Con i principi di “giustizia, solidarietà e comunità”, che Lebanese Vegans ha posto alla base della sua filosofia, il movimento vegano libanese ha certamente tutti gli strumenti per diventare parte attiva di quella nuova società che il Paese vorrebbe finalmente costruire.
Grazia Parolari – 11 marzo 2021
Immagine di copertina: Hayek Hospital Beirut (choosecompassion.net)
In un Libano sempre più devastato dalla crisi economica, dove l’inflazione è ormai stimata tra l’85 e il 90%. e dove, secondo le stime della ESCWA ( Commissione economica e sociale delle Nazioni Unite per l’Asia Occidentale) oltre il 55% della popolazione libanese vive oggi in condizioni di povertà e lotta per soddisfare i propri bisogni primari, parlare di veganismo potrebbe sembrare incongruo e inopportuno.
Ma se è pur vero che il movimento vegano, nato in Libano nel 2014 con il gruppo “Lebanese Vegans”, si è diffuso essenzialmente in quelli che sono gli strati più benestanti della popolazione, con una connotazione prettamente cittadina e con numeri ristretti, negli ultimi anni l’interesse verso questa filosofia di vita è costantemente aumentato, grazie anche alla capacità del movimento nell’affrontare le sfide sociali che, loro malgrado, i cittadini libanesi si sono trovati a vivere, e grazie al loro forte impegno nel raccontare e mostrare gli aspetti, soprattutto etici, di uno stile di vita vegano.
Come afferma Georges Hayek, fondatore di Lebanese Vegans, da noi interpellato: “Non esiste una strategia unica che possa influenzare tutti. Approcci diversi per persone diverse. Crediamo fortemente in un messaggio chiaro e sincero. Esporre ciò che il settore alimentare nasconde è secondo noi la nostra forza. Mostrare la dura realtà dei macelli è necessario per connettersi con ciò che stiamo consumando” E continua: “Il veganismo riguarda l’etica. Non far del male agli animali quando non è necessario. Diventare vegano per etica significa riconoscere che uccidere è sbagliato, lo è stato ieri, lo è oggi e lo sarà domani. Tuttavia, diventare “vegani” per la salute o l’ambiente può aprire gli occhi verso il lato etico”.
Per fare ciò, Lebanese Vegans è sempre stato attivo nell’organizzare incontri e seminari informativi , oltre ad eventi di varia natura, fino ad aprire, nel novembre 2020, un Vegan Social Hub con cafeteria, biblioteca, locali per workshop e un auditorium per conferenze e proiezioni cinematografiche.
“Come comunità, abbiamo visto la necessità di uno spazio che sostenga le realtà economiche vegane locali, gli attivisti per i diritti degli animali e le persone che la pensano allo stesso modo e che sono interessate a saperne di più sullo stile di vita vegano, una filosofia di vita che cerca di escludere tutte le forme di sfruttamento per gli animali con cui condividiamo il pianeta”.
Dopo la devastante esplosione del 4 agosto, il gruppo si assunse non solo l’impegno di prestare assistenza veterinaria agli animali rimasti feriti, ma riuscì a raccogliere fondi per fornire , con la collaborazione di aziende vegane locali, piatti pronti e panini vegani per le persone in difficoltà a Beirut, comprese le lavoratrici keniote, eritree ed etiopi abbandonate dai propri datori di lavoro davanti ai rispettivi consolati. Particolare, questo, significativo, in quanto molte organizzazioni locali aiutavano solo cittadini libanesi (non dimentichiamo che le discriminazioni verso i non libanesi sono molto ampie e diffuse nel Paese). Il programma di distribuzione gratuita di cibo vegano continua attualmente presso la cafeteria del Vegan Social Hub.
Se negli ultimi anni la diffusione di cibi vegani , come latte vegetale, sostituti della carne e del formaggio, è stata in costante aumento, rendendoli disponibili nei principali supermercati e negozi e se a Beirut sempre più locali hanno aggiunto opzioni vegane nei loro menu, c’è però da chiedersi quanto la crisi economica, con la sua impennata di prezzi, abbia influito sui consumi veg e se sia economicamente più vantaggiosa un’alimentazione priva di prodotti animali.
“Più dell’80% del nostro cibo locale naturale è già vegano per impostazione predefinita” afferma Hayek . “La dieta libanese si concentra già su piatti come hummus, baba ghanouj, balila, foglie di dolma e insalate tra cui tabbouleh, fattoush, timo, ecc. Anche i piatti tradizionali libanesi come fasolia w riz (fagioli stufati e riso) e cousa mehshe hanno versioni senza carne.E gli alimenti più economici sono proprio i legumi, le verdure, il riso, la pasta, l’hummus … Affrontare questa crisi finanziaria in realtà sta portando le persone a scegliere alimenti a base vegetale, rispetto a cibi di origine animale, essendo quest’ultimi più costosi”.
Questo è senz’altro vero per i prodotti naturalmente vegani, ma la differenza di prezzo tra un litro di latte vaccino (da 5.500 a 9.100 LL) e un litro di latte di soia o di mandorla (da 28.000 a 40.400 LL), o da 500 gr di labneh vaccino (11.550 LL )a 320 gr di labneh veg (22.000 LL) non è trascurabile, quando ogni lira conta.
Inoltre optare per un’alimentazione vegana o vegetale a causa delle difficoltà economiche, non significa necessariamente condividere o arrivare a condividere la filosofia vegana, tanto più se, esattamente come in tutte le altri parti del mondo, il consumo di cibo racchiude in sé abitudini e tradizioni, anche religiose, particolarmente radicate, oltretutto in un Paese, come il Libano,in cui convivono diverse fedi, ognuna con i propri riti e le proprie festività, spesso caratterizzate dal consumo di un particolare tipo di carne. Sono proprio le tradizioni religiose, secondo Hayek, una delle “sfide più difficili da affrontare”.
Resta inoltre il fatto, come già evidenziato, che il movimento vegano continua a riguardare maggiormente una parte minoritaria della componente libanese, un mondo che, se pure profondamente prostrato dalla crisi politica ed economica, è ancora molto lontano dall’ancor più dura realtà dei campi profughi palestinesi e siriani o dagli strati più poveri della popolazione.
Forse il simbolo più evidente di questa lontananza è l’Hayek Hospital, un moderno ospedale privato, che dal 1 marzo fornisce ai suoi pazienti una dieta esclusivamente a base vegetale, diventando il primo ospedale al mondo completamente vegano dopo un periodo di transizione in cui , lasciando ai pazienti la scelta tra cibo con prodotti animali e non , aveva condotto una campagna di informazione sui benefici della dieta vegana. Una scelta lungimirante e condivisibile, un atto concreto per affrontare le cause e non solo i sintomi di molte malattie e , soprattutto, delle pandemie zoonotiche.
Ma una realtà così lontana da molti cittadini, libanesi e non, che non hanno i mezzi neppure per accedere ad un’assistenza sanitaria di base, da risultare straniante come un irraggiungibile miraggio.
Ciononostante , condividiamo con George Hayek la sua aspettativa di futuro: “Un mondo vegano. Niente di meno! Perché l’ingiustizia non può durare per sempre, né per gli uomini, né per gli altri animali.”
E con i principi di “giustizia, solidarietà e comunità”, che Lebanese Vegans ha posto alla base della sua filosofia, il movimento vegano libanese ha certamente tutti gli strumenti per diventare parte attiva di quella nuova società che il Paese vorrebbe finalmente costruire.