Gerusalemme. Assegnata ieri all’olandese Dumoulin la prima maglia rosa del Giro d’Italia tra l’entusiasmo del premier e di migliaia di israeliani. Ma la protesta palestinese non si spegne ed è sostenuta da Amnesty che denuncia le uccisioni dei civili di Gaza compiute dai cecchini israeliani. Ieri nuovo venerdì di manifestazioni nella Striscia, oltre 400 i feriti
La musica e la voce del presentatore sparate a tutto volume. «Il primo a partire tra dieci secondi sarà l’italiano Fabio Sabatini. Forza Gerusalemme, contiamo insieme…dieci…nove…otto…Viaaaa». È cominciato così ieri pomeriggio il Giro d’Italia numero 101, tra gli applausi e le foto fatte nell stesso istante da migliaia di israeliani in festa, con i corridori pronti a lanciarsi nella ricerca del migliore tempo nei circa 10 km della cronometro individuale a Gerusalemme. I ciclisti, scattando sotto gli alti edifici del nuovo centro commerciale israeliano che ha preso il posto delle case che un tempo formavano la Mamilla palestinese, non hanno notato, ad appena 50 metri, all’angolo tra le vie Re David e Agron, il cimitero islamico che rischia di sparire a causa della costruzione del “Museo della tolleranza”. Non sorprende. Atleti e soprattutto gli organizzatori italiani del Giro 2018 hanno consapevolmente scelto di non sapere e vedere nulla. Come se Gerusalemme fosse una città uguale alle altre e non il motivo di uno scontro aspro tra israeliani e palestinesi. Chiudendo gli occhi hanno riconosciuto Gerusalemme come la capitale unita dello Stato ebraico dimenticando che il diritto internazionale non riconosce la sovranità israeliana sulla città.
Sorrideva ieri sera il campione olandese Tom Dumoulin che conquistando la cronometro si è ripreso la maglia rosa che aveva già indossato da vincitore un anno fa. Lo ha favorito anche la caduta in allenamento del superfavorito, il britannico Chris Froome apparso sofferente in corsa. Ma il più felice ieri era Netanyahu che assieme alla moglie Sarah ha assistito a una competizione internazionale che sta dando grande visibilità a Israele. È la vetrina (un miliardo di potenziali telespettatori) che voleva il primo ministro per celebrare i 70 anni dalla fondazione dello Stato ebraico e per la quale ha lavorato per mesi anche l’imprenditore Sylvian Adams, l’uomo che ha portato il Giro a Gerusalemme. Entrambi si attendono ora ricadute positive per il turismo e soprattutto per l’immagine di Israele. «Siamo molto emozionati per questa gara. E in particolare ci felicitiamo che siano venuti ciclisti da tutto il mondo, incluso quello arabo. Questo è un messaggio molto importante per Gerusalemme, la nostra città, città della pace», ha detto Netanyahu. Il primo ministro si è riferito alla presenza di atleti che indossano la maglia degli Emirati e del Bahrain, due Paesi arabi che non hanno relazioni ufficiali con Tel Aviv ma che, come l’Arabia saudita, guardano a Israele come a un prezioso alleato contro l’Iran.
La presenza dei team bahranita ed emiratino ha ulteriormente acceso la contestazione dei palestinesi e degli attivisti internazionali. Alcuni ciclisti di Ramallah ieri mattina hanno organizzato, sotto un murale con l’immagine dello scomparso presidente Yasser Arafat, una sorta di “controGiro” al posto di blocco militare di Qalandiya, a nord Gerusalemme, per rimancare che Israele non permette ai palestinesi della Cisgiordania di entrare nella Città Santa. Erano previste altre proteste, anche a Gerusalemme. Tuttavia, stando alla denuncia fatta dal Pacbi e altre associazioni palestinesi, le forze di sicurezza hanno ammonito gli attivisti, in particolare quelli residenti in Israele, dal contestare pubblicamente la decisione degli organizzatori italiani di far partire la prestigiosa corsa a tappe da Gerusalemme.
Mentre ieri Dumoulin e gli altri velocisti sprintavano alla conquista della prima maglia rosa, a Gaza si tingevano di sangue le maglie di 98 dei 431 feriti palestinesi, colpiti da proiettili sparati dai soldati israeliani. Il bilancio di questo venerdì di proteste per la “Grande Marcia del Ritorno” è stato solo in apparenza meno drammatico rispetto alle settimane passate in cui sono stati uccisi una cinquantina dei dimostranti che si spingono fino alle barriere di separazione tra Israele e la Striscia. Il tiro al bersaglio da parte dei cecchini israeliani prosegue e contro gli organizzatori del Giro e il governo Netanyahu si è scagliata due giorni fa Amnesty International che aveva già chiesto l’embargo sulla vendita di armi a Israele di fronte all’uccisione di tanti civili a Gaza. Israele, dice Kate Allen, direttrice del gruppo per i diritti umani, avrebbe torto se pensasse che ospitando la corsa a tappe italiana distoglierà l’attenzione dalle sue violazioni e dalle stragi di manifestanti disarmati. Il Giro, prosegue Allen, «parte accanto a Gerusalemme est, dove i palestinesi stanno affrontando demolizioni di case, costruzioni di insediamenti illegali e restrizioni ai loro movimenti».