Dall’approvazione di brutali tecniche di interrogatorio alla stesura di falsi rapporti medici, i medici in Israele hanno avuto un ruolo attivo nella tortura dei prigionieri palestinesi.
Ruchama Marton – 7 ottobre 2019
Immagine di copertina: un soldato israeliano mentre sta bendando un prigioniero palestinese. (Nati Shohat / Flash90)
Se lo Shin Bet gestisce una scuola per i suoi agenti e per chi deve condurre un interrogatorio, il curriculum include sicuramente una lezione su come mentire. I testi utilizzati, a quanto pare, non cambiano con gli anni. Nel 1993, rispondendo alle accuse secondo cui lo Shin Bet aveva torturao brutalmente il detenuto palestinese Hassan Zubeidi, l’allora comandante dell’IDF Northern Command Yossi Peled disse al giornalista israeliano Gabi Nitzan che “non c’è tortura in Israele. Ho lavorato per 30 anni nell’IDF e so di cosa sto parlando. ”
Ventisei anni dopo, il vice capo dello Shin Bet ed ex addetto agli interrogatori dello stesso, Yitzhak Ilan, ha sostenuto la stessa linea con il conduttore televisivo Ya’akov Eilon mentre parlava di Samer Arbeed, un palestinese di 44 anni ricoverato in ospedale in condizioni critiche dopo essere stato torturato dalla Shin Bet. Arbeed è sospettato di aver organizzato l’attacco mortale che lo scorso agosto ha ucciso un’adolescente israeliana e ferito suo padre e suo fratello presso una sorgente della West Bank. Ilan aveva reagito in modo offeso all’idea che lo Shin Bet fosse in qualche modo responsabile delle condizioni di Arbeed.
Mettendo da parte queste assurde forme di negazione, come medico e fondatrice di Physicians for Human Rights – Israel, sono sempre stata turbata dal modo in cui i medici israeliani collaborano e rendono possibile la pratica della tortura israeliana.
Nel giugno 1993 organizzai una conferenza internazionale a Tel Aviv per conto del PHR contro la tortura in Israele. Alla conferenza, presentai un documento medico dello Shin Bet scoperto per caso dal giornalista israeliano Michal Sela. Nel documento, al medico dello Shin Bet veniva chiesto se i prigionieri in questione avessero delle restrizioni mediche quando si trattava di tenerli in isolamento, se potevano essere legati, se il loro viso poteva essere coperto o se potevano essere obbligati a stare in piedi per periodi di tempo prolungati.
La Shin Bet negò che un simile documento fosse mai esistito. “Non c’è alcun documento. Era semplicemente un documento sperimentale non in uso “, affermò l’agenzia. Quattro anni dopo venne alla luce un secondo documento, sospettosamente simile al primo. In esso, si chiedeva ai medici di permettere la tortura conformemente a diverse clausole precedentemente concordate.
Il primo documento, insieme ad altre scoperte, è stato pubblicato nel libro “Tortura: diritti umani ed etica medica. Il caso di Israele”. Il libro in Israele non si trova; Steimatzky, la più antica e grande catena di librerie israeliane, ne ha vietato la vendita. Forse questa è un’ulteriore prova del fatto che in Israele la tortura non esiste.
Dopo che il documento venne scoperto, il PHR si rivolse all’Associazione medica israeliana chiedendole di unirsi alla lotta contro la tortura. L’IMA chiese a PHR di consegnare i nomi dei dottori dello Shin Bet che avevano firmato il documento in modo che la questione potesse essere trattata internamente.
Mi rifiutai di consegnare i nomi e dissi al procuratore IMA che non ero interessata a perseguire i medici, ma che volevo cambiare l’intero sistema. Ciò significava eliminare la legittimità concessa alle confessioni estorte sotto tortura, educare i membri dell’IMA sulla non collaborazione con i torturatori e in particolare fornire un aiuto attivo a quei medici che denunciano i casi sospetti di tortura o di brutali interrogatori.
All’epoca, l’IMA si ritenne soddisfatta di mettere a verbale le nostre dichiarazioni senza fare nulla per impedire ai medici della Shin Bet di cooperare con i torturatori. Inoltre, l’organizzazione non adempì all’obbligo di istituire un forum per i medici che riferirivano di sospette torture.
Un fallimento etico, morale e pratico.
Ma non sono solo i medici nello Shin Bet e il Servizio Penitenziario Israeliano a collaborare nelle torture. In Israele i medici del pronto soccorso scrivono false diagnosi mediche in conformità con le richieste dello Shin Bet. Prendiamo ad esempio il caso di Nader Qumsieh della città di Beit Sahour, in Cisgiordania. Fu arrestato nella sua casa il 4 maggio 1993 e portato al Centro Medico Soroka a Beer Sheva cinque giorni dopo. Lì un urologo gli diagnosticò un’emorragia e una lacerazione allo scroto.
