Un filmato esclusivo del documentario censurato di Al Jazeera, “The Lobby – USA”, mostra funzionari del governo israeliano che rivendicano gli attacchi a Black Lives Matter e mostra un lobbista israeliano che spiega come la sua organizzazione abbia impedito una raccolta fondi di BLM
di Max Blumenthal, 5 settembre 2018
Quando il Movement for Black Lives nell’agosto 2016 pubblicò una piattaforma che sosteneva il movimento BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) e identificò Israele come uno stato di apartheid impegnato in un progetto di genocidio contro i palestinesi, il governo israeliano entrò in azione.
I filmati inediti del documentario investigativo censurato di Al Jazeera, “The Lobby – USA”, mostrano diplomatici israeliani che si lamentano del “problema” Black Lives Matter e vantano di promuovere affermati attivisti per i diritti civili dei neri come rappresentanti pro-Israele.
Il filmato (sottotitolato) rivela anche come la lobby israeliana abbia orchestrato l’improvvisa cancellazione di una raccolta fondi di Black Lives Matter in una discoteca di New York.
Reclutamento dirigenti di comunità nere nella guerra di Israele contro Black Lives Matter
Pochi giorni dopo che il Movement for Black Lives aveva pubblicato la sua piattaforma pro-BDS, il giornalista sotto copertura di Al Jazeera, James Kleinfeld (che appare come “Tony” nel documentario), partecipò alla conferenza 2016 dell’Israel American Council, o IAC.
Organizzato come coalizione dei gruppi di lobby israeliani più intransigenti negli Stati Uniti, dai Christians United For Israel alla Israel on Campus Coalition, l’IAC funziona come rinforzo a destra e pro-Likud dell’AIPAC. Con una massiccia iniezione di denaro da parte di oligarchi filo-israeliani come Sheldon Adelson e Adam Milstein, l’IAC spicca come una delle armi più potenti di Israele nell’ esercitare pressioni in America.
Kleinfeld ha partecipato a una sessione collaterale alla conferenza IAC gremita di diplomatici israeliani che prestavano servizio presso consolati negli Stati Uniti. La loro ansia riguardo alla dichiarazione della piattaforma del Movement for Black Lives era palpabile.
“Il problema principale con Israele è con la giovane generazione della comunità nera, Black Lives Matter inizia da lì”, ha dichiarato Judith Varnai Shorer, il console generale israeliano ad Atlanta, in Georgia.
Shorer si vanta del fatto che lei e altri funzionari del governo stanno prendendo misure decisive per provocare una spaccatura tra la leadership della comunità nera e la nuova generazione che gravita attorno a Black Lives Matter.
“La scorsa settimana ho organizzato una cena a casa mia con 40 ospiti che considero la leadership della comunità nera,” ha ricordato la diplomatica israeliana. “C’erano molte persone molto importanti. Possono far parte del nostro lavoro e delle nostre attività”.
Andy David, il console generale israeliano a San Francisco, in California, ha raccontato come ha reclutato personalmente Clarence B. Jones – ex avvocato di Martin Luther King Jr. – come sostenitore di Israele.
“È uno di coloro che ho contattato”, ha detto David di Jones. “È diventato un caro amico personale. Grazie a questa relazione, ha pubblicato tre articoli sull’Huffington Post in cui spiega perché il loro programma è stato distorto”.
Gli articoli a cui David fa riferimento erano una serie di editoriali di Jones pubblicati sull’Huffington Post nell’agosto 2017. Jones scriveva da anziano dei diritti civili preoccupato dal fatto che il voler collegare gli sforzi contro la violenza della polizia alla lotta palestinese potesse interrompere le relazioni della comunità con gli ebrei. Non riconosceva la sua apparente relazione con il governo israeliano o alcun contributo da parte di funzionari israeliani.
