Il ritiro dell’Afghanistan è uno shock per la lobby israeliana

Nel corso della storia le occupazioni militari hanno sempre stimolato la resistenza violenta. Gli Stati Uniti hanno rinunciato all’illusione di riuscire a trasformare l’Afghanistan. Questo rimuove la copertura di Israele per la sua occupazione e sta generando il panico tra chi lo sostiene.

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Philip Weiss – 31 agosto 2021

Immagine di copertina: Biden e Bennet si incontrano alla Casa Bianca il 27 agosto 2021 (Credit White House)

Mentre riflettiamo sul ritiro afghano, ricordo bene il brivido ideologico provato dai sostenitori di Israele nella tristezza e nello shock dell’11 settembre. “Ora sapete com’è vivere in Israele. Gli Stati Uniti e Israele sono sulla stessa barca. Le brutture dei nostri quartieri sono  arrivate sulle vostre coste. Lasciatevi consigliare su come affrontare il terrorismo islamista radicale”.

Negli anni che seguirono, la mentalità e il modello israeliano furono adottati dai politici americani. Abbiamo occupato due paesi musulmani e abbiamo iniziato a riformare le loro società e il loro governo. Ci siamo dedicati a combattere i terroristi che ci odiavano per quello che siamo, una democrazia. Sì, so che c’erano alcune buone ragioni americane per intraprendere queste attività imperiali militanti; ma il ruolo di Israele e della sua lobby è stato significativo. Netanyahu e AIPAC e i principali gruppi di pressione hanno esortato gli Stati Uniti ad entrare in Iraq. I neoconservatori che popolavano l’amministrazione Bush e ascoltavano Rumsfeld avevano una fede quasi religiosa nell’uso della forza americana (in un mondo di una sola superpotenza) per trasformare il Medio Oriente.

Fin dall’inizio le cause del terrorismo non sono mai state prese in considerazione dai nostri media. Solo persone di sinistra e realisti hanno discusso dell’esaustiva ricerca di Robert Pape in “Morire per vincere: la logica strategica del terrorismo suicida”, nella quale si evidenziava come nel corso della storia molti terroristi suicidi stavano cercando di liberare le loro terre dagli occupanti.

Accanto a questa cecità c’era il fallimento da parte dei media e della Commissione del governo sull’11 settembre nel considerare una motivazione primaria degli attentatori dell’11 settembre: l’odio per il ruolo dell’America nell’opprimere i palestinesi. Quella motivazione ha trovato alcune righe scomode nel massiccio rapporto sull’11 settembre. Ma poiché il sostegno di Israele a Washington è in realtà un articolo di fede– “impegno incrollabile”, nelle parole di Biden; sosteniamo Israele anche “se il Campidoglio dovesse crollare al suolo”, nelle parole di Pelosi – tale sostegno non deve mai sembrare problematico. Quindi i media e i politici distorcono i fatti.

Proprio come i media e l’establishment politico oggi ignorano il fatto che i principali gruppi per i diritti umani hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid.

Il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan ha sconvolto l’identificazione degli Stati Uniti con Israele. La lobby israeliana ha apprezzato l’occupazione americana dell’Afghanistan. I lobbisti israeliani affermarono che l’occupazione avrebbe potuto andare avanti indefinitamente e che l’occupazione era molto meglio dell’alternativa: uno stato terrorista creato dalle persone che vivono lì e che odiano l’America e l’occidente. Per la lobby israeliana, l’occupazione statunitense era a immagine dell’occupazione israeliana, che la lobby israeliana vuole continuare per sempre anche se lamenta la sua presenza e desidererebbe che ciò non fosse necessario.

Ora gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Afghanistan in mezzo a scene che ricordano la Francia che lascia l’Algeria o gli Stati Uniti che lasciano il Vietnam, e l’Afghanistan è per gli afgani.

La Palestina non deve mai essere per i palestinesi. E questo è lo shock.

