La Cina sta cambiando la strategia petrolifera in Medio Oriente

Gli acquisti di petrolio avevano permesso a Pechino di stabilire una sua sfera di influenza in Medio Oriente, ma il Covid-19 ha ribaltato questa un tempo promettente strategia.

Fonte: English Version

Austin Bodetti – 20 agosto 2020

Immagine di copertina: La Cina è il più grande importatore mondiale di greggio. [Getty]

Mentre gli Stati Uniti hanno stabilito la loro sfera di influenza in Medio Oriente attraverso partenariati diplomatici e alleanze militari, la Cina ha sottoscritto un approccio diverso, utilizzando  le sue impressionanti risorse finanziarie.

La potenza dell’Asia orientale, il più grande importatore mondiale di petrolio greggio, ha acquistato petrolio da Stati arabi grandi e piccoli. Questa relazione ha permesso alla Cina di stringere legami economici con i Paesi di questa regione strategica senza però farsi coinvolgere nei loro affari interni.

La diffusione del Covid-19, tuttavia, ha ribaltato  questa un tempo promettente strategia. Poiché sulla scia della pandemia il turismo è precipitato, il fabbisogno cinese di combustibili fossili è diminuito.

Per gran parte della primavera, le autorità cinesi hanno bloccato una serie di voli internazionali per cercare  di impedire al coronavirus di  diffondersi attraverso i confini del Paese dell’Asia orientale e i viaggi da e verso la Cina rimangono ancora ben al di sotto dei livelli pre-pandemici.

Il rallentamento a breve termine dell’economia cinese, risultato dei blocchi nel Paese, ha anche diminuito la necessità di petrolio dall’estero.

Mentre le imprese cinesi hanno continuato a importare grandi quantità di petrolio dall’Arabia Saudita e da altre superpotenze energetiche per far ripartire l’economia, il crollo del prezzo del petrolio  dovuto al calo della domanda ha lasciato gli esportatori del Medio Oriente in gravi difficoltà.

 Data la presenza minima dell’esercito cinese in Medio Oriente, l’acquisto di petrolio aveva offerto a Pechino un percorso più logico nel suo intento di stabilire una sfera di influenza nella regione

Ad aprile, il costo del petrolio negli Stati Uniti è sceso sotto lo zero dollari, il che significa che i venditori hanno dovuto pagare i loro clienti per acquistarlo. A luglio, il Fondo Monetario Internazionale aveva previsto che l’industria energetica in Medio Oriente avrebbe perso 270 miliardi di dollari di entrate.

La Cina a breve termine potrebbe risparmiare denaro sui combustibili fossili, ma i legami della potenza dell’Asia orientale con un certo numero di superpotenze energetiche arabe a lungo termine potrebbero risentirne. Nel 2018, la Cina ha importato più petrolio dal Kuwait, dall’Oman e dall’Arabia Saudita rispetto a qualsiasi altro Paese, e gli acquirenti cinesi hanno anche concluso affari significativi con il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti. Questi Paesi hanno beneficiato di un cliente affidabile, mentre la Cina ha preso piede nel Golfo Persico.

Oggi anche i Paesi arabi più ricchi stanno subendo gli effetti del calo degli acquisti cinesi. L’Oman, un sultanato che una volta utilizzava i proventi dell’industria energetica per finanziare un vasto stato sociale, potrebbe ora dover  chiedere un piano di salvataggio ai suoi vicini a causa delle conseguenze economiche del coronavirus.

I progetti congiunti che la Cina ha utilizzato  per espandere la sua sfera di influenza in Medio Oriente, come ad esempio una zona  industriale da lei  finanziata nella città omanita di Duqm, potrebbero fallire in mezzo al più ampio declino delle partnership economiche cinesi in tutta la regione.

L’impatto di un calo della domanda dalla Cina si riverserà oltre il Golfo. Nel 2018, la Cina si è distinta come il più grande acquirente di petrolio dello Yemen e il secondo importatore di petrolio dall’Iraq e dalla Libia.

Mentre l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e altre superpotenze energetiche  hanno fatto affidamento sulle loro esportazioni per costruire una riserva finanziaria che li aiuterà a superare la pandemia, i ricorrenti cicli di violenza politica hanno impedito a Iraq, Libia e Yemen di fare lo stesso.

Come consumatore di combustibili fossili, la Cina potrebbe anche fare a meno di Iraq, Libia e Yemen: la seconda economia mondiale può sempre cercare petrolio altrove. In quanto grande potenza, tuttavia, la Cina ha guardato al commercio internazionale come un modo per rappresentare i propri interessi nei teatri geopolitici che Iran, Russia, Stati Uniti e i Paesi ben dotati di risorse del Golfo hanno a lungo dominato.

 La Cina ha fondato la sua politica estera sul non-interventismo, con pochi Paesi arabi che si oppongono alla sua espansione economica

Data la presenza minima dell’esercito cinese in Medio Oriente, l’acquisto di petrolio aveva offerto a Pechino un percorso più logico nel suo intento di stabilire una sfera di influenza nella regione.

Tuttavia un ritiro economico cinese dal mondo arabo potrebbe rappresentare un’opportunità per altri Paesi asiatici interessati a sviluppare la loro presenza in Medio Oriente.

L’India ha già fatto alcuni passi in questa direzione. I funzionari indiani si sono concentrati sugli Emirati Arabi Uniti, che commerciano con l’India per 60 miliardi di dollari all’anno. Anche il Giappone e la Corea del Sud, rivali dei cinesi e maggiori importatori di petrolio dal Medio Oriente, potrebbero esercitare  la loro influenza in questo Paese.

La Cina gode ancora di un grande vantaggio rispetto ai suoi concorrenti asiatici e occidentali. I funzionari cinesi hanno fondato la loro politica estera sul non-interventismo: si astengono dal criticare le azioni di altri Paesi fintanto che questi Stati si comportano nello stesso modo con la Cina. Il comportamento cinese verso l’Arabia Saudita ci fornisce l’esempio più noto.

A differenza degli Stati Uniti, la Cina ha evitato di condannare la sanguinosa campagna saudita in Yemen. L’Arabia Saudita, a sua volta, ha mostrato il suo apprezzamento lodando l’internamento da parte della Cina di un milione di musulmani uiguri.

Gli interventi diplomatici e militari della Russia e degli Stati Uniti in Medio Oriente hanno permesso a entrambi i Paesi di guadagnare influenza nella regione, ma queste avventure hanno anche portato molti nemici ai funzionari americani e russi. La Cina, invece, ha scoperto che sono pochi i Paesi arabi che si oppongono alla sua espansione economica.

Questa strategia nella politica estera potrebbe consentire alla Cina di resistere all’effetto del coronavirus, mantenendo i suoi partenariati nel mondo arabo.

 

Austin Bodetti studia l’intersezione tra Islam, cultura e politica in Africa e in Asia. Ha condotto ricerche sul campo in Bosnia, Indonesia, Iraq, Myanmar, Nicaragua, Oman, Sud Sudan, Thailandia e Uganda. Le sue ricerche sono apparse su The Daily Beast, USA Today, Vox e Wired

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni speciso, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org

 

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