“Anche se il movimento Black Lives Matter può voler incoraggiare la fine dell’occupazione israeliana delle terre palestinesi, rispettosamente suggeriamo che non dovrebbero rendere questo un problema centrale o importante nella loro attuale lotta per la responsabilità della polizia per le ripetute e varie sparatorie contro i neri in tutta l’America”, sosteneva Jones.
Mentre gli editoriali di Jones hanno avuto un impatto trascurabile all’interno dei circoli Black Lives Matter, ha rappresentato una risorsa importante per una lobby israeliana che temeva di perdere il sostegno della leadership della comunità nera. Nel 2014, quando Jones è stato premiato al consolato israeliano a New York City, ha affermato che “oggi Martin Luther King Jr. avrebbe sostenuto Israele”.
Nei suoi commenti alla conferenza IAC, David, il console generale israeliano, ha affermato che l’ex avvocato per i diritti civili “ha scritto la bozza del discorso ‘I Have a Dream’” per Martin Luther King. Eppure gli scritti di Taylor Branch, l’importante studioso dei diritti civili e biografo di King, suggeriscono che questa, nel migliore dei casi, è un’esagerazione.
Nelle pagine della voluminosa storia di King del periodo 1954-63, “Parting The Waters”, di Branch Jones è menzionato solo una volta in relazione con il discorso “I Have A Dream” – per la sua causa contro le case discografiche che tentavano di vendere copie contraffatte del discorso.
Gli scritti di Branch confermano Jones in qualità di confidente di King, ma sembra che abbia funzionato più come stratega e come consulente legale stipendiato che come una influenza ideologica. Lo storico descrive Jones come “un avvocato dei divi della California” noto per la sua “bella faccia d’ebano, auto sportiva, abiti sartoriali, colonie, accessori europei e vivace executive style…”
Spendendo la sua presunta amicizia con Jones, il console generale israeliano David, ha proclamato: “Martin Luther Kind si rivolterebbe nella tomba se vedesse le tendenze o le politiche anti-israeliane che iniziano ad emergere all’interno di Black Lives Matter”.
Una e-mail di Grayzone all’account di Jones alla San Francisco State University, dove lavora come professore a contratto, e una chiamata al Dr. Clarence B. Jones Institute non hanno avuto risposta.
Annullamento di una raccolta fondi del Movement for Black Lives
Il documentario censurato di Al Jazeera rivela anche come The Israel Project, un’importante organizzazione di lobbying israeliana a Washington, ha combinato la cancellazione di una raccolta fondi del Movement for Black Lives in un locale notturno di New York.
La raccolta fondi doveva consistere in un concerto diretto dall’attrice Tonya Pinkins, vincitrice del premio Tony, nel piccolo club di Broadway Feinstein’s/54 Below. Ma pochi giorni prima dello spettacolo, i proprietari del 54 Below hanno annunciato che avrebbero cancellato l’evento per l’opposizione a Israele espressa nella piattaforma del Movement for Black Lives.
Poiché “non possiamo appoggiare queste posizioni, abbiamo deciso di annullare il concerto”, hanno dichiarato i proprietari del club.
Eric Gallagher, il direttore dello sviluppo di The Israel Project, si è vantato di aver cancellato l’evento. “Non so se hai visto che questo club ha disdetto un evento di Black Lives Matter”, ha detto Gallagher a Kleinfeld, il giornalista sotto copertura. “Uno dei nostri donatori, lo abbiamo chiamato e ha fatto una chiamata al locale.”
Al Jazeera cancella “The Lobby – USA”, filmato trapelato
Nella speranza di impedire al pubblico di vedere l’intera gamma dei suoi sotterfugi politici, tra cui spiare cittadini americani in coordinamento con il Ministero degli Affari strategici di Israele, la lobby israeliana ha avviato una campagna di pressione per impedire l’uscita di “The Lobby – Stati Uniti”di Al Jazeera.
La campagna è consistita in visite dei lobbisti israeliani di alto profilo Alan Dershowitz e Morton Klein a Doha, e minacce del Congresso che avrebbe costretto Al Jazeera a registrarsi ai sensi del Foreign Agents Registration Act se avesse mandato in onda il documentario. Da allora il Qatar ha donato $ 250.000 alla Zionist Organization of America di Klein e ad altre intransigenti lobby israeliane.
