Abbassando ancor di più la sbarra, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita stanno promuovendo la normalizzazione con Israele in cambio della non annessione.
Fonte: English version
Muhammad Shehada – 19 giugno 2020
Immagine di copertina: Anwar Gargash degli Emirati Arabi Uniti ha chiesto “linee di comunicazione aperte” tra gli Emirati Arabi Uniti e Israele [Getty]
Mentre i palestinesi stanno affrontando una formidabile minaccia alla loro autodeterminazione e statualità nell’incombente annessione di Israele, alcuni regimi del Golfo sembrano aver trovato un’opportunità strategica per spingere, nel mezzo del caos, verso la normalizzazione con Israele.
La fretta disperata per aprire le relazioni con Israele ha raggiunto il suo apice venerdì scorso, quando l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti negli Stati Uniti, Yousef Al-Otaiba, in un video si è direttamente appellato al popolo israeliano – senza menzionare una sola volta i palestinesi – e ha scritto un editoriale in ebraico per il più grande giornale israeliano, Yediot Ahronot.
In entrambi, Al-Otaiba ha avvertito che l’annessione “minerebbe” – piuttosto che porre fine – alle relazioni sempre più strette tra Israele e alcuni Paesi arabi.
Corteggiare l’opinione pubblica israeliana alla luce del giorno, pur se senza precedenti non è stata una sorpresa, dal momento che al-Otaiba era uno dei tre rappresentanti del Golfo che lo scorso gennaio parteciparono alla presentazione del famoso “affare del secolo” di Trump alla Casa Bianca.
La cosa interessante, tuttavia, della disperata pacificazione di al-Otaiba nei confronti di Israele, è il modo in cui condiziona l’avanzata della normalizzazione con Israele alla rinuncia dell’annessione, piuttosto che alla fine all’occupazione.
In altre parole, il messaggio di Al-Otaiba è che se Israele non farà assolutamente nulla, gli affari continueranno come al solito e non ci saranno limiti o prerequisiti alla normalizzazione.
Replicando la prodezza di Al-Otaiba, un ex consigliere del governo dell’Arabia Saudita, Nawaf Obaid, martedì scorso ha scritto un articolo sul giornale israeliano Haaretz, intitolato “Guidati dall’Arabia Saudita, noi arabi stiamo parlando di pace. Ma gli israeliani non stanno ascoltando”. Nell’articolo, Obaid sostiene che “un potente fronte arabo, guidato dai sauditi, ha offerto a Israele sicurezza e cooperazione regionale”, sottolineando però che “L’annessione chiuderebbe la porta”.
Questi regimi del Golfo fingono di usare la normalizzazione come leva per salvare il sogno palestinese di libertà.
A prima vista, questi regimi del Golfo fingono di usare la normalizzazione come leva per salvare il sogno palestinese di libertà, mentre in sostanza stanno sfruttando la causa e l’annessione palestinese come catalizzatore per giustificare la normalizzazione con Israele.
L’obiettivo di tale adulazione è quello di rimodellare il consenso arabo e utilizzare l’annessione come pretesto per abbassare ulteriormente la sbarra. Convincere Israele a non annettere è ora un misero risarcimento, considerando che quello che dovrebbe essere il vero obiettivo, ovvero porre fine all’occupazione e stabilire uno stato palestinese, è completamente fuori dal tavolo di discussione
Facendo eco a questo sforzo, Anwar Gargash, ministro degli affari esteri degli Emirati, ha twittato un articolo del quotidiano israeliano Jerusalem Post che definiva il messaggio di Al-Otaiba come “moderato, senza minacce” e che suonava più come “un avvertimento da un collega che non da un avversario “.
Despite reportedly pursuing normalisation with Israel in recent years, the UAE has condemned Israel's West Bank annexation plan as a 'serious setback for the peace process' https://t.co/yTauW8z4mT
— The New Arab (@The_NewArab) 1 giugno 2020
Inoltre Gargash, quando ha parlato martedì scorso nella grande conferenza della lobby pro-israeliana e ha sostenuto di “dissociare il politico dal non politico”, ha dimostrato come l’avvertimento degli Emirati sulla non annessione sia solo una minaccia spuntata, un mero parlare.
