Mentre alcuni possono vedere il gesto di Israele come un atto di magnanimità, che mostra solidarietà con un paese nemico, è difficile trovare le parole per esprimere quanto sia disgustoso e cinico.
Di Miko Peled – 17 Agosto 2020
Le parole non possono descrivere adeguatamente l’orrore di Beirut. Sia che questa enorme esplosione fosse il risultato di negligenza sconsiderata, stupidità, un atto di terrorismo, o una combinazione di tutto questo, è stato terribile. Mentre gli abitanti di Beirut raccogono i pezzi, i nostri pensieri e i nostri cuori gli sono vicini. Infatti, espressioni di affetto e solidarietà si possono trovare sui social media da persone di tutto il mondo.
Una di queste espressioni di solidarietà, tuttavia, è rivoltante. Il comune di Tel Aviv ha illuminato l’edificio che ospita il municipio con i colori della bandiera libanese. E mentre alcuni possono vedere questo come un atto di magnanimità, in segno di solidarietà con un paese nemico, è difficile trovare le parole per esprimere quanto sia disgustoso e cinico.
La città di Tel Aviv giace sulle ceneri di città, villaggi e case palestinesi, e gli abitanti di alcuni di questi luoghi distrutti sono finiti come rifugiati in Libano. Tel Aviv non ha mai mostrato alcun rimorso o assunto responsabilità per questo crimine. Tel Aviv non ha mai mostrato solidarietà al popolo di Beirut durante gli innumerevoli assalti israeliani che per decenni hanno inflitto sofferenze incommensurabili al popolo libanese e in particolare a Beirut. Ora all’improvviso, poiché la devastazione non è stata apparentemente causata da Israele, qualcuno sente il bisogno di esprimere solidarietà. Ma fatemi il piacere!
Una manipolazione cinica
In reazione a questo “gesto” della città di Tel Aviv, il mio amico palestinese Umar Al-Ghubari ha pubblicato un post su Facebook, scrivendo che : “Per la “Città Bianca”, illuminare il municipio con la bandiera libanese è stata una cinica manipolazione del dolore libanese”.
Tel Aviv è conosciuta anche come “La Città Bianca”, e il suo sindaco, Ron Huldai, è un ex pilota di caccia dell’aeronautica israeliana e un generale in pensione dell’esercito. È tra i criminali di guerra che nel corso degli anni ha seminato morte e distruzione in Libano.
Inoltre, il municipio di Tel Aviv si trova di fronte a piazza Rabin, che prende il nome da Yitzhak Rabin, l’ex capo dell’esercito israeliano, ministro della difesa e primo ministro. Come ufficiale e comandante, nel 1948 Rabin ha svolto un ruolo importante nell’esilio forzato dei palestinesi, molti dei quali si sono rifugiati in Libano.
È molto probabile che i figli di quei palestinesi, sfollati ed espulsi da Rabin, fossero tra le vittime dell’esplosione di Beirut. Rabin fu coinvolto anche nel brutale assedio israeliano e nel bombardamento di Beirut.
Umar ha continuato definendo Israele: “il molestatore seriale del Libano”, e ricorda la distruzione dei villaggi del Libano meridionale nel 1948 e i successivi massacri da parte delle milizie sioniste. Cita specificamente il massacro del villaggio di Hula.
Ambizioni territoriali in Libano
Gli attacchi israeliani sul Libano iniziarono molto presto. Avendo ambizioni territoriali nel sud del Libano, le unità della milizia sionista iniziarono ad attaccare e distruggere i villaggi libanesi già nel 1948. In un caso, il villaggio libanese di Hula fu conquistato senza neppure combattere e la maggior parte degli abitanti fuggì. Alcuni uomini rimasti, tra i 35 e i 50 secondo alcuni resoconti, furono rinchiusi in una casa e trucidati dalla milizia sionista. Facendo poi saltare in aria la casa seppellendo i corpi sotto le macerie. Questo, secondo le documentazioni, non è stato il peggior massacro commesso dalla milizia sionista in Libano all’epoca.