Un articolo del 29 agosto del Wall Street Journal riporta che Dershowitz e Klein erano tra 250 influenti personaggi pro-Trump presi di mira da un blitz di lobbying del Qatar dopo che il ricco regno era caduto sotto embargo da parte dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti. L’obiettivo della famiglia reale del Qatar era quello di mantenere le sue relazioni con Washington coltivando il sostegno all’interno della cerchia ristretta di Trump, specialmente tra i suoi più stretti sostenitori politici filoisraeliani.
Electronic Intifada ha riferito a giugno che il Qatar aveva deciso di bloccare “The Lobby” per “preoccupazioni per la sicurezza nazionale”. Secondo i giornalisti Asa Winstanley e Ali Abunimah, i reali del Qatar temevano che la messa in onda del documentario potesse essere un fattore per provocare gli Stati Uniti a togliere la loro base aerea di Al Udeid dal paese del Golfo in un momento in cui era sotto attacco diplomatico da parte dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, entrambi stretti alleati di Israele e Stati Uniti.
Nonostante il divieto, alcuni spezzoni del documentario hanno iniziato a diffondersi. Questo 27 agosto Electronic Intifada ha pubblicato il filmato che identifica Adam Milstein come una forzamotrice dietro l’operazione dolosa di una lista nera anti-palestinese nota come Canary Mission. Il report è arrivato sulla scia di un’esclusiva di Grayzone che indica l’avvocato pro-Israele Howard David Sterling come proprietario del dominio web di Canary Mission.
Più recentemente, Grayzone ha pubblicato un filmato tratto da “The Lobby – USA” che mostra il direttore esecutivo dell’Emergency Committee for Israel, Noak Pollak, collaborare con l’Istituzione Hoover di destra per pagare manifestanti perché creino disturbo durante una conferenza del 2016 di Students for Justice in Palestine.
Il reporter Alain Gresh ha pubblicato su Le Monde Diplomatique un report di marzo di Electronic Intifada sul fatto che il film mostra il direttore generale del Ministero degli Affari Strategici israeliano Sima Vaknin-Gil descrivere la neoconservatrice Fondazione per la difesa delle democrazie (FDD) come un agente non registrato dell’intelligence israeliana nella sua guerra contro il movimento BDS.
“Raccolta dati, analisi delle informazioni, lavoro su organizzazioni di attivisti, pista del denaro. Questo è qualcosa che solo un paese con le sue risorse è in grado di fare al meglio. Abbiamo FDD. Ne abbiamo altri che ci lavorano su”, ha dichiarato Vaknin-Gil nel filmato contenuto nel documentario.
Anche l’editore di Haaretz Amir Tibon ha coperto i report esclusivi di Grayzone e Electronic Intifada sul documentario soppresso.
In una recente intervista su The Real News e su Electronic Intifada, il giornalista Asa Winstanley ha chiesto al Qatar di porre fine alla censura di Al Jazeera e di mandare in onda l’intero contenuto del documentario investigativo del network sulla lobby israeliana.
Max Blumenthal – è un giornalista pluripremiato e autore di libri tra cui il bestseller Republican Gomorrah: Inside the Movement That Shattered the Party, Goliath: Life and Loathing in Greater Israel, The Fifty One Day War: Ruin and Resistance in Gaza, e The Management of Savagery, che sarà pubblicato entro la fine dell’anno da Verso. Ha anche prodotto numerosi articoli di stampa per una serie di pubblicazioni, molti video report e diversi documentari tra cui Je Ne Suis Pas Charlie e l’imminente Killing Gaza. Blumenthal ha fondato Grayzone Project nel 2015 per accendere una luce giornalistica sullo stato di guerra perpetua dell’America e le sue pericolose ripercussioni domestiche.
Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org