Quando il razzismo diventa non solo accettabile nella sfera pubblica, ma è anche percepito come un mezzo efficace per vincere voti e appropriato per una campagna elettorale ufficiale, si arriva ad un punto molto pericoloso.
Meron Rapoport, 28 ottobre 2018
Copertina – Segno delle ore buie che stiamo attraversando, i candidati alle elezioni locali israeliane, come Netanyahu, lanciano campagne ostili agli arabi per guadagnare voti
Una settimana fa la partita Israele-Albania era al suo ottantreesimo minuto. Una vittoria avrebbe più che mai avvicinato Israele al campionato europeo di calcio nel 2020.
Israele conduceva per 1-0 mentre gli albanesi erano sotto pressione. Ma poi Israele è andato all’attacco: il pallone è stato recuperato da Dia Saba, originario di Majd al-Krum, un villaggio palestinese nel nord di Israele. Saba ha preso un tiro dal limite dell’area e ha portato la sua squadra sul 2-0. Israele stava per realizzare un’impresa storica.
Saba non era solo. Cinque degli undici israeliani in campo erano di origine palestinese, la maggiore rappresentanza di tutti i tempi. I giocatori forti della partita erano loro. La loro origine non ha impedito agli appassionati di sport in Israele di essere entusiasti della squadra.
Il pubblico ebraico di Israele si starebbe muovendo verso l’accettazione della minoranza palestinese? Tutti i segni indicano il contrario.
Campagna di incitamento all’odio
Il 30 ottobre si terranno le elezioni comunali per tutte le amministrazioni locali in Israele – e le campagne stanno mostrando segni di incitamento all’odio senza precedenti contro la minoranza araba palestinese.
Nella città di Ramla, in cui la maggior parte degli abitanti palestinesi fu espulsa nel 1948, Naftali Bennett, del partito Casa ebraica, ministro della Pubblica istruzione, e la ministra della giustizia Ayelet Shaked hanno diffuso pubblicità che mettono in vista una giovane donna di aspetto occidentale vestita con un hijab.
Dietro di lei si trovano candele accese e una coppa di vino, un’abitudine dello Shabbat. La didascalia recita: “Centinaia di casi di assimilazione [che lasciano il giudaismo per un’altra religione] e a nessuno importa. Domani potrebbe essere tua figlia. Solo il partito della Casa ebraica preserverà l’ebraicità di Ramla.
A Tel Aviv, il partito del primo ministro Benyamin Netanyahu, il Likud, che ha vinto solo due dei 31 seggi nel consiglio comunale nelle ultime elezioni, sta conducendo una campagna simile di allarmismo e incitamento all’odio. Centinaia di fermate degli autobus sono tappezzate di manifesti con una bandiera israeliana da un lato e una bandiera palestinese dall’altro. Le didascalie sono inequivocabili: “Noi, la città ebraica, o loro, l’OLP”, “Noi, la città ebraica, o loro, il movimento islamico di Jaffa”.
Il razzismo contro gli arabi fa parte della storia di Israele fin dal primo giorno. Una serie di leggi – dalla Legge del Ritorno (per gli ebrei), alla Legge sulla proprietà degli assenti (rivolta agli arabi) – e al potere accordato al Fondo nazionale ebraico di non vendere terra a non ebrei, hanno fortemente istituzionalizzato una discriminazione. Le dichiarazioni razziste contro gli arabi non sono più un fenomeno nuovo. La novità è che il razzismo è diventato una strategia di marketing ufficiale e istituzionalizzato in politica.
“Gli arabi affluiscono in massa alle urne”
Per identificare cronologicamente la nascita di questa nuova tendenza, è necessario tornare alle ultime elezioni nazionali, nel marzo 2015. Alle 11 del giorno della votazione, Netanyahu pubblicò un breve video in cui guardava la telecamera e dichiarava con tono ansioso, come se fosse scoppiata una guerra: “Gli arabi affluiscono in massa nelle urne. Le ONG di sinistra li portano lì con bus al completo.”
Funzionò. Secondo molti commentatori, questo video salvò Netanyahu dalla sconfitta perché fino a quella mattina era indietro rispetto al Partito Laburista.
