A giudicare dalle loro azioni fino ad ora, i miei amici protesteranno ad alta voce ma andranno avanti e divoreranno i frutti più grandi e più maturi…
Hatim Kanaaneh, 25 luglio 2018
Questa mattina, mentre raccoglievo i fichi, ascoltavo la radio araba locale di Nazareth. Un’importante notizia riportava dal campo le reazioni per la demolizione di una casa plurifamiliare di nuova costruzione di un padre e dei suoi due figli sposati nella vicina Sakhnin. Una forza di polizia speciale molto consistente ha accompagnato i bulldozer che nel tardo pomeriggio sgusciavano dentro e fuori dalla zona attraverso una strada secondaria. È un segnale delle nuove tattiche delle autorità statali in seguito alla recente approvazione della legge dello stato nazione, ha pensato il commentatore.
Poi il giornalista ha intervistato Muhammad Barakeh, importante politico arabo e leader comunista in Israele, che si è detto d’accordo con la sua analisi ma ha sottolineato che la demolizione di case palestinesi in Israele è in aumento da un po’ di tempo. Nel solo Negev ha raggiunto ora una media di una casa ogni quattro ore. Hanno quindi trattato di due attività che l’Alto Comitato Arabo, il forum pubblico che Barakeh dirige, ha deciso di adottare in risposta alla nuova legge: una dimostrazione a Rabin Square a Tel Aviv la settimana prossima e l’invio di una delegazione per sollevare la questione al Consiglio dei diritti umani dell’ONU a Ginevra. Dopotutto, ha spiegato Barakeh, la legge tocca tutti i palestinesi. Ha aggiunto di aver contattato un rappresentante palestinese a Ginevra che ha espresso la sua disponibilità a prendere tutti gli accordi necessari per la delegazione.
Volendo adottare una strategia, mi chiedo cosa sia più saggio: tacere del tutto o richiamare l’attenzione del mondo su ciò che mi sta accadendo contattando un rappresentante dell’Autorità Nazionale Palestinese?
Mentre continuavo a raccogliere i fichi, in onda è stato sollevato un altro dilemma altrettanto frustrante: è più saggio per i nostri 13 membri del parlamento continuare la partita e mobilitarsi per la parità di diritti per la nostra minoranza palestinese mentre i nostri colleghi di maggioranza continuano a approvare le leggi dell’apartheid? O dovrebbero presentare tutti le loro dimissioni collettive per protestare e svelare al mondo il razzismo di Israele? Il problema è che il mondo, alla cui coscienza morale sarebbero destinate tali dimissioni, non è interessato, a meno che non si tratti di un eroe israeliano contro i cattivi palestinesi.
In un primo momento avevo deciso di partecipare alla dimostrazione programmata a Tel Aviv. Poi ho iniziato a riconsiderare la mia decisione presa così di getto. Nell’ultima grande pacifica manifestazione araba in Israele, la polizia ha gambizzato un mio amico, Ja’afar Farah, mentre era sotto la sua custodia. Cerchiamo di non comportarci troppo coraggiosamente! Non mi fido dei servizi di sicurezza israeliani. Soprattutto non in questa occasione. Le stesse fazioni religiose nazionaliste estreme, il cui affiliato ha ucciso Rabin, per anni hanno spinto per la nuova legge. Sono certi di mandare i loro teppisti armati in piazza Rabin. Hanno acquisito maggiore seguito e influenza. Ora controllano le forze di sicurezza di Israele. Chi li fermerà, sia i teppisti armati che gli agenti di sicurezza, dall’attaccarmi? Ho alcuni amici ebrei liberali che possono partecipare alle manifestazioni. Dovrei incoraggiarli a portare i loro fucili per ogni evenienza? Ma cosa succederebbe se fossero arrabbiati con me per qualcosa che ho detto?
Forse dovrei portare con me dei buoni fichi. Sarebbe simbolico, condivisione fraterna del frutto della terra. Ma secondo l’interpretazione accettata della nuova legge loro si faranno il frutto più grande e più maturo. A giudicare dalle loro azioni fino ad ora, i miei amici protesteranno ad alta voce ma andranno avanti e divoreranno i frutti più grandi e più maturi. Non prenderanno in considerazione dimissioni qualunque sia la posizione che occupano e non lasceranno lo stato, ora costituzionalmente di apartheid, che sostengono con le loro tasse.
Hatim Kanaaneh– Il Dr. Hatim Kanaaneh è un medico palestinese che ha lavorato per oltre 35 anni per portare assistenza medica ai palestinesi in Galilea, contro una cultura di discriminazione anti-araba. È autore del libro Un dottore in Galilea: La vita e la lotta di un palestinese in Israele. La sua raccolta di racconti intitolata Chief Complaint è stata pubblicata da Just World Books nella primavera del 2015.
Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org
Fonte: https://mondoweiss.net/2018/07/picking-place-nation/