Nel primo anniversario della rivolta libanese di ottobre, The New Arab parla agli artisti che hanno usato il loro talento per amplificare le voci sul campo.
Fonte: English Version
Sarah Khalil – 16 Ottobre 2020
Immagine di copertina: Gli artisti libanesi hanno iniziato a prestare la loro arte per amplificare le voci delle proteste. [Getty]
In quel giorno di ottobre, mentre nuvole di pioggia proiettavano ombre sulla capitale del Libano, Tamara Nasr stava tornando a casa dopo una lunga giornata di proteste nel centro di Beirut.
Mentre saliva le scale appena fuori da piazza Riad El-Solh, un pensiero la colpì. “Dove stiamo andando?” si chiese, esprimendo a parole una preoccupazione avvertita da molti dei manifestanti che avevano riempito le strade del Libano e che si chiedevano tutti dove fosse il futuro del loro Paese.
Alla fine dell’ottobre 2019, i cittadini libanesi scesero in piazza in una protesta civile. Avendo a lungo affrontato cupe prospettive di disoccupazione e povertà, e infuriati per un crollo dell’economia catalizzato da cattiva gestione e corruzione, riempirono le piazze di Beirut e di altre città a migliaia.
Mentre i manifestanti si scontravano con i servizi di sicurezza e la classe dirigente del paese cercava di smorzare la rabbia sia con banali dichiarazioni che con la violenza, una serie di striscioni e di murales apparve agli angoli delle strade e sugli edifici, e le piattaforme dei social media vennero inondate da fotografie e disegni, mentre gli artisti libanesi iniziarono a mettere a disposizione il loro talento per amplificare le voci delle proteste.
Tamara è stata una dei tanti artisti libanesi che lo hanno fatto. Ripensando al primo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, ricorda come si avvicinò alla sua tela per cercare di catturare le emozioni che pervadevano le strade in quel momento.
“Fin dall’inizio delle proteste del 17 ottobre, l’arte si è affermata come strumento di cambiamento sociale”, racconta Tamara a The New Arab. “Poiché le persone osavano urlare per strada pensieri che non avevano mai osato esprimere ad alta voce, l’arte in tutte le sue forme è diventata un mezzo per ritrarre una rabbia e un orgoglio impossibili da esprimere attraverso le parole o i canti.
“La rivoluzione consisteva nell’abbattere tutti i muri e nel rifiutarsi di accettare silenziosamente, per paura, l’incompetenza. Gli artisti dovevano spogliarsi della paura, usare il loro lavoro come una dichiarazione della presenza dei manifestanti e della loro determinazione a non indietreggiare “.
‘Dove stiamo andando?’
Le proteste di ottobre , con oltre 2,5 milioni di persone – metà della popolazione libanese – scesa in piazza, fermarono il Paese.
“Le strade bloccate. Le istituzioni chiuse. Le banche chiuse. Dovetti fare i conti con il fatto che avevo paura; paura di dove tutto ciò avrebbe portato “, ricorda Tamara.
“Come artista che ha continuato a lavorare durante la rivoluzione, ho sempre sentito la pressione di dover esprimere la bellezza delle proteste, l’entusiasmo; la speranza per un futuro migliore”, dice Tamara. “Questo era il messaggio diffuso in tutti i media per tenere alto il morale della gente. Ma in quel momento, non mi sentivo forte, né gloriosa”.
Il disegno di Tamar intitolato “Dove stiamo andando?” riflette quanto si sentisse impotente in quel piovoso giorno di ottobre, quando si chiese dove fosse diretto il Paese.
“Sentii il bisogno di condividere la mia vulnerabilità e la mia insicurezza di fronte a ciò che stava per accadere, ma anche di incoraggiare lo spettatore a riflettere sulle proprie azioni dall’inizio della rivolta e pensare a ciò che realmente stavano chiedendo quando riempivano le piazze per far sentire la loro voce “.
Un raro spettacolo di unità
In un Paese definito da divisioni settarie, in cui ogni gruppo riconoscibile sventola la propria bandiera, il mare di giovani che sventolavano bandiere libanesi era uno spettacolo raro. Per l’artista Alexandra Helou, è stato questo straordinario spettacolo che le ha dato la speranza di un futuro migliore.
“Vedere libanesi di tutte le generazioni, background e religioni combattere per un futuro migliore mi ha dato una grande speranza, perché dimostra che hanno smesso di pensare in modo settario”, dice a The New Arab.
“Il settarismo è ciò che ha portato il Paese al suo stato attuale, ed è rompendo quei muri artificiali costruiti da avidi politici, e lavorando per un obiettivo unificato, che i libanesi potranno ricostruire questo Paese”.
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L’illustrazione di Alexandra, intitolata “Uni (ca) ted”, è una versione della famosa barretta di wafer al cioccolato libanese Unica. Per lei, è un simbolo della rivoluzione del 2019, che ritrae insieme solidarietà e unità di fronte alla classe politica corrotta.
