Le popolazioni di Hong Kong, Kashmir e Palestina hanno una lunga storia di resistenza all’oppressione. FOTO – Un manifestante calpesta una bandiera britannica durante una manifestazione contro Israele a Karachi il 21 luglio 2006 [File: Zahid Hussein / Reuters]
di Hamid Dabashi*, 26 settembre 2019
Prosegue il caos in Palestina, crescente spargimento di sangue nel Kashmir, protesta di massa a Hong Kong: come colleghiamo questi punti? Sono collegati?
Naturalmente, il sole non è mai tramontato sulla Union Jack! Dal tramonto di quell’impero – come inevitabile per tutti gli imperi – era destino che seguissero caos e tumulti.
“Il mondo sta raccogliendo il caos seminato dall’Impero britannico”, ha recentemente scritto Amy Hawkins in Foreign Policy, “le popolazioni locali stanno ancora pagando per il disordine che gli inglesi si sono lasciati alle spalle a Hong Kong e nel Kashmir”. L’autrice ha lasciato fuori la Palestina, il primo tra i luoghi di tutto il mondo, dove l’impero britannico ha diffuso discordia e inimicizia per rendere facile la sua dominazione e preparare il terreno al disastro dopo la sua uscita.
In effetti, le rivolte anticoloniali nel subcontinente indiano, in Cina, nel mondo arabo e altrove non hanno portato alla libertà o alla democrazia le nazioni dominate dall’Impero britannico.
Nel Kashmir, gli inglesi hanno lasciato una ferita sanguinante al centro della partizione dell’India coloniale.
In Palestina, hanno lasciato una colonia europea di insediamento e l’hanno chiamata “Israele” perché governasse al loro posto e tormentasse i palestinesi.
A Hong Kong, hanno lasciato una grande cosmopolis che non è né un’entità veramente indipendente, né una parte della Cina continentale.
Hanno preso la loro Union Jack e se ne sono andati, lasciando dietro di sé un’eredità rovinosa a sanguinare per decenni e generazioni. Queste conseguenze non sono solo storiche e sepolte nel passato. Sono tuttora in corso.
Quando il sole finalmente è tramontato
Ironia della sorte, oggi il Regno Unito sta lottando per tenersi insieme mentre la debacle della Brexit lo fa a pezzi. Uno guarda il paese e si meraviglia della giustizia poetica di crudeltà sfrenata che ritorna per perseguitare l’ex impero.
Il Regno Unito si trova faccia a faccia con il suo passato imperiale, con gli irlandesi e gli scozzesi che ancora una volta sfidano i nazionalisti inglesi e la loro convinzione schizofrenica del proprio essere eccezionali. Com’è bizzarro, com’è incredibile, quanto è omerico questo destino!
Possiamo, infatti, essere testimoni della dissoluzione finale del Regno “Unito” nel corso della nostra vita. Ma c’è stato un tempo in cui da quella piccola isola governavano il mondo dalle Americhe a occidente all’Asia e all’Australia a oriente.
Il terrore dell’imperialismo britannico – scatenando il caos sul mondo non solo allora ma anche ora – è l’origine più storicamente ovvia che unisce Hong Kong, Kashmir e Palestina, nonché molti altri siti emblematici di calamità coloniali e postcoloniali che vediamo oggi intorno a noi. Ma qual è esattamente la causa degli scontri di oggi?
A Hong Kong, nel Kashmir e in Palestina abbiamo l’ascesa di tre nazioni, per così dire “battezzate” dal fuoco – tre popoli, tre memorie collettive, che hanno rifiutato di accontentarsi della loro sorte coloniale. Più sono brutalizzati, più forte diventa la loro volontà collettiva di resistere al potere.