Qumsieh testimoniò di essere stato picchiato durante il suo interrogatorio e preso a calci nei testicoli.
Dieci giorni dopo, Qumsieh fu portato davanti allo stesso urologo per una visita medica, dopo che quest’ultimo aveva ricevuto una telefonata dall’esercito israeliano. L’urologo scrisse una lettera retroattiva (come se fosse stata scritta due giorni prima) e senza condurre un ulteriore esame del paziente, in cui affermava che “come riferito dal paziente, questi è caduto dalle scale due giorni prima di arrivare in pronto soccorso.” Questa volta, la diagnosi fu ” ematoma superficiale nell’area scrotale, che corrisponde a lividi locali subiti tra due e cinque giorni prima dell’esame.” La lettera originale dell’urologo, scritta dopo il primo esame, scomparve dalla cartella medica di Qumsieh
La storia ci insegna che ovunque i dottori interiorizzano facilmente ed efficacemente i valori dei regimi e molti di loro ne diventano fedeli servitori. È stato così nella Germania nazista, negli Stati Uniti e in vari paesi dell’America Latina. Lo stesso vale per Israele. Il caso di Qumsieh, insieme a innumerevoli altri, riflette il fallimento etico, morale e pratico dell’establishment medico in Israele nei confronti della tortura.
Già nel diciottesimo secolo i giuristi – piuttosto che i medici – pubblicarono opinioni legali accompagnate dalle prove che non vi è alcuna connessione tra il causare dolore e l’ottenere la verità. Pertanto, sia la tortura che le confessioni estorte attraverso il dolore sono state legalmente squalificate. Si può solo supporre che i capi dello Shin Bet, dell’esercito e della polizia conoscano questo pezzo di storia.
Eppure, la tortura – che include sia la crudeltà mentale che fisica – continua a verificarsi su larga scala. Perché? Perché il vero obiettivo della tortura e dell’umiliazione è rompere lo spirito e il corpo del prigioniero. Per eliminare la sua personalità.
Il parere legale per proibire la tortura si basa sull’idea utilitaristica che non si può arrivare alla verità attraverso il dolore inflitto. Ma i medici si impegnano, innanzitutto, nell’idea che sia proibita qualsiasi azione che provochi danni fisici o mentali a un paziente.
Il documento di ammissibilità medica dello Shin Bet consente la deprivazione del sonno, consente agli interrogatori di esporre i prigionieri a temperature estreme, di picchiarli, di legarli per lunghe ore in posizioni dolorose, di costringerli a rimanere in piedi per ore fino a quando i vasi sanguigni dei loro piedi scoppiano, di coprir loro la testa per lunghi periodi di tempo, di umiliarli sessualmente, di spezzare il loro spirito recidendo i loro legami con la famiglia e con gli avvocati, di tenerli in isolamento fino a quando non perdono il senno.
Il modulo di ammissibilità medica della Shin Bet non è lo stesso di quello utilizzato per verificare l’idoneità ad arruolarsi nell’aeronautica o addirittura a guidare un’auto. Questo tipo di “ammissibilità” conduce il prigioniero direttamente nella camera della tortura – e il dottore lo sa. Il medico sa a quale tipo di processo sistematico di dolore e di umiliazione dà il proprio consenso e approvazione. Sono i medici che supervisionano la tortura, esaminano il prigioniero torturato e scrivono il parere medico o il rapporto di patologia.
Durante gli interrogatori, i camici bianchi attraversano la camera delle torture come ombre in agguato. I medici che collaborano con la paratica della tortura israeliana sono complici di quella stessa pratica. Se un prigioniero muore durante l’interrogatorio, il medico è complice del suo omicidio. Medici, infermieri, assistenti medici e giudici che sanno cosa sta succedendo e preferiscono rimanere in silenzio, sono tutti complici.
Dobbiamo opporci incondizionatamente a tutte le forme di tortura, senza eccezioni. Noi, cittadini di uno stato democratico, dobbiamo rifiutare di cooperare con il crimine di tortura, tanto più quando si tratta di medici.
Inoltre, non dobbiamo nasconderci dietro l’idea che la tortura sia un sintomo dell’occupazione, raccontandoci che la pratica scomparirà quando l’occupazione finirà. La tortura è una visione del mondo in base alla quale i diritti umani non hanno spazio o valore. Esisteva ben prima dell’occupazione e se non cambiamo quella visione del mondo, continuerà ad esistere
Le pratiche investigative violente e crudeli non avvantaggiano la sicurezza nazionale, anche se commesse per suo conto. La tortura provoca una distruzione a spirale del nostro tessuto sociale. Non solo coloro che svolgono questo terribile tipo di “lavoro” perdono i valori della moralità, della dignità umana e della democrazia, ma anche tutti coloro che rimangono in silenzio, desiderosi di non saperlo . In effetti, tutti noi.
La Dr.ssa Ruchama Marton è la fondatrice di Physicians for Human Rights – Israele. Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta in ebraico su Local Call.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org