La giornata internazionale dei lavoratori e la causa palestinese.

Questo Primo Maggio, se pure dalle nostre case, ci offre l’opportunità di considerare l’interconnessione di tutte le lotte per la giustizia.

Fonte: English version

Gabriel Polly – 1 maggio 2020

Immagine di copertina: “Consolidare l’unità della classe lavoratrice e delle persone “ 1983 circa (stampa digitale del poster: il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina / Marc Rudin/Il progetto poster della Palestina).

In molte città del mondo, il 1°maggio 2020 si distinguerà per l’assenza di manifestazioni per la Giornata Internazionale dei Lavoratori a causa dell’attuale pandemia di COVID-19. Tuttavia, molti  celebreranno la ricorrenza  all’interno delle  proprie case, poiché la crisi mette a nudo le lotte più profonde sostenute dalla classe operaia a seguito di politiche neoliberiste fallite, disuguaglianza e colonialismo.

I palestinesi in Cisgiordania devono affrontare un aumento degli attacchi dei coloni israeliani, mentre nella Striscia di Gaza aumentano le preoccupazioni per la carenza di attrezzature mediche vitali, tra cui i ventilatori, a seguito dell’assedio illegale di Israele. Non è una sorpresa, considerata la sistematica oppressione che i palestinesi affrontano sotto l’occupazione israeliana, che le espressioni di solidarietà con la Palestina siano state per decenni parte integrante del movimento socialista globale, e che in anni normali le bandiere palestinesi siano uno spettacolo comune tra le bandiere rosse dei partiti dei lavoratori nelle manifestazioni del Primo Maggio.

Tuttavia nella stessa Palestina la Giornata Internazionale dei Lavoratori ha una storia controversa. Come altri aspetti della retorica socialista, se pur non praticata, la tradizione del Primo Maggio fu portata in Palestina all’inizio del XX secolo dai coloni sionisti, che intendevano  costruire una società ebraica su linee europee. Ma mentre il socialismo chiede, per parafrasare Marx, che i lavoratori del mondo si uniscano, indipendentemente dalla nazionalità o da qualsiasi altra divisione, il socialismo sionista  fu sempre destinato solo agli ebrei.

Come Alain Brossat e Sylvie Klingberg scrivono in ” Yiddishland rivoluzionaria : una storia del radicalismo ebraico”, i primi coloni sionisti si consideravano “guerrieri contadini che fecero fiorire il deserto e dispersero le bande arabe”, haloutz [pionieri] che conquistarono la terra con aratro e fucile, non contrastati  da alcun ostacolo. ” Negli anni ’20, persino la leadership ebraica immigrata del Partito comunista Palestinese credeva che gli ebrei fossero “l’unico moderno proletariato senza proprietà,” e che i palestinesi arabi fossero “arretrati economicamente e culturalmente”. L’ostilità nei confronti delle aspirazioni nazionali palestinesi ha caratterizzato il movimento socialista sionista, dal sionismo tradizionale alle frange di sinistra.

Ciononostante, furono le divisioni tra immigrati ebrei che nel 1921 portarono  all’incidente più  tristemente noto associato al Primo Maggio in Palestina. Due dimostrazioni rivali di lavoratori ebrei, uno che  sosteneva convintamente il sionismo e l’altro che  era a favore di  relazioni più sfumate con i palestinesi, si scontrarono  a Tel Aviv; la violenza si diffuse poi nella vicina città araba di Giaffa, con scontri tra arabi, ebrei e le autorità britanniche (presenti in Palestina dal 1917 al 1948). Come riportato da Wasif Jawharriyeh nelle sue memorie, “Le fiamme della rivolta si diffusero in tutta la Palestina e durarono per quindici giorni durante i quali 146 ebrei e membri delle forze armate [britanniche] e 147 arabi furono uccisi e 700 persone rimasero ferite, spingendo alti prelati e leader arabi a intervenire e porre fine alla rivolta ”.

L’analisi visiva delle opere d’arte dei coloni e dei locali  prodotte per la Giornata Internazionale dei Lavoratori mostra la divergenza dell’approccio sionista / israeliano e palestinese nei confronti dell’evento. Come mostrato nei manifesti del Primo Maggio prodotti  durante il Mandato Britannico e nei primi decenni dello stato di Israele, il movimento sionista ha manipolato la Giornata Internazionale dei Lavoratori  a fini statali , piuttosto che per una celebrazione dei principi socialisti. Nei manifesti commissionati dall’Histadrut, il sindacato sionista che operava come un braccio dello stato dominato dal Partito Laburista, i disegni abbinavano la bandiera rossa degli operai con la bandiera israeliana; i lavoratori ebrei in Palestina / Israele non erano solo lavoratori, ma contemporaneamente anche coloni e soldati contro una minaccia araba percepita. Gli slogan ebraici chiedevano al lavoratore non di combattere una lotta di classe, ma di essere un “costruttore dello stato”, una “leva per lo stato” e di fare “tutto […] per la sicurezza di Israele”.

