pubblicato su Facebook un articolo in cui chiama i bambini palestinesi ‘piccoli serpenti’.”
Infatti. Il PEP condannerà a gran voce il bigottismo e il nativismo del Partito Repubblicano negli Stati Uniti e la segregazione e il razzismo in corso nel profondo Sud, mentre distoglie lo sguardo dallo sfacciato razzismo del governo israeliano e dall’apartheid in corso nei Territori Occupati.
Il PEP si scaglia contro Trump e i suoi tirapiedi della linea dura e poi si alza per applaudire Netanyahu o sorride nelle foto con Lieberman – questo nonostante il fatto che le somiglianze tra le amministrazioni Trump e Netanyahu siano state ben documentate.
E il PEP, che sembra essere un fiero sostenitore dell’interventismo liberale, sosterrà interventi quasi ovunque tranne che nei Territori Occupati. Il suo cuore sanguina per siriani, libici, afghani, iracheni, ruandesi, kosovari … ma non per i palestinesi.
Questo non è un esercizio di whataboutism*; si tratta di attirare l’attenzione su palesi doppi standard e ipocrisia morale. In Palestina, gli interventisti liberali che sono “progressisti-eccetto-sulla Palestina” mutuano dal manualetto di Trump quando danno cinicamente la colpa della violenza a “entrambe le parti”. Sostengono che le morti palestinesi sono la conseguenza di “scontri” e “confronti”. Eppure la realtà è che una parte è occupante e l’altra è occupata; un lato ha razzi e fucili e l’altro pietre e fionde; un lato sta commettendo omicidio e l’altro sta morendo.
Non c’è altra conclusione: il continuo e lampante rifiuto degli interventisti liberali in Occidente di dire anche una parola sulla necessità di proteggere i palestinesi occupati dalla violenza sponsorizzata dallo stato è un promemoria di quanto sia moralmente in bancarotta e cinicamente ipocrita la suprema farsa dell’“intervento liberale”.
*Whataboutism – La pratica di rispondere a una critica o a una domanda difficile attaccando qualcuno con una critica o una domanda simile rivolta a lui, in genere a partire dalle parole “Che mi dici di?”
traduzione Simonetta Lambertini – invictapalestina
fonte https://theintercept.com/2018/04/02/israel-killing-palestine-civilian-liberal-humanitarian/