La risposta breve è sì, è ‘Giorno della Colonizzazione’, non ‘Giorno dell’Indipendenza’.
di Benay Blend*, 17 aprile 2019
Copertina – Palestinesi sventolano bandiere palestinesi durante una manifestazione per celebrare la Nakba (Giorno della catastrofe), 24 aprile 2007. Ammar Awad / Reuters
La risposta breve è sì, è ‘Giorno della Colonizzazione’, non ‘Giorno dell’Indipendenza’. Rinominarlo come ‘Giorno della Colonizzazione’ servirebbe a correggere molte informazioni errate che si fanno strada nei siti di social media, tra cui Quora (vedere la risposta di Rima Najjar. La risposta di Rima Najjar a Does Quora consente opinioni infondate, cioè non suffragate da fonti accademiche?).
La celebrazione israeliana del Giorno dell’Indipendenza cade il 14 maggio, giorno che precede quello in cui i palestinesi commemorano la loro ‘nakba’ (catastrofe), l’espulsione israeliana di centinaia di migliaia di palestinesi dalle loro case. In sostanza, una grande società profondamente radicata svanì in un periodo di tempo relativamente breve, per essere poi, in seguito, sostituita dallo stato ebraico di Israele sul 78% della Palestina.
Perché questo è importante? Non dovrebbe essere relegato nel passato in modo che sia israeliani che palestinesi possano andare avanti? No, non più di quanto non debbano essere dimenticati l’olocausto o il genocidio dei nativi americani. Come dice Elie Wiesel, riguardo alla memoria dell’Olocausto, dobbiamo ricordare non solo per i vivi, ma anche per coloro che sono morti.
Infatti, in questo caso, il passato definisce il presente. Cosa ancor più importante, non c’è comprensione degli eventi di oggi senza questo contesto storico. Ad esempio, a partire dal 30 marzo 2018, gli abitanti di Gaza hanno lanciato una serie di proteste del venerdì non violente chiamate ‘Great Return March’, proteste che in realtà sono in parte dirette a rendere possibile il loro diritto legale al ritorno nei loro villaggi di appartenenza. A questo proposito, Hussein Ibish dichiara che:
“Una ‘catastrofe’ che definisce l’identità palestinese
Fino a quando non affronteremo l’eredità politica e culturale della nakba, tranquillità, stabilità e normalità sfuggiranno a Israele e al resto del Medio Oriente.”
Ora ci sono due giorni di osservanza contrastanti: uno è una celebrazione, l’altro è giorno di lutto profondo. Questo ci richiama alla mente il discorso di Frederick Douglass ‘Cos’è per lo schiavo il 4 luglio’ tenuto il 5 luglio 1852 a Rochester, New York:
“Concittadini, perdonatemi, permettetemi di chiedere perché sono chiamato a parlare qui oggi? Che cosa ho io, o quelli che rappresento, a che fare con la vostra indipendenza nazionale? I grandi principi di libertà politica e naturale giustizia incarnati in questa Dichiarazione di Indipendenza, sono stati forse estesi anche a noi? E quindi vengo chiamato a portare la nostra umile offerta all’altare nazionale, a confessare i benefici e esprimere devota gratitudine per le benedizioni che a noi derivano dalla vostra indipendenza?”
Douglass continua chiedendo perché non fa parte di questo ‘glorioso anniversario’, forse perché, dice, “la vostra grande indipendenza rivela solo la distanza incommensurabile che c’è tra noi”. Lamenta che “la ricca eredità di giustizia, libertà, prosperità e indipendenza” sono “condivise da voi, non da me”; un ineguale equilibrio di dignità e libertà che molto si riflette oggi nelle relazioni tra Palestina e Israele. “Voi potete gioire”, afferma Douglass, “io devo portare il lutto”, e ancora una volta questo riecheggia le due opposte percezioni palestinese/israeliana del Giorno dell’Indipendenza.
C’è un precedente nella sostituzione di un giorno festivo con un altro. L’Indigenous Peoples’ Day ha sostituito il Columbus Day in diverse città americane, inclusa la mia Albuquerque, nel New Mexico. Questa mossa, svelando la nostra complicità nel genocidio delle popolazioni native, non solo spinge gli americani a ripensare la storia ma consente anche – attraverso riconoscimento, scuse, riparazione e riconciliazione con coloro che abbiamo danneggiato – di ritenerci responsabili. Solo dopo aver fatto questo ci può essere un qualche tipo di ‘normalizzazione’ delle relazioni tra le due popolazioni avversarie.
La tragedia palestinese si può forse parzialmente riparare riconoscendo la nakba come momento decisivo dell’esistenza di Israele, in quanto è l’esperienza quotidiana vissuta dai palestinesi. Cambiare il Giorno dell’Indipendenza in Giornata della Colonizzazione permetterebbe agli israeliani di comprendere meglio la realtà della loro situazione, un primo passo verso la riparazione del trauma palestinese indotto da decenni di nakba.
*Benay Blend, ex docente di storia americana al Central New Mexico Community College (2008-2014)
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org