Copertina – Non è solo l’asse della resistenza che crede nella fine dell’entità sionista, ma anche alcuni israeliani che hanno il coraggio di liberarsi dal giogo del messianismo sionista e dei suoi miti per vedere la realtà e dire la verità.
L’articolo di Rached Abu Daoued, di cui vi offro la traduzione, ci presenta una di queste voci, quella di Ari Shavit, giornalista di Haaretz.
Traduzione dall’arabo di Zohra Credy
Ho ricevuto questo interessante articolo poche ore fa e l’argomento merita tutta la nostra attenzione. Questo articolo scritto da Ari Shavit nelle colonne di Haaretz è senza dubbio di grande interesse per qualsiasi palestinese.
Il titolo non è mio, non è il sogno di 12 milioni di palestinesi che vivono nella Palestina occupata o nella diaspora, né l’adempimento della profezia di Mahmoud Darwish quando scrisse, più di 20 anni fa, “quelli che passano tra parole fugaci”.
In realtà, è il titolo di un articolo scritto da un giornalista israeliano che ha inquadrato la realtà e la esprime chiaramente sul giornale Haaretz. Non è l’unico israeliano ad aver lanciato l’allarme per scuotere le coscienze dei sionisti e soprattutto dei più estremisti, gettando loro in faccia la realtà perché sappiano che per loro non c’è futuro in questo paese chiamato Palestina, che tale rimarrà malgrado tutto!
Il giornalista Ari Shavit ha scritto: è possibile che tutto sia perduto, è possibile che abbiamo attraversato il punto di non ritorno, è possibile che non possiamo porre fine all’occupazione, fermare la colonizzazione e instaurare la pace, forse non è più possibile riformare il sionismo per salvare la democrazia e condividere il Paese.
In tal caso, non avrebbe più senso vivere in questo paese, scrivere per Haaretz, né leggere Haaretz. Ciò che Rogel Alpher ha proposto due anni fa andrebbe fatto: lasciare il paese. Se l’appartenenza a Israele e all’ebraismo non sono fattori intrinseci di identità e se esiste un passaporto straniero, non solo tecnicamente, ma anche psicologicamente, è finita. Dovreste dire addio ai vostri amici e trasferirvi a San Francisco o Berlino.
Da qui, dal paese del nuovo nazionalismo estremista tedesco o dal paese del nuovo nazionalismo suprematista americano, bisogna con calma guardare lo stato di Israele agonizzare. Dobbiamo fare tre passi indietro per osservare lo stato ebraico democratico che affonda. È possibile che la situazione non sia completamente perduta.
Forse non abbiamo ancora superato il punto di non ritorno, potrebbe essere ancora possibile porre fine all’occupazione, fermare gli insediamenti, riformare il sionismo, salvare la democrazia e condividere il paese.
Ari Shavit ha infilato il coltello nella piaga e vuole scuotere Netanyahu, Lieberman e i neonazisti per svegliarli dal loro delirio sionista, dicendo che non saranno Barack Obama e Hillary Clinton a porre fine all’occupazione.
Non saranno le Nazioni Unite o l’Unione Europea a fermare la colonizzazione. L’unica forza al mondo in grado di salvare Israele dalla perdizione sono gli israeliani stessi, inventando un nuovo linguaggio politico che possa ammettere la realtà che i palestinesi sono radicati in questo paese e impegnarsi nella ricerca di una terza via che possa garantire la sopravvivenza di Israele.
Dal loro arrivo in Palestina, gli israeliani sanno di essere il prodotto di una menzogna creata dal movimento sionista che ha usato tutte le imposture per creare una storicità ebraica.
Con la strumentalizzazione dell’Olocausto compiuto da Hitler, il movimento sionista è stato in grado di convincere il mondo che la Palestina era la Terra Promessa, che il supposto Tempio si trova sotto la Moschea Al-Aqsa. È così che il lupo sionista si è trasformato in agnello nutrendosi dei soldi dei contribuenti americani ed europei, per diventare un mostro nucleare …
Archeologi occidentali ed ebrei, il più illustre fra loro Israel Finkeltstein dell’Università di Tel Aviv, hanno certificato che anche la storia del Tempio è una menzogna e una leggenda che non ha alcun fondamento storico. Tutti gli scavi fatti non sono stati in grado di provare nulla sull’esistenza del Tempio e hanno permesso di concludere che è completamente scomparso da migliaia di anni, come esplicitamente menzionato da molti riferimenti ebraici. Anche diversi archeologi occidentali lo hanno affermato.
L’esempio più recente risale al 1968, quando l’archeologa britannica Kathleen Kenyon, allora direttrice degli scavi della British School of Archaeology di Gerusalemme, fu espulsa dalla Palestina per avere avanzato, sulla base degli scavi effettuati a Gerusalemme, la non esistenza del tempio di Salomone sotto la moschea Al-Aqsa, smentendo così il discorso mitologico israeliano. L’archeologa britannica ha concluso che non vi è traccia alcuna della struttura di Salomone e ha dimostrato che ciò che gli israeliani affermano essere le Scuderie di Salomone non lo sono e non hanno alcun legame con il Tempio di Salomone. Ha dimostrato che questo edificio non è che un modello architettonico di un palazzo comunemente costruito in più parti della Palestina.
È la maledizione della menzogna che perseguita gli israeliani e che, giorno dopo giorno, li prende a pugni in faccia sotto forma di un coltello nelle mani di un giovane di Gerusalemme, di al-Khalil o Nablus, sotto forma di una pietra o di un attacco di un autista di autobus di Jaffa, Haifa o Acri.
Gli israeliani sanno che non hanno futuro in Palestina e che non è una Terra senza popolo come hanno falsamente affermato! Ecco un altro scrittore che riconosce, non solo l’esistenza del popolo palestinese, ma ammette anche la sua superiorità sugli israeliani, è il sionista di sinistra Gideon Levy, che ha scritto:
“Mi sembra che i palestinesi siano stati creati di un’argilla diversa da quella degli altri esseri umani. Noi abbiamo occupato la loro Terra, abbiamo cercato di sedurli con le nostre canzoni e le nostre belle di notte, ci siamo detti che dopo qualche anno, alla fine, avrebbero dimenticato la loro patria e la loro terra. Ed ecco le giovani generazioni che insorgono durante l’Intifada del 1987. Li abbiamo arrestati e gettati in prigione pensando di piegarli sotto i nostri gioghi.
Anni dopo, quando crediamo che abbiano ben compreso la lezione, eccoli che tornano con una rivolta armata nel 2000, una rivolta che ha devastato tutto. Ci siamo detti: demoliremo le loro case e li metteremo sotto assedio per molti anni.
Ma ecco che dal nulla vengono fuori dei missili per colpirci nonostante il blocco e la desolazione in cui li abbiamo sprofondati. E allora abbiamo iniziato a costruire muri e barriere di filo spinato. Ma eccoli emergere da sotto terra, attraverso tunnel, per assestarci colpi mortali!
Li abbiamo combattuti con il pensiero, ma eccoli ad hackerare il nostro satellite AMOS per seminare paura e terrore in ogni casa israeliana con le loro minacce, come hanno fatto quando alcuni dei loro giovani sono riusciti ad impadronirsi del canale 2.
In breve, sembra che stiamo affrontando il popolo più determinato che la storia abbia conosciuto, non esiste quindi soluzione senza il riconoscimento dei loro diritti e la fine dell’occupazione”.
Pubblicato da Candide il 5 settembre 2019 in Chroniques
Traduzione dal francese: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org