Il comandante dell’unità che ha compiuto il massacro di Hula, Shmuel Lahis, è stato processato. È stato giudicato per omicidio e condannato a sette anni di prigione. Quella sentenza è stata ridotta a un anno dopo che il Presidente di Israele gli concesse la grazia in seguito ad un ricorso in appello. Ha proseguito gli studi in giurisprudenza e successivamente è stato nominato alla prestigiosa posizione di capo dell’Agenzia Ebraica.
Ulteriori attacchi contro il Libano da parte dell’aviazione, della marina, dei commando e dell’esercito israeliani sono continuati nel corso dei decenni. Israele non ha mai avuto remore nel massacrare civili libanesi e infliggere enormi danni strutturali al Libano. L’invasione israeliana del 1982, seguita da un’occupazione ventennale, costò innumerevoli vite, sia libanesi che palestinesi, macchiandosi anche dei massacri nei campi profughi di Sabra e Shatila.
Durante il suo feroce assalto del 2006 al Libano meridionale, Israele generò un milione di profughi e sfollati, oltre ad attaccare nuovamente il villaggio di Hula.
La Nakba
La Nakba, la catastrofe che Israele ha inflitto alla Palestina a partire dal 1948, ha indotto centinaia di migliaia di profughi palestinesi a rifugiarsi in Libano. Il nuovo stato di Israele ha reso loro impossibile tornare e ha confiscato le loro terre e proprietà. La politica israeliana di pulizia etnica ha creato un’enorme popolazione di rifugiati impoveriti che hanno dovuto fare affidamento sugli aiuti e lo fanno ancora oggi. Non c’è dubbio che i discendenti di quei profughi siano stati uccisi e feriti dall’esplosione.
È indubbio che i palestinesi abbiano dato enormi contributi ai paesi in cui hanno trovato rifugio. Tuttavia, il fatto che innumerevoli nuovi palestinesi sfollati abbiano dovuto cercare rifugio in Libano e che Israele stia impedendo loro il ritorno in patria, ha creato un enorme fardello per il piccolo paese del Libano. Inoltre, il forte sostegno di Israele alle milizie delle minoranze cristiane estremiste libanesi ha contribuito alla destabilizzazione di un Paese che era già politicamente fragile.
Una tragedia in corso
Il giornalista israeliano Orly Noy, scrive sulla pubblicazione ebraica progressista Mekomit, che: “anche se Israele non è direttamente coinvolto nell’attuale disastro, è il maggior contributo alla sanguinosa destabilizzazione che affligge il suo vicino a nord”. Noy asserisce che se il comune di Tel Aviv avesse mostrato la stessa solidarietà con il Libano ogni volta che Israele lo aveva attaccato, “Allora mostrare la bandiera libanese avrebbe avuto un significato diverso.”
Continua dicendo che: “se il comune alzasse le bandiere nere ogni volta che Israele massacra la popolazione civile a Gaza, allora la dimostrazione di solidarietà avrebbe avuto un significato reale”.
Tuttavia, non è così. Tel Aviv, come il resto della società israeliana, sostiene in generale gli attacchi sanguinosi di Israele contro il Libano e il massacro dei palestinesi. Non dovrebbe quindi sorprendere che questo “gesto” di Tel Aviv non sia stato accolto calorosamente.
La solidarietà degli aggressori non è la benvenuta
Il mio amico Umar conclude il suo post scrivendo: “Il Libano non vuole solidarietà dai suoi distruttori e abusatori”. Aggiungendo, quello che è stato dimostrato, è che Beirut non vuole né compassione né aiuto da Israele.
Miko Peled è un autore e attivista per i diritti umani nato a Gerusalemme. È l’autore di “Il figlio del generale: Viaggio di un israeliano in Palestina” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five“.
Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org