Ecco un piccolo esperimento mentale con cui anche il direttore del Guardian, Kath Viner, dovrebbe riuscire a destreggiarsi.
Jonathan Cook, 8 giugno 2018
Chi aiuti quando censuri una vignetta che descrive i ben documentati crimini di guerra israeliani contro i palestinesi – e lo fai con la motivazione che le critiche a Israele sono antisemite?
La risposta è: aiuti gli antisemiti.
Ecco la vignetta che il Guardian non vuole che i suoi lettori vedano (Copertina). È stata disegnata da Steve Bell, probabilmente il più importante vignettista politico britannico. Mostra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu seduto accanto alla sua controparte britannica, Theresa May, a Downing Street.
La loro intima alleanza è offerta alle telecamere a un prezzo terribile per i palestinesi. La minuscola figura di Razan al-Najjar, una giovane infermiera palestinese assassinata la scorsa settimana a Gaza da un cecchino israeliano mentre soccorreva altri palestinesi uccisi e feriti da altri cecchini israeliani, funge da simbolo. Bruciata nel cuore di Downing Street tra Netanyahu e May, è la vittima sacrificale che alimenta la loro relazione di potere.
Quindi possiamo chiedere, che cosa potrebbe essere antisemita nella vignetta? Fa una generalizzazione sugli ebrei? No. Fa una generalizzazione sugli israeliani? No. Si occupa solo del falco leader di Israele. Ma in realtà, si potrebbe sostenere che non è nemmeno principalmente su Israele o Netanyahu. Probabilmente è meglio leggerla come un’accusa sul modo in cui i leader come May si accostano a Israele, come se le vite dei palestinesi fossero così irrilevanti da non dover essere prese in considerazione.
La vignetta accusa i calcoli immorali compiuti nel perseguimento del potere politico, il prezzo terribile pagato dalle vittime, e la nostra – collettività di spettatori – collusione in un sistema che privilegia i potenti e ignora i deboli. In altre parole, rappresenta tutto ciò che è il meglio delle vignette, o di quello che potrebbe essere definito giornalismo grafico. Lì dentro c’è il potere – e noi – che deve rendere conto.
Eppure il Guardian ha deciso che i suoi lettori devono essere protetti da questo messaggio. Ha preferito schierarsi con i potenti contro i deboli e dare la priorità alla sensibilità di uno stato con armi nucleari sulla sofferenza di un popolo senza stato tenuto prigioniero dal suo occupante.
Ma per quanto questo sia orribile, il Guardian ha fatto qualcosa di ancora peggiore. Ha giustificato questo terribile atto di censura accusando il vignettista di antisemitismo. Dalla corrispondenza che abbiamo visto da Bell, sembra che Viner e altri redattori abbiano ritenuto che presentare Razan al-Najjar come un pezzo di carbone umano che brucia possa suggerire parallelismi con i nazisti, i crematori e l’Olocausto.
Potremmo riflettere su quanto questo rivela sui limiti dell’arte dei vignettisti quando si tratta di rappresentare Israele, uno stato altamente militarizzato che celebra attualmente il 51° anno della sua belligerante occupazione dei territori palestinesi. Uno stato che sta tuttora commettendo regolari massacri di dimostranti palestinesi non armati che cercano di liberarsi dalla prigione di Gaza.
Mostrare i palestinesi come vittime sacrificali, secondo il Guardian, è antisemita.
E, come ha scoperto alcuni anni fa un altro grande vignettista britannico, Gerald Scarfe, presentare la realtà quotidiana dei palestinesi che sanguinano sotto l’occupazione è, secondo il Sunday Times, una calunnia a sangue.
Nel frattempo, il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung ha recentemente licenziato il suo vignettista per antisemitismo dopo che aveva disegnato Netanyahu con un missile in mano mentre festeggia la possibilità di sfruttare la vittoria di Israele al concorso Eurovision.
In un post del mese scorso, ho descritto questo processo come la mistificazione dell’antisemitismo. Ho spiegato perché è così pericoloso e di come se ne abusa per chiudere ogni sorta di conversazioni politiche di cui abbiamo disperatamente bisogno – e non solo riguardo a Israele.
Ma qui voglio fare un ulteriore punto. L’atto di censura di Viner aiuta in realtà a realizzare quello che lei e gli altri redattori sostengono di voler raggiungere? Contribuisce a ridurre la minaccia dell’antisemitismo? La risposta è che non è così. Anzi, è vero il contrario: può solo servire a alimentare l’antisemitismo.
Quando le dure critiche a Israele e ai suoi leader sono messe a tacere – e di aspre critiche a Israele è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno – Israele viene trattato come un caso speciale. Trae beneficio da una specie di antisemitismo all’inverso, o filosemitismo.
Quando una comune caricatura di Netanyahu – molto meno cruda delle caricature di leader britannici e americani come Blair e Trump – viene denunciata come antisemita, è facile dedurre che i leader israeliani si aspettano e ricevono un trattamento preferenziale. Quando si mostra Netanyahu immerso nel sangue – come molti altri leader mondiali sono stati – si è fatti a pezzi come per una calunnia a sangue, è probabile che si concluda che i crimini di guerra israeliani sono autorizzati in modo univoco. Quando Netanyahu non può essere mostrato con un missile in mano, possiamo supporre che Israele disponga di una dispensa speciale per bombardare Gaza, indipendentemente dal costo in perdite di civili.
E quando vediamo la furia creata da una vignetta come quella di Bell, possiamo solo supporre che altri vignettisti meno affermati ne trarranno la giusta conclusione: stai lontano dal criticare Israele perché danneggerà la tua reputazione personale e professionale.
In tali circostanze, la logica del vero antisemita inizia a suonare più plausibile. Dice che “gli ebrei” controllano segretamente il mondo, i loro tentacoli sono dappertutto. Nessuno, nemmeno i paesi più potenti della terra, può resistere loro. È per questo che “gli ebrei” possono ottenere che una vignetta di Netanyahu sia censurata, perché “gli ebrei” possono intimidire i più grandi giornali e emittenti televisive, perché “gli ebrei” hanno i nostri politici in pugno.
Quando non riusciamo a far rendere conto a Israele; quando concediamo a Israele, uno stato presidio con armi nucleari, la sensibilità di una vittima dell’Olocausto; quando confondiamo le priorità morali in modo tale da innalzare i diritti di uno stato sui diritti dei palestinesi sue vittime, non solo alimentiamo i pregiudizi dell’antisemita, ma rendiamo i suoi argomenti seducenti per altri. Non aiutiamo a eliminare l’antisemitismo, incoraggiamo a diffonderlo.
Ecco perché Viner e il Guardian hanno peccato non solo contro Bell, e contro l’arte delle vignette politiche, e contro la giustizia per i palestinesi, ma anche contro gli ebrei e la loro sicurezza a lungo termine.
Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org
Fonte:https://www.jonathan-cook.net/blog/2018-06-08/guardian-anti-semites/