L’emergere del confessionalismo risale alle rivalità tra cristiani e drusi emersa a metà del XIX secolo, risultato dell’allineamento politico all’affiliazione religiosa e con le rivalità tra Francia e Regno Unito.
Fonte: Version française
Juliette Paquier – 13 luglio 2020
Immagine di copertina di © Hélène Aldeguer, 2020
Il movimento di protesta che il Libano sta vivendo dall’ottobre 2019 ha portato a una crisi politica ed economica di cui non si vede la fine. Tra le richieste dei manifestanti, c’è quella di porre fine al “sistema confessionale ” del Paese.
Il confessionalismo è l’istituzionalizzazione di diverse comunità religiose e la loro rappresentazione negli organi politici. Si manifesta anche nella gestione settaria e personale dello Stato, in contraddizione con il principio di uguaglianza. L’appartenenza alla confessione è anche registrata sulla carta d’identità di ogni libanese.
Una terra di confronto franco – britannico
L’emergere del confessionalismo risale alle rivalità tra cristiani e drusi emersa a metà del XIX secolo, risultato dell’allineamento politico all’affiliazione religiosa e con le rivalità tra Francia e Regno Unito. Dopo i grandi massacri tra le due comunità (1840-1860), nel 1860 i due Paesi intervennero per “ristabilire l’ordine”. Istituirono quindi una prima forma di confessionalismo politico con l’istituzione del regime Mutasarrifiyya nel 1861. Questo regime offriva ai rappresentanti delle sei comunità del Monte Libano in seno al Consiglio amministrativo al governo un numero di seggi in base al loro numero e al loro peso. Rimarrà in vigore fino allo scoppio della prima guerra mondiale.
Nel 1920, la Francia mandataria proclama lo Stato del Grande Libano. Viene presentato inizialmente come risposta alle rivendicazioni di uno Stato cristiano per i maroniti e consente a Parigi di perpetuare la sua influenza nella regione. Il sistema politico confessionale fu rafforzato, durante il periodo del Mandato (1920-1943), da una Costituzione che riconosceva l’esistenza delle diverse comunità religiose, stabiliva la loro rappresentanza nelle istituzioni pubbliche e ampliava i poteri del Presidente e della comunità maronita.
L’ Indipendenza e il Patto Nazionale del 1943
Nel novembre del 1943, il Paese ottenne l’indipendenza in un contesto di tensioni tra i sostenitori maroniti del mantenimento dell’influenza occidentale e i sostenitori sunniti dell’annessione territoriale con la Siria. Un accordo fu siglato dal presidente maronita Béchara Al-Khoury e dal primo ministro sunnita Riyad Al-Solh, con il titolo di “Patto nazionale”. Con esso si affermava la “completa e compiuta indipendenza del Libano, senza ricorrere alla protezione dell’Occidente, né all’unità o alla federazione con altri Paesi dell’Oriente”.
A margine di questo patto e con il fine di stabilire un equilibrio politico tra le comunità confessionali, venne anche formulato l’accordo non scritto di distribuire le cariche dello Stato tra le tre comunità più numerose: la presidenza ai maroniti, la carica di Primo Ministro ai sunniti e la presidenza dell’Assemblea agli sciiti,. Michel Chiha, uno dei padri del regime confessionale libanese, vide in esso “una sorta di federalismo comunitario”, erigendo il Libano a un “Paese di minoranze confessionali associate”.
Questo sistema è stato messo in discussione dai manifestanti che sono scesi in piazza in tutto il Paese. Lo vedono come un ostacolo al corretto funzionamento delle istituzioni e una delle principali cause della corruzione che mina il Paese. Alcuni continuano comunque a vedere in esso il minimo comune denominatore che consente al paese multi-religioso di sperimentare una certa “unità”, perché senza una distribuzione confessionale del potere politico, il sistema di governo libanese, descritto da Michel Chiha come “l’espressione di una democrazia […], il luogo di incontro delle comunità confessionali associate ”, rischierebbe di frammentare e dividere il Paese in base alla posizione territoriale delle comunità stesse.
Juliette Paquier Laureata al Master in Storia del mondo arabo e musulmano all’Università della Sorbona e studentessa all’École supérieure de journalisme (ESJ) di Lille.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org