La campagna di incitamento all’odio di Netanyahu è continuata per tutta la durata del mandato dell’attuale amministrazione. All’inizio di quest’anno, la sua pagina di Facebook aveva pubblicato un articolo che suggeriva che i fan del BneiSakhnin, il più grande club di calcio arabo israeliano, durante il minuto ufficiale di silenzio, avevano fischiato dieci giovani escursionisti israeliani annegati in un’improvvisa inondazione nel sud di Israele. In seguito fu stabilito che questa storia era falsa, ma rimase per un giorno sull’account ufficiale di Facebook del Primo Ministro. Sarebbe stato così senza il cinico “successo” del suo video del giorno delle elezioni?
FOTO – “La Casa Ebraica a Ramla, una città dove ebrei e musulmani convivono, ha lanciato una campagna per il suo candidato sindaco:” Potrebbe essere tua figlia [se sposa un musulmano] “. Naftali Bennet, il leader del partito, è il Ministro dell’Istruzione (di Israele) ”
L’influenza di questo video potrebbe anche essere planata sul recente disegno di legge dello Stato-nazione che Netanyahu ha fatto frettolosamente adottare, rifiutando ogni richiesta di una pausa per procedere a una rivalutazione. E’ difficile vedere come questa legge – che dichiara che solo gli ebrei hanno il diritto all’autodeterminazione in Israele, annulla lo status ufficiale della lingua araba e costringe lo Stato a incoraggiare la “colonizzazione ebraica” – avrebbe potuto essere adottata senza la grande legittimità pubblica conferita da questo video al discorso sulla discriminazione e l’incitamento all’odio contro la minoranza araba palestinese.
L’efficacia di questo video dimostra che l’incitamento all’odio è uno strumento promozionale vincente in politica oggi. Il primo ad avere adottato questo messaggio durante la campagna elettorale municipale fu AviElkabetz, ex sindaco di Afula, nel nord di Israele, che desidera tornare al suo incarico. “Forte spinta del 33% per i rappresentanti delle minoranze durante il mandato di Meron”, ha criticato Elkabetz sulla sua pagina Facebook, riferendosi all’attuale sindaco Yitzhak Meron.
Strategia di giudaizzazione
L’aumento è in realtà da 300 a 400 cittadini arabi, una cifra trascurabile in una città di 50.000 abitanti, ma secondo Elkabetz, Meron porta Afula a “diventare una città mista”.
Dopo Afula sono seguite le campagne di propaganda di odio a Tel Aviv e Ramla, dove i responsabili della campagna sembrerebbero aver pensato che questi annunci anti-arabi non solo erano legittimi, ma anche degni per investirci sopra centinaia di migliaia di shekel.
A Haifa, il presidente del partito della Casa Ebraica, Yoav Ramati, ha proposto di pubblicare un elenco di negozianti ebrei nel mercato cittadino, in modo che i clienti sappiano dove acquistare. Karmiel ha anche promosso RotemYanai, candidato sindaco per la Casa ebraica, e ha parlato con entusiasmo di “giudaizzare la Galilea” – e a Nazareth Illit, il partito della Casa ebraica, ha informato i suoi elettori che “Nazareth Illit è ebrea”.
Karmiel e Nazareth Illit sono state entrambe costruite nel secolo scorso nel nord di Israele, al fine di giudaizzare aree densamente popolate da cittadini arabi palestinesi di Israele. Entrambe le città hanno ora una minoranza non trascurabile di abitanti arabi. È quindi facile giocare sulle paure delle maggioranze ebraiche di vedere una crescente presenza palestinese.
Strategia vincente alle urne?
E’ ancora difficile sapere fino a che punto scommettere su queste campagne aperte di incitamento all’odio e paura contro gli arabi si rivelerà vincente alle urne. Questo diventerà evidente solo il 30 ottobre. Tuttavia, sembra che qui sia stato superato un limite.
Il razzismo è sempre esistito. Certo, in Israele, questo è sempre esistito, e non esclusivamente verso gli arabi. Ma quando il razzismo diventa non solo accettabile nella sfera pubblica, ma è anche percepito come un mezzo efficace per vincere voti e appropriato per una campagna elettorale ufficiale, si arriva ad un punto molto pericoloso. Questo è esattamente dove attualmente si trova Israele.
Meron Rapoport è un giornalista e scrittore israeliano. Ha vinto il premio per il giornalismo internazionale di Napoli per la sua indagine sul furto di alberi di ulivo ai loro proprietari palestinesi. Ex direttore del servizio notizie del quotidiano Haaretz, ora è un giornalista indipendente.
Traduzione: Simonetta Lambertini – Invitapalestina.org