FOTO – L’aeroporto Ben Gurion
12 luglio 2020
Ci sono volute delle imbarazzanti rivelazioni da parte di Haaretz affinché il mondo intero venisse a sapere quanto la pseudo-corazza di cui Israele afferma di essersi circondato con l’aiuto del suo apparato di intelligence (Mossad, Shabak e Cie) – apparato di cui si vanta troppo in questi giorni, se non altro per gonfiare il petto e far credere di avere qualcosa a che fare con l’incidente accaduto due settimane fa nel sito nucleare iraniano di Natanz – è fragile.
Mentre la stampa « mainstream » continua testardamente a moltiplicare le ipotesi più assurde intorno all’incidente di Natanz e a elencare qualsiasi altro incendio, perdita di gas, verificatasi nel complesso di 1,68 milioni di chilometri quadrati che totalizza l’immenso territorio iraniano, come fosse “un nuovo exploit” da mettere in conto a Israele e, di conseguenza, un nuovo fallimento per “l’intelligence iraniana”, Haaretz ci informa che hacker presumibilmente iraniani si sarebbero infiltrati nel portatile del ministro sionista della Guerra, Benny Gantz, e dirottato informazioni riservate, lo stesso Benny Gantz che poche ore dopo l’incidente di Natanz si è categoricamente rifiutato di rivendicare il coinvolgimento israeliano, arrivando persino a pronunciare una frase che ha messo in discussione ogni narrazione fatta dopo l’incidente di Natanz attorno alla presunta capacità israeliana di raggiungere i siti sensibili in Iran: “Non bisogna mettere tutto ciò che accade in Iran sulle spalle di Israele”.
Dobbiamo vedere in più modi un’impronta iraniana in questa paura mescolata ad ansia del ministro Gantz che ormai sospetta che Shabak sia stato infiltrata dalle “spie dell’IR”.
Nel suo numero del 10 luglio, Haaretz peraltro fa eco alla sempre più diffusa sfiducia che il caso di “pirateria” di dati riservati dal portatile del Ministero della Guerra ha creato all’interno dell’apparato politico e militare israeliani: il numero di esercitazioni militari a venire, la loro posizione, la loro natura, le armi da utilizzare, anche i progetti di “difesa” da attuare sul fronte nord e sul fronte sud e tutto questo in previsione di un “grande confronto con l’Iran” che “assetato di vendetta” attende il suo momento per rispondere all’affare Natanz, ecco tutto quello che se ne è andato per sempre dal portatile di Gantz curiosamente collegato al quartier generale dell’esercito sionista.
“L’onda d’urto di questa storia – di cui alcuni elementi non possono ancora essere pubblicati a causa delle restrizioni della censura – si fa ancora sentire nei corridoi del potere. E’ uno dei motivi della tensione e della sfiducia tra il Primo Ministro, il Ministro della Difesa (degli Affari militari) e i capi dei servizi segreti… La pirateria iraniana è diventata un’arma importante.” Rivela Haaretz tra l’ altro.
E se la faccenda non finisse qui! Questa settimana, un altro alto ufficiale sionista, il capo dello stato maggiore ha avuto paura per la sua vita quando, lasciata la Knesset a bordo di un Black Hawk made in USA, è quasi morto, schiantato al suolo dai suoi piloti, se si crede alla versione divulgata dai media. Troppo assorbito dalle proteste anti-governative, anti-disoccupazione e anti-crisi di sicurezza nelle strade di Tel Aviv, questa settimana, nessun editorialista sionista si è interessato a questo “incidente”.
Eppure ce n’era di che: “L’elicottero ha funzionato male, improvvisamente si è bloccato, riporta il Canale 12 israeliano. Secondo il servizio, il malfunzionamento si è verificato immediatamente dopo il decollo dell’elicottero Black Hawk, eppure un elicottero d’assalto di combattimento, ripetutamente controllato prima del volo soprattutto quando ha a bordo un capo dello stato maggiore che recentemente ha messo in guardia contro le capacità militari dell’Iran, sostenendo che nonostante la distanza fisica, la Repubblica islamica può “rappresentare una minaccia lungo i confini di Israele”: “L’Iran è diventato il paese più pericoloso del Medio Oriente. Ha compiuto progressi significativi nel suo programma nucleare, ma la minaccia nucleare non è più l’unica minaccia. L’Iran ha anche armi convenzionali”, ha dichiarato ai nuovi comandanti dell’esercito sionista.
La storia riportata dai media sionisti spiega come i due piloti abbiano salvato Kochavi all’ultimo minuto da morte certa, eppure c’è qualcosa che non torna: “I piloti dell’elicottero hanno effettuato una sorta di esercizio per scambiare il carico tra i motori, ma hanno accidentalmente spento i due motori, causando una caduta costante del velivolo. I piloti sono riusciti a riattivare con successo il motore appropriato quando l’elicottero era a soli 30 metri dal suolo” …
È al limite per un regime che pretende di essere in grado di “paralizzare” il nucleare iraniano, di far saltare “in modo irreversibile” le unità di arricchimento dell’uranio iraniane o i silos missilistici iraniani sotterranei sepolti a chilometri di profondità e circondato da misure di sicurezza ultra draconiane. Venerdì, il quotidiano americano The New York Times si è preso il lusso di dire che la strategia americano-israeliana nei confronti dell’Iran (che ha visibilmente castrato allo stesso tempo la massima pressione degli Stati Uniti e la campagna di guerra nella guerra di Israele) si sta muovendo verso una serie di attacchi clandestini di breve durata contro i siti nucleari e la liquidazione mirata dei più eminenti generali del Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica.
Tutto porta a credere che la lezione sia difficile da imparare dall’asse USA / Israele oppure che siano completalmente sconvolti: anche la morte del grande generale Soleimani non ha cambiata in alcun modo la strategia iraniana. Dimostrazione: da mercoledì, Israele è sottosopra all’idea di vedere la sua flotta da combattimento aereo colpita come mosche dai missili antiaerei della DCA made in Iran… Kochavi aveva ragione: la Resistenza è troppo vicina a ‘Israele.
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org