“Mi ha afferrato per i capelli e mi ha versato l’acido sul volto , ridendo “, Al-Anoud Hussain Sheryan, sposa bambina e vittima della violenza di genere nello Yemen.
Fonte: english version
Muna Saeed – 5 marzo 2021
Abusata dal marito per anni, Al-Anoud, teme per la sua incolumità e sicurezza e decide coraggiosamente di lasciare quella vita miserabile, ma il marito la segue e la sfigura con l’acido.
In quanto stato arabo-musulmano basato sulla legge della Sharia, lo Yemen non ha una legge progettata specificamente per proteggere le donne dalla violenza di genere (Human Rights Watch, 2015). In effetti, l’articolo 40 della legge sullo status personale, così come rivisto nel 1998, richiede che una donna obbedisca al marito. Queste leggi che governano il matrimonio derivano da versetti del Corano, dai quali è stata costruita l’esegesi secondo gli studiosi e il clero, androcentrici e patriarcali.
Sono cresciuta sapendo che gli uomini sono responsabili delle donne in tutti gli aspetti della vita. Credo che queste affermazioni misogine possano essere contestate e un modo sarebbe attraverso il femminismo islamico.
In Yemen, l’obbedienza significa una sola cosa: l’autorità dell’uomo sulla donna. È spesso giustificata dalla ferma convinzione della società nel concetto di “QIWAMAH”, che significa autorità maschile. Così nelle scuole, nelle moschee e in tutte le sfere sociali ci è stato insegnato che il Corano ha decretato l’autorità assoluta del marito su sua moglie. Così, sono cresciuta sapendo che gli uomini sono i responsabili delle donne in tutte le sfere della loro vita.
Credo che queste affermazioni misogine possano essere contestate e un modo sarebbe attraverso il femminismo islamico.
La prima volta che ho sentito parlare di femminismo islamico è stato quando stavo facendo il mio master in studi interdisciplinari di genere in Libano. È una scuola di pensiero che contesta le leggi obsolete sulla famiglia attraverso la giurisprudenza islamica. Il suo obiettivo è decostruire il patriarcato religioso e incoraggiare le donne musulmane a lottare per la giustizia; identificando le disuguaglianze nelle loro interpretazioni patriarcali e proponendo quindi riforme che incarnano lo spirito dell’Islam, dove giustizia e uguaglianza sono inseparabili.
Per quanto controverso possa sembrare il nome di “femminismo islamico”, lo trovo liberatorio, specialmente per le donne musulmane che spesso lottano tra la loro identità musulmana e la loro fede nell’uguaglianza di genere.
Torniamo al concetto di “QIWAMAH” e dimentichiamo ciò che già sappiamo al riguardo.
L’obiettivo del femminismo islamico è decostruire il patriarcato religioso e incoraggiare le donne musulmane a lottare per la giustizia; identificare le disuguaglianze nelle loro interpretazioni patriarcali
Dal versetto coranico gli uomini sono i qawwamoon (protettori e manutentori) delle donne (Corano 4:34), si impara che solo gli uomini sono responsabili delle donne. Tuttavia, scavando in profondità nel messaggio del Corano e analizzando gli altri significati di QIWAMAH, il Corano menziona anche che sia gli uomini che le donne hanno la responsabilità morale di essere qawwamoon della società in generale e di garantire che la giustizia sia soddisfatta.
Secondo Asma Lamrabet, una nota femminista islamica marocchina, “QIWAMAH” ha due dimensioni: pubblica (qiwamah ammah) e privata (qiwammah khassa).
Un estratto dal libro “Men in charge? Rethinking Authority in Muslim Legal Tradition” (One World Publications, 2015):
O voi che credete! Kunu qawwamin [schieratevi fermamente] bilqisti [per la giustizia], come testimoni di Allah, anche contro voi stessi, i vostri genitori, o i vostri parenti, contro i ricchi o i poveri: perché Allah può proteggere entrambi. Non seguite le concupiscenze [dei vostri cuori], per timore di deviare, e se distorcete [la giustizia] o rifiutate di fare giustizia, in verità Allah conosce bene tutto ciò che fate. (4: 135) O voi che credete! Kunu qawwamin [schieratevi fermamente] lillahi shuhada ‘bilqisti [per Allah, come testimoni di un comportamento corretto], e non lasciate che l’odio degli altri verso di voi vi faccia deviare verso il torto e allontanarvi dalla giustizia. Siate giusti: questo è prossimo alla pietà,e temete Allah. Perché Allah conosce bene tutto ciò che fate. (5: 8) (P. 134, 135, 2015)
Qiwamah nella sfera pubblica
Lamrabet spiega che i versetti 4: 135 e 5: 8 richiedono che tutti gli uomini e le donne credenti siano fermi nell’attuazione della giustizia (kunu Qawamian bilqisti). Il Corano insiste su questo valore della giustizia poiché dimostra la necessità di una moralità che rispetti l’uguaglianza e l’umanità di tutti gli esseri.
