Paesi Arabi, l’ONU deve agire prontamente per tutelare le condizioni di vita dei rifugiati palestinesi

“Odioso Razzismo”, è il modo in cui l’Osservatorio Euro-Mediterraneo per i Diritti Umani con sede a Ginevra ha descritto una recente decisione delle autorità libanesi di vietare ai rifugiati palestinesi espatriati il ritorno in Libano.

Fonte – English version


Di Ramzy Baroud – 12 Maggio 2020

 

Le restrizioni imposte dal Libano alla sua popolazione di rifugiati palestinesi in continua diminuzione non sono una novità. Tuttavia, questo evento è particolarmente allarmante in quanto può essere collegato a una politica ufficiale a lungo termine per quanto riguarda lo status di residenza dei rifugiati palestinesi in questo paese arabo.

Molti sono stati presi alla sprovvista da un recente ordine del governo libanese alla sua ambasciata negli Emirati Arabi Uniti, incaricandola di impedire ai profughi palestinesi di tornare alle loro case in Libano.

Tariq Hajjar, consulente legale dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo, ha comunicato in una dichiarazione che la circolare include una odiosa discriminazione razziale contro i profughi palestinesi in possesso di documenti di viaggio libanesi”.

Hajjar ha giustamente insistito sul fatto che “i possessori di questi documenti dovrebbero ricevere un trattamento al pari dei cittadini libanesi”.

In effetti dovrebbero, come è prassi da molti anni. Altrimenti, non c’è altro posto dove questi rifugiati possano andare, considerando che il Libano è stata la loro casa per decenni, a partire dal 1948, quando Israele espulse con la forza quasi un milione di palestinesi dalla loro patria storica.

I rifugiati, indipendentemente dalla loro razza, etnia o religione, dovrebbero essere trattati con rispetto e dignità, indipendentemente dalla complessità politica dei paesi che li ospitano. I profughi palestinesi in Libano non possono essere un’eccezione.

Lo scorso aprile, l’Associazione palestinese per i diritti umani ha invitato le Nazioni Unite a fornire assistenza finanziaria ai rifugiati palestinesi del Libano, indicando che a causa della pandemia di coronavirus, il 90% dei rifugiati palestinesi in Libano ha perso il lavoro.

In base a leggi libanesi discriminatorie, i rifugiati palestinesi non sono autorizzati a esercitare 72 tipi di professioni accessibili per i libanesi. Questa è solo una tra le tante altre restrizioni. Così, i rifugiati palestinesi occupati in Libano, la stragrande maggioranza dei quali sono ora disoccupati, sono in continua competizione all’interno di un mercato del lavoro molto limitato.

Numerosi rifugiati sono stati impiegati in vari progetti gestiti dall’Agenzia delle Nazioni Unite UNRWA.

Molti di coloro che hanno avuto la fortuna di conseguire diplomi universitari hanno optato per lasciare del tutto il paese, lavorando principalmente nei settori dell’insegnamento, dell’ingegneria, bancario e della medicina nei paesi Arabi del Golfo.

Tuttavia, a causa della pandemia, delle gravi difficoltà finanziarie patite dall’UNRWA e dei nuovi regolamenti del governo libanese, tutte le opzioni vengono precluse ai rifugiati palestinesi.

Per migliaia di profughi, l’unica opzione rimasta è attraversare il Mediterraneo alla ricerca di un migliore status di rifugiati in Europa. Eppure, purtroppo, decine di migliaia di questi profughi stanno vivendo una vita miserabile nei campi europei o bloccati in Turchia. Centinaia sono annegati mentre tentavano questi pericolosi viaggi.

Secondo una recente indagine dell’Amministrazione centrale di statistica libanese, condotta congiuntamente con l’Ufficio centrale di statistica palestinese, solo 175.000 rifugiati Palestinesi, dei 500.000 in passato, risiedono ancora in Libano.

Detto questo, la tragedia dei rifugiati palestinesi in Libano è solo un aspetto di un malessere molto più grande, unico per l’esperienza dei rifugiati palestinesi.

I rifugiati palestinesi siriani sono arrivati ​​nel paese a ondate, iniziando con la pulizia etnica sionista della Palestina durante la “Nakba”, o catastrofe. Altri sono fuggiti dalle alture del Golan dopo l’invasione israeliana nel 1967. Molti altri fuggirono dal Libano durante l’invasione israeliana del 1982.