“L’arte in tutte le sue forme ha svolto un ruolo essenziale nel rappresentare i pensieri e i sentimenti delle persone in modo facilmente comprensibile e condivisibile sia per le strade che attraverso i social media”, afferma.
“È stata usata come segno di resistenza all’oligarchia politica libanese: prendendo in giro leader politici precedentemente intoccabili, ha liberato i pensieri delle persone e la libertà di parola nel chiamarli fuori”.
La rivoluzione ha anche dato ottimismo a una generazione che ha conosciuto soprattutto lotte, disoccupazione e frustrazione. Una seconda illustrazione di Alexandra, intitolata “Salute mentale e rivoluzione”, riflette come la rivolta di ottobre abbia dato speranza di migliorare le relazioni sociali ai giovani che soffrivano di ansia e depressione.
“La solidarietà e la fede in un futuro migliore possono essere superiori ai farmaci che sono spesso facilmente prescritti e ti rendono altamente dipendente senza curare la causa principale”, dice Alexandra.
La rivoluzione sulla punta di un pennello
La rivolta di ottobre ha visto anche un’esplosione di murales di protesta apparsi sui muri di spazi pubblici e piazze. I murales di Roula Abdo sono diventati particolarmente famosi, esprimendo la determinazione dei manifestanti libanesi a portare avanti la loro rivoluzione fino alla fine.
Intitolato “We Shall Pass”, il murale rappresenta un paio di mani che forzano l’apertura delle barriere erette dalle autorità attorno al Parlamento per tenere lontani i manifestanti.
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“Dipinsi questo murale a gennaio, pochi giorni dopo che le nuove barriere erano stati erette nel centro di Beirut per chiudere tutti gli ingressi che conducono a Piazza Nejmeh”, dice Roula a The New Arab.
“Quello che volevo mostrare attraverso questo particolare murale, è che non importa quanto siano alti i muri che costruiscono per bloccarci, il bene prevarrà sempre e noi passeremo.”
Come molti altri Paesi della regione, la crisi del coronavirus ha colpito duramente il Libano. Il sistema sanitario, già sotto pressione, è stato sottoposto a una tensione senza precedenti e i ripetuti lockdown istituiti per arginare il contagio hanno ulteriormente paralizzato l’economia.
Per i manifestanti, i lockdown imposti dallo stato hanno portato a una dispersione piuttosto ampia, con la maggioranza che ha rispettato l’ordine di restare in casa, assumendosi la responsabilità civica di proteggere gli altri.
Di conseguenza mantenere vivo lo spirito della protesta è diventata una preoccupazione per molti manifestanti. Per Roula, l’artista arriva a svolgere un ruolo speciale nel movimento di protesta, soprattutto nel mantenere alto il morale.
“Ho dipinto murales per la rivoluzione da quando è scoppiata la protesta, e credo che l’arte del dissenso stia giocando un ruolo significativo in questa rivoluzione, mantenendo le persone motivate, dando loro speranza e ricordando loro perché sono scese in piazza.”
L’esclusivo sistema libanese di governo settario è stato a lungo un problema per i cittadini del paese, che vedono il radicamento dei partiti politici lungo linee religiose come una foglia di fico per gran parte della corruzione nel governo.
Allo stesso tempo, le alleanze di diversi partiti politici e di gruppi religiosi con i poteri regionali – dall’Arabia Saudita agli Stati Uniti, dalla Francia e all’Iran – spesso suscitano critiche da parte di rappresentanti di tutte le parti, secondo i quali “l’altro” sta solo alimentando l’interesse della loro ” grande potenza” sponsor.
Dall’inizio delle proteste fino ad oggi, una delle principali sfide che i manifestanti hanno dovuto affrontare sono state le accuse – provenienti da diverse parti dello spettro politico – che il loro movimento fosse motivato a favorire un gruppo anziché un altro. Le accuse più comuni affermavano che il movimento di protesta in generale fosse stato manovrato da “mani straniere”.
Con un dialogo genuino, una caratteristica spesso assente nel discorso politico, Roula dice a The New Arab che l’arte può svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere la discussione.
“Le istanze che ho riportato sui muri riflettono non solo le mie opinioni e le mie richieste personali, ma in realtà sono anche un riflesso dei pensieri delle persone che hanno continuato a manifestare nelle strade”, dice.
“E poiché credo che spesso le dichiarazioni visive abbiano un impatto maggiore dei discorsi e delle parole, queste opere d’arte hanno lo scopo di provocare un dialogo, stimolare una conversazione e far riflettere le persone sullo stato in cui ci troviamo.
“L’arte gioca un ruolo centrale nella rivoluzione. In tutte le rivoluzioni nel mondo, troverai un’arte di protesta che attraverso la street art rappresenta le esigenze visive delle persone e le dichiarazioni dei manifestanti, dice.
“Diventa un altro aspetto della rivoluzione, il che dimostra che la rivoluzione è pensiero e creatività”.
Sarah Khalil è una giornalista di The New Arab.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo,contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org