La decolonizzazione dell’Afghanistan danneggia l’identificazione israelo-americana dall’11 settembre e rimuove una giustificazione geopolitica per l’infinita occupazione israeliana delle terre palestinesi. Ma l’occupazione senza fine è l’unica risposta di Israele alla questione palestinese. Se venisse creato uno stato palestinese, sarebbe uno stato di terrore, dicono sempre i leader israeliani; e la lobby israeliana fa eco alla propaganda. E dice che l’Afghanistan diventerà uno stato di terrore.

Si può leggere il panico nell’incontro del Primo Ministro Naftali Bennett con Joe Biden la scorsa settimana. Bennett ha tenuto una lunga conferenza alla Bush-Legue/biblica al presidente. Ha parlato con evidente angoscia di tutti i gruppi terroristici che circondano Israele, da Hamas alla Jihad islamica a Hezbollah. Ha esortato gli Stati Uniti a rimanere in Siria. Ha descritto l’Iran come uno stato terroristico al di fuori dei parametri civilizzati e ha affermato che Israele continuerà ad affrontarlo, presumibilmente continuando a uccidere scienziati iraniani.

E’ la stessa vecchia guerra al terrore venduta agli americani che, secondo i sondaggi, hanno voluto in modo schiacciante la fine della guerra in Afghanistan. E la lobby israeliana ha esultato per l’incontro al vertice, dicendo che mostra che il consenso bipartisan per Israele che Trump aveva distrutto è stato ripristinato. Un primo ministro di destra è diventato “amico intimo” di un presidente democratico, che ha praticamente approvato l’uso della forza contro l’Iran.

Essendo idealista, dico che i bei tempi alla Casa Bianca non possono durare. Il paradigma si è spostato sulla guerra al terrore e su Israele come stato di apartheid.

Israele continuerà a subire attacchi terroristici e restituirà il terrore decuplicato ai palestinesi, fintanto che si costituirà come uno stato “ebraico” che concede maggiori diritti agli ebrei e costringe i palestinesi senza diritti a vivere in ghetti. Nessuno nel governo israeliano ha messo in discussione questi concetti di governance. Oggi Israele è in lutto nazionale per un cecchino che è stato colpito al muro del ghetto palestinese di Gaza da un palestinese confinato in quello spazio. La lobby israeliana dice agli americani che un “terrorista di Hamas” ha ucciso un bravo soldato.

Alla lobby israeliana non importa che 2 milioni di palestinesi non possano muoversi al di fuori di una piccola area la cui acqua è imbevibile. Non importa che i cecchini israeliani feriscano e uccidano i palestinesi che protestano contro la loro prigionia.

Quando i sionisti liberali dicono che l’occupazione è insostenibile, tralasciano l’inevitabile seguito: i palestinesi che vogliono un futuro migliore resisteranno sempre al dominio israeliano, con qualsiasi mezzo.

Ecco perché Israele è uno stato di sicurezza circondato da terroristi. Non è una democrazia.

Tutto questo era previsto. Hannah Arendt disse durante la Nakba nel 1948 che Israele era condannato a “degenerare” in uno stato guerriero spartano fintanto che avesse ignorato i diritti dei suoi vicini. Nello stesso anno i consiglieri del Dipartimento di Stato avvertirono la Casa Bianca che aiutare a impiantare uno stato ebraico in Palestina avrebbe provocato decenni di disordini. Entrambe le previsioni si sono avverate. Il premio Nobel per la pace Obama ha bombardato 7 nazioni a maggioranza musulmana.

La lobby israeliana ha lavorato instancabilmente per superare queste brutali realtà proiettando l’esperienza israeliana e dicendo che la condizione israeliana è la condizione americana, e tutto ciò che c’è di brutto nel suo quartiere minaccia anche l’America. Quindi Israele è il nostro grande alleato. La lobby ha riconfezionato quell’alleato più e più volte attraverso la Guerra Fredda e la guerra al terrore e anche all’Iran. “Entrambi… siamo un faro in un mondo molto, molto tempestoso”, ha detto Bennett a Biden.

Il ritiro dall’Afghanistan ci ricorda che gli Stati Uniti e il cosiddetto stato ebraico hanno interessi molto diversi in Medio Oriente. Se solo potessimo discuterne.

 

Traduzione Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictaplestina.org