Vita palestinese: scoprire le storie delle donne dietro il muro

Un podcast che mette in evidenza storie di donne cristiane palestinesi con l’obiettivo d’informare gli ascoltatori su come l’occupazione influenzi le loro vite personali.

Copertina: Shadia Qubti, fondatrice e co-produttrice di Women Behind the Wall, un podcast che esplora l’intersezione di genere, religione e conflitto tra le donne palestinesi. (Per gentile concessione di Shadia Qubti)

Henriette Chacar – 29 agosto 2018

FOTO Women Behind the Wall (Donne dietro il muro) è un podcast che esplora com’è la vita delle donne cristiane palestinesi che vivono sotto occupazione.

Una madre in Cisgiordania che si sforza di spiegare a suo figlio, nel raggiungere un checkpoint, che no, non sono ancora arrivati ​​allo zoo. Una nonna di Beit Sahour che desidererebbe unirsi alla sua famiglia nella diaspora, ma vive da sola in Palestina per assistere l’anziano padre. Una giovane donna di Betlemme che sogna di diventare regista in Egitto, ma è trattenuta dalle aspettative della società e dalle norme patriarcali.

Queste sono alcune storie di donne delle molte presenti in “Women Behind the Wall”, un nuovo podcast che secondo la fondatrice del progetto, Shadia Qubti, mira ad “amplificare le prospettive delle minoranze nel conflitto israelo-palestinese”. La trasmissione ruota attorno alle storie di donne cristiane palestinesi – una doppia minoranza in termini di genere e religione – nel tentativo di raccontare in che modo l’occupazione influisce sulle loro vite.

Secondo Qubti, la società palestinese è molto varia e ricca, ma “nei media non compaiono le storie delle persone normali”. Crede che nella narrazione esista un potere umanizzante e “questi momenti, si spera, renderanno l’ascoltatore/trice curios* di saperne di più. ”

Unica palestinese in una squadra di tre produttori, Qubti, che è anche cristiana, ha fatto da ponte tra le relatrici e gli/le ascoltatori/trici. “Ho fatto da filtro”, ha detto, guadagnando la fiducia delle donne, proteggendole e prestando attenzione alle loro esitazioni. Come ogni altro gruppo minoritario, i/le Palestinesi cristian* lottano con “l’equilibrio tra l’essere quell* che sei, e il rispetto dell’ambiente attorno”, senza perpetuare gli stereotipi, ha aggiunto Qubti.

Qubti e il team hanno capito che mettere sotto i riflettori i/le cristian* palestinesi potrebbe attrarre un’audience di cristian* occidentali. Lei lo definisce un “punto di accesso alternativo” all’occupazione; un modo “meno intimidatorio” per le persone di rendersi conto di ciò che sta accadendo qui, e il prezzo che tutt* noi dobbiamo pagare”. “Specialmente da quando negli ultimi dieci anni”, ha aggiunto, “la religione è diventata un elemento che inasprisce il conflitto”.

Negli Stati Uniti i Cristiani Evangelici sono il più grande gruppo demografico pro – Israele. Secondo un sondaggio condotto nel 2013 dal Pew Research Center, l’82% degli Evangelici bianchi, il doppio rispetto agli Ebrei con il loro 40%, crede che Dio abbia dato Israele al popolo ebraico. Un sondaggio più recente pubblicato dalla Brookings Institution ha rilevato che il 53% degli Evangelici americani appoggia la dichiarazione di Trump di Gerusalemme come capitale di Israele e la decisione di trasferirvi l’ambasciata degli Stati Uniti.

“Negare i miei diritti, ok, va bene. Ma non usare la mia Bibbia per questo. Non usare il mio Dio, non usare il mio Signore, non usare l’uomo più pacifico e sorprendente che sia mai venuto sulla Terra per negare la mia esistenza, per negare i miei diritti, per negare chi sono ” dice Amira, la protagonista del terzo episodio che lavora presso un’organizzazione cristiana evangelica a Betlemme.

I sentimenti di Amira sono in sintonia con Qubti: “Penso che, specialmente considerando il recente razzismo nell’amministrazione Trump, i Cristiani evangelici abbiano avuto molto spazio nei media, e che continuino a ricevere sempre più attenzione, dimenticando che questa è solo una voce dei Cristiani evangelici. Che ci siano Cristiani evangelici palestinesi che parlano e spiegano qual è la loro prospettiva, credo che susciti sentimenti molto forti. ”

Il concentrare l’attenzione sulla comunità cristiana palestinese ha permesso alla squadra di approfondire “il tipo di prospettive che, anche noi, come Cristian*, conoscevamo poco”, ha detto Qubti. La serie di dieci episodi presenta un’ampia gamma di voci cristiane tra cui la greco ortodossa, la cattolica, l’armena, l’evangelica e persino la musulmana convertita al Cristianesimo.

Anche focalizzarsi su donne cristiane palestinesi è stata una decisione basata sulla convenienza, secondo Qubti. Il team di produzione, con sede a Gerusalemme, aveva lavorato con comunità prevalentemente cristiane e, dato il livello di intimità richiesto dal podcast, è sembrato naturale rivolgersi a un gruppo con cui avevano già familiarità. Alcune donne erano amiche, o amiche di amiche, disposte a parlare apertamente di se stesse e a loro agio nel comunicare le loro esperienze in inglese.

Lavorando a tempo pieno, le donne si sono dedicate al podcast come progetto parallelo, dividendo le incombenze tra di loro in modo equo. “Siamo state molto determinate. Riconoscendone la potenzialità e il fatto che poteva essere una grande risorsa, ci siamo impegnate davvero molto per realizzarlo”.

Il team ha dato il via al progetto senza alcuna esperienza nello sviluppo di podcast. “Non sapevamo in cosa ci stavamo imbarcando”, ha detto Qubti, con quel tono che si assume una volta completato uno sforzo e che contiene una parte di orgoglio e una parte di sollievo.  Hanno fatto qualche ricerca, ma “non avevamo un budget per comprare attrezzature specifiche e la registrazione è stata solitamente effettuata a casa delle intervistate”, ha spiegato.

Il podcast è stato lanciato ufficialmente all’inizio di giugno. Da allora, il team ha ricevuto riscontri principalmente da ascoltatori/trici occidentali. Qubti ritiene che ciò avvenga perché i podcast sono in forte crescita in Europa e negli Stati Uniti, ma non sono ancora popolari in Israele-Palestina. Ogni episodio è accoppiato alla causa che la relatrice vuole promuovere e che gli/le ascoltatori/trici possono poi trovare sul sito del podcast, che offre anche un glossario dei termini chiave, le risorse e consigli vari.

“Le donne che abbiamo intervistato sono coinvolte in organizzazioni che forniscono un sostegno fondamentale a particolari settori della società palestinese”, ha detto Qubti, “e avere un seguito che sostiene le cause per cui s’impegnano, è molto incoraggiante. Ci auguriamo che i problemi che evidenziano, e di cui solitamente si occupano organizzazioni poco conosciute, possano beneficiarne di conseguenza “.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” Invictapalestina.org

Fonte:https://972mag.com/this-palestinian-life-uncovering-what-life-is-like-for-women-behind-the-wall/137531/

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