Profiling è il nome del gioco, ideato per rendere le cose facili a noi, gli ebrei israeliani privilegiati, e umiliare e degradare tutti gli altri.
Foto Passeggeri in partenza dall’aeroporto Ben Gurion – Credit: Ofer Vaknin
Gideon Levy – 16 agosto 2018
Guardate l’aeroporto Ben Gurion, e vedrete noi. Niente riflette l’Israele del 2018 meglio di quella porta d’ingresso, il luogo più sacro per gli Israeliani.
Progettato in modo elaborato, efficiente, moderno, apparente simbolo di libertà – qui il limite è il “cielo aperto” – mentre sotto le magnifiche colonne e le passerelle mobili suppurano le ingiustizie, ben nascoste, come al solito, dietro gli schermi. Il Ben-Gurion che amiamo così tanto è un aeroporto di segregazione, un aerodromo parzialmente sotto il controllo dello Shin Bet, con inclusa una stazione di polizia del pensiero. Un benvenuto in arrivo e in partenza: Peter Beinart non è il solo.
Inizia molto prima dell’ingresso. Circa due milioni di residenti, alcuni dei quali vivono nella periferia dell’aeroporto, lo vedono dalle loro finestre ma non possono avvicinarcisi, né tanto meno usufruire dei suoi servizi. I loro vicini ebrei vi sono ammessi, ma a loro è interdetto. Sono Palestinesi. Hai mai sentito parlare di un altro aeroporto internazionale chiuso ad alcuni residenti del suo stesso stato solo a causa della loro origine? Se questo non è il porto dell’apartheid, allora cos’è?
Quando le persone autorizzate guidano fino al checkpoint dell’ingresso, ha luogo la procedura più razzista che ci sia: la cerimonia di apertura del finestrino e del saluto alla guardia di sicurezza, armata di mitragliatrice. Tutti collaborano con questo atto disgustoso, inteso a sentire l’accento dei passeggeri e ad accertare se siano Ebrei o Arabi.
Le guardie di sicurezza sanno cosa stanno facendo. Sanno anche cosa stanno facendo durante le procedure di sicurezza in aeroporto. Domande invasive e intrusive che non trovano spazio in un paese libero, che non hanno nulla a che fare con la sicurezza del volo. Non tutti sono soggetti a questo, ovviamente. Profiling è il nome del gioco, inteso a rendere le cose più facili per noi, gli ebrei israeliani privilegiati, e a umiliare e degradare tutti gli altri. Sicurezza, top secret, non fate domande.
E poi i numeri con le diverse terminazioni sull’adesivo attaccato al passaporto, numeri che separano un viaggiatore da un altro in base alla sua origine o all’entità del sospetto che suscita. Ci sono numeri le cui terminazioni digitali indicano la nudità completa di fronte all’esaminatore maschio o femmina. Questo non è previsto per gli ebrei israeliani.
All’aeroporto Ben Gurion la maggior parte dei sospetti sono causati dall’origine o dall’affiliazione ideologica. Un americano di origine palestinese: sospetto. Un ebreo non lo è, naturalmente, a meno che non sia di sinistra. Non ci sono sospetti di destra. Non c’è possibilità che un evangelista razzista proveniente dall’Alabama, un “amante d’Israele” che crede nell’Armageddon, possa mettere in pericolo qualcosa. Solo la turista norvegese che ha partecipato, cattiva ragazza, a un tour di Breaking the Silence, sta mettendo a repentaglio la sicurezza del volo o la sicurezza dei viaggiatori. Solo l’attivista del “Programma di Accompagnamento Ecumenico in Palestina e Israele” è un potenziale dirottatore aereo o un possibile terrorista.
Nessun sostenitore di destra dei coloni, ebrei o cristiani, è mai stato arrestato all’aeroporto Ben-Gurion e interrogato sulla sua attività a favore degli insediamenti, che sono molto più criminali di qualsiasi manifestazione, protesta o atto di solidarietà con i Palestinesi. Una persona simile, a quanto pare, deve ancora nascere. In Israele, il diritto fascista, anche antisemita, è patriottico, e lo è anche all’aeroporto Ben Gurion, lo specchio dello scenario della nostra patria.
Finirà solo il giorno in cui gli israeliani saranno umiliati in uguale modo agli ingressi degli altri Paesi. Fino ad allora la scusa della sicurezza sarà sostenuta e utilizzata per tutto. E non abbiamo ancora detto una parola sui cittadini palestinesi di Israele. Provate per una volta a pensare a chi sta in fila davanti o dietro di voi, un arabo israeliano, direttore di un reparto ospedaliero o operaio edile. Ha lo stesso passaporto, la stessa cittadinanza del vostro, nello Stato Nazione di pari diritti per tutti. Provate a immaginare la sensazione di esclusione, l’affronto dell’umiliazione. Che cosa dice al bambino che chiede perché noi siamo qui e loro sono lì, come riesce a superare gli sguardi sospettosi.
Oltre a tutto ciò, è arrivata la ridicola e oltraggiosa guerra al BDS, che ha trasformato i funzionari di confine del Ben Gurion in ufficiali di servizio della polizia del pensiero. Beinart ne è stato vittima, ma è ebreo e piuttosto famoso, quindi il suo interrogatorio è stato dichiarato “errore amministrativo”. Ma questo non è un errore: questo è l’aeroporto Ben Gurion. Questo è Israele.
E ora via, verso i negozi del duty-free.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” Invictapalestina.org
Fonte: https://archive.is/7D272