La lotta zapatista e curda per la Palestina e il mondo

Sebbene i casi zapatista e curdo siano solo esempi e non ricette politiche, potrebbero cominciare ad essere riferimenti trasformativi per quei milioni di esseri umani condannati a vivere delle briciole di Stati e autorità a cui poco e niente interessa del benessere delle comunità e dei territori.

Fonte: versiòn española

Andrés Kogan Valderrama – 3 luglio 2021

Immagine di copertina: Santiago Navarro F.

Mentre siamo stati testimoni in diretta di un nuovo episodio della storia coloniale dello Stato di Israele contro il popolo palestinese nella Striscia di Gaza, che ha provocato la morte di oltre 219 persone, di cui 63 bambini, l’impunità del governo sionista di Benjamin Netanyahu è ormai diventata un’abitudine e l’ipocrisia della cosiddetta comunità internazionale riguardo a questo genocidio è sempre più o meno la stessa.

Sebbene molto sia stato detto e scritto sull’occupazione illegale dello Stato di Israele nei territori palestinesi, sull’espansione di un colonialismo insediativo e sull’imposizione di politiche di apartheid e pulizia etnica, dalla Nakba del 1948 la discussione su come si possa uscire da questa brutale occupazione  si è  concentrata o sulla negazione dell’altro o, nel migliore dei casi,  sulla creazione di due Stati indipendenti.

Quindi, buona parte delle correnti più progressiste di sinistra e antisioniste del mondo continuano a sostenere che la soluzione comporterebbe il ritiro dello Stato di Israele dai territori occupati e il riconoscimento ufficiale, da parte sua , di un nuovo Stato: la Palestina.

In altri casi, in misura molto minore, viene sollevata l’idea di uno Stato binazionale (israelo-palestinese) o addirittura della creazione di uno Stato plurinazionale, che includa comunità di diverso tipo, non solo israeliane e palestinesi, là dove esistono differenti autonomie territoriali.

Tuttavia, un’alternativa del genere è sempre più improbabile, finché l’estrema destra razzista israeliana continuerà a governare quel paese e il fondamentalismo islamico di Hamas continuerà a controllare autorevolmente Gaza con il terrore.

Pertanto, sembra che ci si stia rivolgendo ad alternative che hanno fallito non solo in quella parte del mondo erroneamente chiamata, secondo la prospettiva eurocentrica, Medio Oriente, ma anche in America Latina (Abya Yala), dove il capitalismo, il colonialismo e il patriarcato si sono espansi in tutti i territori.

Dico questo, poiché alternative sostenibili, provenienti da realtà estranee allo stato moderno,  si intrecciano e sono presenti da tempo, ma sono ancora tenute invisibili dalle grandi corporazioni dei media privati ​​e statali, che preferiscono continuare con controversie che avvantaggiano solo piccoli poteri.

I casi di lotta degli ultimi decenni del movimento zapatista (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale-EZLN) e del movimento curdo (Partito dei lavoratori del Kurdistan – PKK) sono un chiaro esempio di come sia possibile costruire forme di organizzazione orizzontale, non statale, dove le opinioni ecologiste, anarchiche, indigene, femministe e anticoloniali convergono dalle stesse basi.

In entrambi i processi politici, fortemente influenzati da personaggi come Carlos Monsiváis e Murray Bookchin, c’è una rottura con la sinistra storica di carattere centralista, patriarcale, produttivista, antropocentrica ed eurocentrica, dove per tutto il XX secolo veniva utilizzata la presa del potere dello Stato, attraverso la guerriglia, come un modo per compiere profonde trasformazioni di fronte all’espansione del capitalismo globale.

Ugualmente, l’esperienza totalitaria dei socialismi reali, le persecuzioni, le incarcerazioni e la perdita della vita di milioni di esseri umani, l’espansione di un modello industriale predatorio della Madre Terra e la creazione di grandi strutture burocratiche, gestite da caudillos e da partiti corrotti e pieno di privilegi, divenne sempre più evidente.

Detto questo, diventa molto rivoluzionario quanto promosso attraverso i “Caracoles y Juntas de Buen Gobierno” (JBG) del movimento zapatista, dove con  il principio del “comandare obbedendo” una mezza dozzina di comuni sono governati a rotazione e in cui coloro che  governano sono obbligati a rendere conto del loro operato e possono essere revocati in qualsiasi momento, essendo in pratica servi e non governanti del popolo.

Lo stesso per quanto riguarda il Confederalismo Democratico del movimento curdo che, come la forma organizzativa zapatista, promuove un municipalismo libertario al di fuori del tradizionale stato centrico, attraverso diversi consigli femminili e giovanili, dove attraverso l’autogestione si costruisce un’economia comunitaria basata sul mancato accumulo o sulla sovrapproduzione.

Mentre i nomi di Rafael Guillén nel movimento zapatista (ex Subcomandante Insurgente Marcos e attuale Subcomandante Galeano) e Abdullah Öcalan nel movimento curdo (presidente del PPK e imprigionato all’ergastolo dallo Stato di Turchia e dal criminale Recep Tayyip Erdoğan) sono stati fondamentali, sono però solo portavoce di movimenti collettivi, dove la leadership relazionale e collettiva prevale sulla leadership individuale.

Da qui l’importanza della rotazione dei portavoce, della partecipazione attiva delle donne e che ambiti come la salute, l’istruzione, la giustizia e l’alimentazione non siano solo delegati ai rappresentanti, ma lavorino sempre dai territori e direttamente attraverso la comunità, il che rende tali realtà qualcosa di completamente diverso da come gli stati nazionali moderni, siano essi europei, latinoamericani, arabi, di sinistra o di destra, hanno costruito e distribuito il potere politico.

Di fronte a questo, entrambe le esperienze possono diventare un orizzonte sostenibile per molti popoli oppressi e resistenti nel mondo, come ad esempio i palestinesi. Mi sembra che la situazione a Gaza e in Cisgiordania in questo momento non proponga nulla di positivo, quindi è necessario pensare a modi diversi di governare, dal momento che siamo stati abituati a partiti e organizzazioni palestinesi e israeliane corrotte e criminali, che cercano solo di imporre la loro forza ai loro rispettivi popoli.

Sebbene i casi zapatista e curdo siano solo esempi e non ricette politiche da applicare in Palestina per gruppi di ebrei, cristiani e musulmani, potrebbero cominciare ad essere riferimenti trasformativi per quei milioni di esseri umani condannati a vivere delle briciole di Stati e autorità a cui poco e niente interessa del benessere delle comunità e dei territori.

 

Andrés Kogan Valderrama è un sociologo dell’Università Centrale del Cile, un professionista presso il Comune di Lo Prado, con un Diploma in Educazione allo Sviluppo Sostenibile, un Master in Comunicazione e Cultura Contemporanea, un dottorando in Studi Sociali in America Latina, membro del Global Good Living Movement, direttore dell’Osservatorio Plurinazionale dell’Acqua.

 

Trad: Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org