Nel corso della conferenza Gragash ha continuato a lodare Israele come un necessario alleato nei campi della tecnologia e della medicina, nonostante l’annessione o altri “disaccordi”, e ha sollecitato una maggiore cooperazione. La stessa conferenza del comitato ebraico americano (AJC) che aveva lo scopo di evidenziare “La ricerca israeliana per la pace e la sicurezza”, aveva tra i relatori l’ex ministro della Giustizia dell’Arabia Saudita, Muhammad Al-Issa.
Normalizzazione da coronawashing
Oltre a usare l’opposizione all’annessione come pretesto per far avanzare la normalizzazione, il governo degli Emirati Arabi Uniti ha usato il coronavirus per far emergere gli stretti legami con Israele, a scapito dei palestinesi.
Nel suo discorso all’ AJC , Gargash, ha citato l’aiuto medico degli Emirati ai palestinesi come pretesto per aver richiesto cooperazione e coordinamento con Israele, in riferimento ai due aerei che, per la prima volta, sono atterrati all’aeroporto israeliano di Ben Gurion alla fine di maggio e all’inizio di giugno con aiuti per il Covid19 destinati ai Palestinesi.
La notizia dei due voli è stata celebrata dai funzionari israeliani come una “pietra miliare storica” per mostrare i calorosi legami tra i due Paesi, mentre è stata ampiamente condannata e disapprovata dai palestinesi che hanno giudicato l’iniziativa come un mezzo per gettare un ponte verso Israele sfruttando i loro bisogni.
In entrambi i casi, l’AP ha respinto l’aiuto, sostenendo che la mossa non era stata coordinata con loro e che avevano appreso dell’iniziativa dai media degli Emirati, piuttosto che attraverso i canali diplomatici adeguati.
Il rifiuto di principio dell’Autorità Palestinese è stato quindi utilizzato da eminenti commentatori degli Emirati vicini al sovrano di fatto degli EAU, Mohammed Bin Zayed, per attaccare i palestinesi, tessendo invece le lodi della democrazia e della coesistenza di Israele. Tutto ciò è solo un’ulteriore prova di come sin dall’inizio queste sono state solo mosse strategiche, piuttosto che autentici tentativi di aiutare i palestinesi.
Queste iniziative sono state sin dall’inizio solo mosse strategiche, piuttosto che autentici tentativi di aiutare i palestinesi.
La normalizzazione attraverso il coronawash e l’uso dell’annessione per giustificare legami più stretti con Israele, dimostra che l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti purtroppo non risparmieranno alcuna opportunità per sfruttare la sofferenza palestinese e per scaricare i palestinesi.
Gli sforzi di questi regimi arabi per assecondare Israele nel tentativo di mantenere il loro trono e i loro interessi non faranno altro che aggravare lo stato delle loro popolazioni, rendendole sempre più povere. In tutto il Medio Oriente, l’unico risultato che le persone notano da queste teatrali manovre di normalizzazione, è il vedere dotare i propri oppressivi sovrani della tecnologia di sorveglianza israeliana per perpetuare la loro tirannia.
Anche Netanyahu ha ripetutamente ammesso che mentre Israele non ha alcun problema con i leader arabi, il più grande ostacolo rimane il popolo arabo. Questo apparato intrinsecamente destabilizzante di aiuto ai dittatori arabi in cambio della svendita dei palestinesi, più verrà alimentato dalla repressione e dalla tirannia, più è destinato a crollare
Muhammad Shehada è scrittore e attivista della società civile di Gaza e uno studente di Studi sullo Sviluppo presso l’Università di Lund, in Svezia. Era addetto alle pubbliche relazioni per l’ufficio di Gaza dell’Euro-Med Monitor per i diritti umani.
Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non rappresentano necessariamente quelle di The New Arab.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”- Invictapalestina.org