La Gran Bretagna si impossessò di Hong Kong nel 1842 dopo la Prima guerra dell’oppio con la Cina. Lo trasformò in un importante avamposto commerciale e militare e insistette per conservarlo molto tempo dopo il crollo del suo impero. Nel 1997, la Gran Bretagna ha consegnato Hong Kong alla Cina, riconoscendo l’idea di una formula “un paese, due sistemi” che consentisse un certo grado di autonomia economica per Hong Kong. Ma ciò che sia la Cina che la Gran Bretagna avevano trascurato di considerare era il fatto che una nazione di quasi otto milioni di esseri umani nel corso di una lunga storia coloniale e postcoloniale aveva accumulato una sua solida memoria collettiva, che non era né britannica né cinese continentale – era distinta.
Il Kashmir passò sotto l’influenza britannica poco dopo Hong Kong, nel 1846, dopo che la British East India Company ebbe sconfitto l’Impero Sikh che governava la regione in quel momento. Un secolo dopo, il Kashmir fu risucchiato nella sanguinosa partizione di India e Pakistan all’indomani della partenza britannica dal subcontinente, con entrambi gli stati post-coloniali che rivendicavano reciprocamente l’esclusiva sul suo territorio. Anche qui, ciò che India e Pakistan dimenticano è il fatto che quasi 13 milioni di abitanti del Kashmir hanno avuto una lunga storia di innumerevoli problematiche esperienze coloniali e postcoloniali che hanno reso il Kashmir fondamentalmente diverso da ognuno di essi.
Lo stesso vale per la Palestina che cadde sotto il dominio britannico nel 1920 dopo la sconfitta dell’Impero ottomano nella Prima Guerra mondiale. Gli inglesi prima di impacchettare i loro possedimenti coloniali e andarsene quasi tre decenni dopo, installarono come loro successore una colonia di insediamento nella forma di uno stato di guarnigione sionista. Decenni di lotta instancabile contro la barbarie degli inglesi e dei sionisti hanno lasciato i palestinesi in possesso di una delle storie più coraggiose e risolute di resistenza alla dominazione coloniale.
Ricordi di resistenza
Rivoltandosi contro Cina, India e Israele, queste tre nazioni di Hong Kong, Kashmir e Palestina sono diventate tre nuclei di resistenza, di rifiuto di lasciare andare la loro patria.
Si sono narrate dentro a una storia scritta da poteri che hanno sistematicamente cercato di cancellare loro e i loro ricordi collettivi. “Patria” non è solo un pezzo di terra. È una presenza evocativa di una storia.
Quei ricordi, corroborati da un’intera storia di resistenza alla conquista imperiale e all’occupazione coloniale, sono tornati a tormentare i loro tormentatori.
Cina, India e Israele devono ricorrere ad una violenza nuda e brutale per negare la veridicità di quei ricordi ostinati, ora evidenti come fatti concreti. Così facendo, questi poteri hanno ripreso da dove l’impero britannico aveva lasciato.
Anche loro cercano di terrorizzare, dividere e governare, ma ormai coloro che vorrebbero sottomettere hanno imparato la resistenza; la loro lotta è sopravvissuta a un oppressore imperiale, può sicuramente sopravvivere a un altro.
In altre parole, non c’è quantità di brutalità imperiale, colonialismo di insediamento o revisionismo storico che possa far scomparire identità, ricordi e storie distinte di questi popoli.
Oggi le popolazioni in Palestina, Kashmir e Hong Kong si vedono come nazioni senza Stato governate da una brutale occupazione militare. Nel gioco postcoloniale della formazione dello stato, è stata loro negata la sovranità nazionale.
Più brutalmente saranno repressi e verrà negata la loro sovranità, più ostinatamente la chiederanno e la esigeranno.
Né la Cina a Hong Kong, né l’India nel Kashmir, né Israele in Palestina potranno avere un solo giorno di dominazione pacifica fino a quando e a meno che le nazioni ribelli che governano e di cui abusano ottengano e conservino il loro legittimo posto nel mondo.
*Hamid Dabashi è un professore iraniano di studi iraniani e letteratura comparata presso la Columbia University di New York City. È autore di oltre venti libri.
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org