Il relativamente sicuro rifugio siriano è stato distrutto durante la guerra in corso in Siria, iniziata nel 2011. La missione dell’UNRWA, che ha permesso di fornire supporto diretto a quasi mezzo milione di rifugiati palestinesi in Siria, è stata resa quasi impossibile a causa della guerra distruttiva, e dal fatto che  centinaia di migliaia di palestinesi sono fuggiti dal paese o sono diventati sfollati interni.

L’impatto devastante della guerra siriana sui rifugiati palestinesi è stata quasi una copia esatta di ciò che era accaduto in precedenza durante l’invasione israeliana del Libano nel 1982 e l’invasione americana dell’Iraq nel 2003.

Nel caso dell’Iraq, dove è fuggita la maggior parte dei 35.000 profughi del paese, la crisi dei rifugiati palestinesi è stata particolarmente aggravata. Mentre i palestinesi godevano di uno status di residenza permanente, anche se con nessun diritto di proprietà, in Iraq, prima della guerra, non sono ancora stati riconosciuti come rifugiati secondo gli standard internazionali, dal momento che l’UNRWA non opera in Iraq. Dopo il 2003 i governi iracheni hanno sfruttato al massimo questo cavillo, spingendo allo sfollamento la popolazione palestinese del paese.

Dal suo avvento, l’amministrazione statunitense del presidente Donald Trump ha intrapreso una guerra finanziaria contro i palestinesi, compresa la riduzione di tutti gli aiuti all’UNRWA. Questo atto ignobile ha aggiunto ulteriore sofferenza alle difficoltà già esistenti dei rifugiati.

Il 5 maggio 2020, l’UNRWA, ha dichiarato di avere risorse sufficienti per sostenere le sue operazioni solo fino alla fine del mese.

La verità è che, molto prima che Trump prendesse di mira l’agenzia delle Nazioni Unite, l’UNRWA ha funzionato per oltre 70 anni con una vulnerabilità intrinseca.


L’UNRWA è stata istituita esclusivamente con un mandato dell’ONU che ha fornito all’organizzazione uno “status speciale separato” per assistere i rifugiati palestinesi.

I governi Arabi, all’epoca, erano ansiosi che l’UNRWA mantenesse questo “status speciale” basato sulla loro convinzione che con la nascente crisi mondiale dei rifugiati, derivante principalmente dalla Seconda Guerra Mondiale, avrebbe declassato l’urgenza della situazione palestinese.

Tuttavia, sebbene questa logica possa essere stata applicata con successo negli anni immediatamente successivi alla “Nakba”, si è rivelata costosa negli anni successivi, poiché lo status e la definizione di ciò che costituisce un rifugiato palestinese sono rimasti storicamente legati alla portata delle operazioni dell’UNRWA.

Ciò è diventato chiaro durante l’invasione americana dell’Iraq nel 2003, ma soprattutto, dall’inizio degli sconvolgimenti politici e delle successive guerre in Medio Oriente nell’ultimo decennio.

Ed è precisamente il motivo per cui gli Stati Uniti e Israele sono desiderosi di smantellare l’UNRWA, perché, secondo la loro logica, se l’UNRWA cessa di operare, il rifugiato palestinese cessa di esistere con uno status che lo renda unico.

Questa realtà precaria richiede una soluzione urgente e creativa che dovrebbe essere guidata da Paesi Arabi, ONG iscritte all’ONU e dai sostenitori della Palestina, ovunque.

Quello che è necessario oggi è l’adozione da parte dell’ONU di una formula che consenta allo status giuridico dei rifugiati palestinesi ai sensi del diritto internazionale di rimanere attivo indipendentemente dalla portata dell’operatività dell’UNRWA, fornendo al contempo ai rifugiati palestinesi il sostegno materiale e finanziario necessario per vivere con dignità fino al diritto al ritorno, conformemente alla risoluzione 194 delle Nazioni Unite del 1948, infine fatta rispettare.

Affinché i diritti dei rifugiati palestinesi vengano mantenuti e gli scenari del Libano, dell’Iraq e della Siria non si ripetano, la Lega Araba deve operare nel quadro del diritto internazionale, come stabilito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, per salvaguardare lo status giuridico dei profughi palestinesi, attualmente sotto un attacco senza precedenti.

I rifugiati palestinesi non devono dover scegliere tra la perdita del loro diritto legale e inalienabile nella propria patria e l’accettazione di una vita di perpetuo degrado e incertezza.

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

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