Dopo l’emergere del movimento nazionalista palestinese negli anni ’60, composto in larga parte da fazioni secolari e socialiste, una visione alternativa del Primo Maggio iniziò a essere proposta dai palestinesi e dai loro sostenitori. I manifesti commissionati dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina  sottolineavano i legami tra la lotta palestinese e le cause di sinistra e anticoloniali a livello globale, in contrapposizione alla narrazione del sionismo sul socialismo dei coloni. L’opera d’arte attingeva all’estetica del realismo socialista, glorificando contadini e operai, filo conduttore nella visione dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo.

“Gloria ai lavoratori e ai combattenti”, 1969 circa . (Poster: Unione Generale dei Lavoratori Palestinesi, Sezione Libano / Archivi del Progetto Poster Palestina)

Come ha scritto Kamal Boullata, gli artisti dei campi profughi palestinesi “promossero una forma populista di espressione figurativa, la loro narrazione pittorica spesso prendeva in prestito immagini da metafore popolari. La generale spinta della loro arte cercò di esprimere una voce che rappresentasse l’esperienza palestinese e sollecitasse il sostegno alla causa nazionale “. Nel poster del 1969 di Zaid Wahba “Gloria ai lavoratori e ai combattenti”, un uomo e una donna vengono  raffigurati in posizione centrale mentre si  piegano verso il suolo, con qualcosa di più   di una fuggevole somiglianza con le  figure eroiche dell’arte realista socialista. Mentre il titolo e il testo del poster rendono omaggio ai lavoratori, sono i contadini o i fellahin che l’immagine cattura, riflettendo la società prevalentemente agraria pre-1948 della Palestina, il legame dei palestinesi con la terra e la natura collettiva sia dei lavori agricoli prima della Nakba , sia della lotta dei rifugiati in esilio dopo di essa, che in entrambi i casi includeva sia uomini che donne.

Ulteriori innovazioni ai poster del Primo Maggio palestinese furono apportate dall’artista svizzero Marc Rudin, noto anche come Jihad Mansour, che produsse molte grafiche sorprendenti per le fazioni dell’OLP di sinistra durante una carriera alleata della causa palestinese. In netta distinzione con i manifesti prodotti per il movimento operaio sionista, in cui il socialismo era limitato su base etnica agli ebrei israeliani, un tema costante nel lavoro di Rudin è la solidarietà internazionale e l’interconnessione delle lotte anticoloniali. Rudin ha spiegato che nella sua grafica del Primo Maggio, ha cercato di dimostrare un “legame tra la lotta nazionale per la liberazione e l’internazionalismo proletario”. Un esempio è il suo poster “Consolidare l’unità della classe lavoratrice e il popolo”. Una bandiera rossa legata a un martello, simbolo del movimento operaio e del proletariato industriale, e allo stesso tempo una kefiah, simbolo per antonomasia del nazionalismo palestinese, imbevuta nel sangue di coloro che sono stati uccisi per la causa e vittime dell’occupazione israeliana. Successivamente il lavoro di Rudin articolò la Prima Intifada della fine degli anni ’80 come una lotta di classe, oltre che nazionale: un poster presentava i “Lavoratori dell’Intifada in prima linea “, un gruppo di lavoratori, alcuni che trasportavano attrezzi industriali, che lavoravano insieme per rovesciare un grosso masso su di un carrarmato.

Furono gli sforzi  per consolidare la solidarietà tra la lotta palestinese e le lotte di classe e anticoloniali dall’Algeria al Sud Africa, da Cuba al Vietnam, incarnate dell’atteggiamento palestinese nei confronti della Giornata Internazionale dei Lavoratori, a far sì che il sostegno della sinistra alla Palestina sia rimasto forte a livello globale. Nel frattempo, il sostegno professato dalla sinistra verso Israele, comune nel dopoguerra, è diminuito parallelamente al declino delle fortune del partito laburista israeliano, un tempo potente, attualmente moribondo. Tuttavia,  poiché continuano gli attacchi contro il principio di solidarietà con la Palestina e poiché i palestinesi hanno bisogno più che mai del nostro sostegno, questo Primo Maggio, se pure dalle nostre case, ci offre l’opportunità di considerare l’interconnessione di tutte le lotte per la giustizia.

 

TTrad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org

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