Un gemellaggio iniziato undici anni fa dalla scritta su un muro. Parla Marcello Beraldi, amico di Yaser Murtaja, ucciso il 6 aprile scorso a Khan Younis, nella striscia di Gaza
di ALFREDO SPROVIERI
“L’ultima volta sembrava fatta, ma dopo pochi km in un convoglio fatto di diversi pullman il suo venne fatto rientrare, con un pretesto. Quella sera mi disse: ‘Non uscirò mai da qui'”. Marcello Beraldi è un giovane reporter freelance e vive a Roma. Parla per la prima volta dopo l’assassinio del suo amico Yaser Murtaja, 30 anni, avvenuta lo scorso 6 aprile mentre copriva gli eventi della “Grande Marcia del Ritorno” a Khan Younis, nella Striscia di Gaza. Il reporter è stato colpito all’addome da un colpo d’arma da fuoco ed è morto dissanguato poche ore più tardi. “Yaser era molto legato alla sua terra, ma ha sempre avuto il sogno di viaggiare. Anche se sapevamo che poteva succedere, il fatto che l’hanno ucciso e che non potrà mai avverarlo ci ha annichiliti”.
Murtaja faceva il fotoreporter per l’agenzia Ain Media, lanciata da un gruppo di attivisti palestinesi e italiani. Una storia di amicizia e di impegno nata nel 2011 da una scritta su un muro in Calabria.
“Sì, non lo dimenticheremo mai – racconta Marcello – il 22 maggio di quell’anno sul ponte della statale del nostro paese abbiamo scritto ‘Crosia is Gaza’ e abbiamo messo la foto sul Web.
Arrivò subito una risposta dalla Striscia con la foto del murale ‘Gaza is Crosia’. Era Yaser, a quel primo contatto ne seguirono tanti altri. Nacque un legame profondo, culminato anche in diversi viaggi a Gaza”. Il gemellaggio Crosia-Gaza
Ma perché l’esecuzione che ha provocato sdegno in tutto il mondo – fino alla richiesta ufficiale di chiarimenti a Israele da parte di Reporter senza frontiere e dell’Onu – era una morte in qualche modo attesa, di cosa si occupava Yaser Murtaja per Ain Media?
“L’agenzia al nostro arrivo a Gaza c’era già, ma fino ad allora si occupava perlopiù di matrimoni. Fin dai primi viaggi, a volte falliti, con l’organizzazione Jasmine Revolution abbiamo cercato di portare in sostegno alla passione dei ragazzi palestinesi attrezzature e competenze. Poi durante i mesi di vita trascorsi fianco a fianco con tanti di noi, hanno potuto affinare le loro innate capacità prendendo a piene mani dall’esperienza di fotografi e comunicatori professionisti come Vincenzo Fullone e Sami Haven”.
Ain Media ha puntato sulla narrazione di una quotidianità sotto assedio, di un messaggio fatto di empatia per la gente comune, che tipo era il suo principale animatore?
“Un ragazzo coraggioso, un pacifista armato solo di macchine fotografiche, un professionista morto con addosso il giubbotto ‘Press’ per la missione di raccontare la verità e rompere il silenzio sulle vite che aveva intorno. A Gaza è stato per anni una guida e un fratello per tutti noi, non potremo mai dimenticarlo. L’entusiasmo di Yaser era davvero contagioso e in poco tempo soprattutto grazie a lui è nata una informazione nuova per la Striscia, fatta di volti, di persone vive e normali che fino allora nell’immaginario collettivo avevano assunto la forma di una moltitudine informe, violenta e terrorista. Tutto ciò grazie ai social ha preso sempre più piede, rendendo ben presto il nostro fratello un obiettivo”.
Nel settimo anniversario della morte a Gaza del mediattivista Vittorio Arrigoni, domenica sera sotto il murale di Crosia c’è stata una prima marcia pacifica organizzata da Jasmine Revolution per ricordare Yaser e chiedere l’inviolabilità della libertà di informazione sugli scenari del Medioriente.
Dalla Palestina Ain Media ha diffuso un messaggio letto dagli organizzatori: “Il suo era un grido di pace contro il silenzio criminale, da qui lanciamo un appello a tutte le organizzazioni per i diritti umani e alle istituzioni delle Nazioni Unite affinché condannino l’uccisione del giornalista Yaser Murtaja e si attivino per perseguirne i responsabili”.
Fonte: http://www.repubblica.it/cronaca/2018/04/17/news/crosia_e_gaza_dalla_calabria_a_gaza_nel_nome_di_un_reporter_ucciso-194080106/?refresh_ce#gallery-slider=194080862