Le immagini di donne chiaramente musulmane nelle notizie sulla pandemia stanno contribuendo a rinforzare stereotipi negativi
Fonte:English Version
Fatima Rajina – 9 agosto 2020
Immagine di copertina: Una donna irachena cammina per un mercato di Bassora (AFP)
Mentre i musulmani in Gran Bretagna si stavano preparando a celebrare l’Eid al-Adha, alla fine del mese scorso, nel nord del Paese la situazione cambiò improvvisamente, con il governo che in un certo numero di aree annunciò all’ultimo minuto il divieto di raduni al chiuso.
Le persone hanno avuto solo poche ore di preavviso per essere informate su queste nuove regole. Per molti musulmani, questo ha significato riorganizzare i piani, anche per i viaggi. Ciò che ha sconcertato molti è stato il fatto che, sebbene non si potessero incontrare i familiari in casa, ci si potesse incontrare nei ristoranti o nei pub.
Tendenza preoccupante
Quello che più mi ha colpito di queste regole, comunicate alle persone tramite Twitter appena poche ore prima dell’applicazione, è stata la loro copertura mediatica. Sono stata incuriosita da come importanti testate giornalistiche hanno presentato le nuove restrizioni, e soprattutto dalle immagini che hanno usato.
La maggior parte delle immagini mostrava donne visibilmente musulmane in hijab e jilbab. Alcune raffiguravano donne dell’Asia meridionale in sari e shalwar kameez.
I corpi delle donne musulmane sono diventati terreno di scontro politico. Le loro scelte estetiche le rendono ipervisibili, ma allo stesso tempo invisibili.
Perché è importante prestare attenzione alle immagini utilizzate? Quando negli articoli si parla negativamente di alcune aree del Regno Unito ove si nota un aumento dei casi di coronavirus, è preoccupante che, ancora una volta, si vedano immagini di minoranze etniche, in particolare di musulmani. Vari studi hanno già dimostrato come la copertura mediatica dei musulmani, in particolare dei musulmani visibili, contribuisca alla formazione di stereotipi negativi.
Le immagini utilizzate, rappresentanti musulmani, e la tempistica delle restrizioni hanno incoraggiato l’idea che i musulmani siano dei super-diffusori, nonostante non ci sia nessuna prova di ciò. Sebbene la comunità musulmana rappresenti il quattro per cento della popolazione del Regno Unito, sembra che sia quella che debba maggiormente sopportare il peso dei fallimenti dello Stato.
Oscillando su di un pendolo
Ma quello che ho trovato particolarmente significativo è come le immagini siano per lo più quelle di donne. Questo getta luce su molte cose.
Storicamente, le donne musulmane sono state concepite come passive, oppresse dagli uomini e bisognose di essere salvate, eppure per il tessuto sociale della società rappresentano ancora una minaccia. L’ex First Lady Laura Bush ha persino sostenuto che l’invasione dell’Afghanistan era necessaria per la liberazione delle donne afghane.
I corpi delle donne musulmane sono diventati terreno di scontro politico. Le loro scelte estetiche le rendono ipervisibili, ma allo stesso tempo invisibili. Oscillano in continuazione in un pendolo tra il pericoloso e il passivo.
La donna musulmana è utilizzata come arma, sempre ritratta potenzialmente capace di causare una rottura. Il suo corpo suscita ansia, nonostante sia ai margini della società.
Quando i siti di notizie diffondono queste immagini, queste non fanno che aumentare le ansie già presenti in riferimento ai musulmani. Abilitano e facilitano l’idea che i musulmani causino sempre problemi, senza sapere quale sia il loro posto. Il corpo delle donne musulmane, in particolare, è usato come strumento di gestione sociale. È oppresso, ma attira lo sguardo di chi è desideroso di usarlo.
Incolpare l ‘”altro”
Un articolo del Guardian sul divieto di riunioni al chiuso utilizzava l’immagine di una donna dell’Asia meridionale in uno shalwar kameez, sebbene la sua religione non fosse chiara. L’uso di minoranze etniche in tali immagini è ipocrita. Queste stesse comunità sono colpite dal Covid-19 più di altre poichè devono affrontano barriere più significative per proteggersi, a causa del razzismo e della discriminazione.
È più facile dare la colpa a chi ha meno potere nella società, perché questo solleva il governo dalle sue responsabilità
Perché l ‘”altro” è diventato l’immagine più convincente da usare? Se ci fosse una storia di immagini di musulmani e di minoranze etniche utilizzate in una luce positiva, avrei potuto vedere queste fotografie in modo diverso. Ma non è così.
Le immagini hanno un significato. L’attenzione sproporzionata alle comunità minoritarie, compresi i musulmani, fa parte di una lunga tradizione di capri espiatori da parte delle comunità “altre”. È più facile attribuire la colpa a chi ha minor potere nella società, perché questo assolve il governo dalle sue responsabilità e maschera i suoi fallimenti.
Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.
La dott.ssa Fatima Rajina è un’accademica specializzata in questioni relative all’identità, alla razza, ai musulmani britannici e al postcolonialismo.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org