È vero che ci è stato insegnato a essere giusti con gli altri, non importa chi siano, tuttavia, quando si tratta di esserlo con le donne, la nostra società si rifiuta di credere che questo sia ciò che intendeva il Corano. Ci sarebbe invece richiesto di obbedire ciecamente alla figura dell’uomo di casa, che si tratti di padre, fratello o marito. Anche se ho avuto il privilegio di crescere in una famiglia che rifiuta di accettare questa interpretazione, molte famiglie yemenite soffrono ancora delle conseguenze della definizione classica di Qiwamah. Tuttavia, Lamrabet spiega chiaramente che l’idea di Qiwamah nella sfera pubblica dovrebbe più o meno garantire che la giustizia sia applicata a tutto il genere umano.
Qiwamah nella sfera privata
Lamrabet spiega che il Qiwamah è stato dato all’uomo non a causa del suo sesso, ma solo in qualità di capofamiglia e supporto finanziario della famiglia. Ciò significa che se la funzione di mantenimento dovesse ricadere sulla moglie – come spesso accade nelle società moderne – sarebbe lei a esercitare il Qiwamah, quindi non è coinvolta l’esclusività maschile, né il sesso ha importanza a questo riguardo.
Sono molto d’accordo con Lamrabet, poiché credo che la sua interpretazione elimini concetti che sono stati travisati, come la superiorità degli uomini sulle donne.
In altre parole, Qiwamah non significa che gli uomini siano migliori delle donne. Qiwamah non significa che gli uomini hanno il diritto di picchiare le donne solo perché sono sposate con loro o, nel caso di Al-Anoud, di sfigurarle con l’acido. Qiwamah non significa cieca obbedienza all’uomo.
Il punto che sto cercando di sottolineare qui è che se l’uso della religione per giustificare tali atti gioca un ruolo importante nelle dinamiche tra uomini e donne musulmani nello Yemen, allora potrebbe anche essere possibile usare la religione per chiedere giustizia.
È sicuramente un momento in cui la nostra società ha bisogno di smettere di giustificare l’abuso. Un modo per iniziare sarebbe rivisitare questi versetti che in nome dell’Islam sono dati per scontati. Possiamo tentare di lottare per i diritti delle donne, in un contesto come lo Yemen, attraverso una reinterpretazione progressiva che vada di pari passo con le nostre realtà moderne.
La lotta per l’uguaglianza fa parte di una più ampia lotta per la giustizia sociale. Se vogliamo schierarci fermamente contro la giustificazione degli abusi e delle norme patriarcali, dobbiamo sfidare coloro che affermano di parlare in nome dell’Islam.
Lasciando da parte tutto ciò, credo che il discorso del femminismo islamico sia in qualche modo controverso poiché ancora non riesce a spiegare diverse disuguaglianze nell’Islam. Tuttavia, sapendo che si tratta solo di un campo in crescita, trovo interessante sostenere la sua premessa e la sua missione generale. Vedo il femminismo islamico come uno strumento riformista per contestare il patriarcato all’interno dell’Islam.
Lacerato dalla guerra e da conflitti su più livelli, lo Yemen in questo momento è ancora troppo consumato dalla sua incertezza politica, economica e sociale, la storia di una donna bruciata e sfigurata dal marito potrebbe non sembrare una questione importante e tende a essere sottovalutata. Ma questo non significa che sia così che dovrebbe essere. I problemi personali delle donne sono politici tanto quanto decidere chi governa la società yemenita. In un modo o nell’altro, tutto risale al concetto di Qiwamah e all’assunzione di responsabilità nel governare le linee guida morali nella società. Credo veramente che la lotta per l’uguaglianza sia parte di una più ampia lotta per la giustizia sociale. Se vogliamo schierarci fermamente contro la giustificazione dell’abuso e delle norme patriarcali, dobbiamo sfidare coloro che affermano di parlare in nome dell’Islam quando difendono e giustificano comportamenti orribili applicando la loro visione ristretta della Sharia ‘a.
Trad: Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” –Invictapalestina.org