“Non esiste un sistema giudiziario per giudicarli in modo equo. Non c’è nessuno all’interno del carcere che possa appoggiare le loro richieste. Quindi l’unico strumento che i prigionieri palestinesi possono usare per protestare e combattere per i loro diritti sono i loro corpi”. — La portavoce di Addameer Milena Ansari
Fonte: english version
Di Jessica Buxbaum – 18 ottobre 2021
Immagine di copertina: Asmaa Jalal Quzmar con suo figlio protesta contro la detenzione amministrativa di suo marito, Alaa Al Araj, presso la sede del Sindacato degli Ingegneri a Nablus. Credito: Assem Shannar
RAMLA, PALESTINA STORICA — Il prigioniero palestinese Miqdad al-Qawasmeh è entrato nel suo 86° giorno di sciopero della fame. È sopraffatto dalla debolezza e non può muoversi dal letto d’ospedale, nemmeno per fare la doccia o usare il bagno. Soffre di dolori articolari, renali, muscolari e addominali, alla testa, alle ossa. Ha difficoltà a parlare e ha perso più di 34 chili. Nonostante la sua salute deteriorata, al-Qawasmeh non vuole porre fine allo sciopero della fame, poiché lui e altri sei prigionieri rifiutano il cibo per protestare contro la loro detenzione amministrativa in corso.
Kayed Fasfous è in sciopero della fame da 92 giorni; Alaa Al Araj ha trascorso 68 giorni senza cibo; Hisham Abu Hawash ha iniziato il suo sciopero della fame 61 giorni fa; Rayeq Bsharat non mangia da 56 giorni; Shadi Abu Akar è ora al suo 52° giorno senza cibo; e Hassan Shouka è in sciopero della fame da 27 giorni. Inoltre, almeno 250 prigionieri associati all’organizzazione della Jihad Islamica hanno iniziato uno sciopero della fame il 13 ottobre in segno di protesta per il loro trasferimento in celle isolate.
La Corte Suprema israeliana ha congelato le detenzioni sia di al-Qawasmeh che di Fasfous a causa del peggioramento delle loro condizioni di salute. Al-Qawasmeh è stato arrestato il 2 gennaio e Fasfous nel luglio 2020. Tuttavia, i parenti dei prigionieri e le organizzazioni governative palestinesi affermano che la decisione israeliana non deriva da un senso di moralità, ma piuttosto da preoccupazioni di responsabilità. La Commissione per gli Affari dei Detenuti e Degli Ex Detenuti ha dichiarato in una nota:
“La decisione di congelare non significa annullare, ma in realtà, è la rinuncia dell’Amministrazione delle Carceri di Occupazione e del servizio di sicurezza Shin Bet alla responsabilità per il destino e la vita del prigioniero Fasfous, trasformandolo in un “prigioniero” non ufficiale durante la sua permanenza in ospedale. Rimane sotto la supervisione degli agenti della “sicurezza” dell’ospedale invece che delle guardie della prigione. I familiari e i parenti possono fargli visita come tutti i pazienti secondo le regole dell’ospedale, ma non possono trasferirlo da nessuna parte”.
La Commissione ha aggiunto che la salute di Fasfous peggiora ogni giorno. Il 32enne soffre di vertigini persistenti, ha grave affaticamento e dolore al petto, e la sua pressione sanguigna e i livelli di zucchero nel sangue sono bassi. Fasfous si rifiuta anche di assumere integratori o di sottoporsi a esami medici, affermando di non aver sofferto di problemi di salute o malattie prima del suo arresto.
Fasfous e al-Qawasmeh sono stati trasferiti dalle cliniche della prigione agli ospedali israeliani. La madre di al-Qawasmeh, Umm Hazem, ha detto che la famiglia ha ricevuto un permesso per entrare in Israele (Palestina occupata nel 1948). “Il Servizio Carcerario Israeliano vuole sollevarsi da ogni responsabilità per la sua vita nel caso succeda qualcosa”, ha detto Hazem. “Non è una questione di diritti umani”.
Aumento delle detenzioni amministrative
La politica di detenzione amministrativa di Israele consente di imprigionare a tempo indeterminato persone sulla base di informazioni segrete senza accusarli o consentire loro di essere processati per un periodo di sei mesi, con possibilità di rinnovo. Né il detenuto né il suo avvocato possono accedere alle prove secretate. Anche se israeliani e stranieri possono essere soggetti a detenzione amministrativa, la pratica è usata principalmente contro i palestinesi.
A settembre, l’organizzazione palestinese per i diritti dei prigionieri Addameer ha inviato un appello urgente alle Nazioni Unite affinché intervenga e faccia pressione su Israele per porre fine alla detenzione amministrativa. La lettera di Addameer ha sottolineato il fatto che recentemente le detenzioni amministrative sono aumentate. Milena Ansari, avvocato difensore internazionale di Adameer, ha dichiarato:
“L’uso della detenzione amministrativa da parte dell’occupazione israeliana è drasticamente aumentato, specialmente quest’anno, dove la detenzione arbitraria è stata una caratteristica chiave per mantenere il controllo sui palestinesi, specialmente per quanto riguarda ciò che stava accadendo a Gerusalemme, allo Sheikh Jarrah e in Cisgiordania, e soprattutto con la fuga dei sei prigionieri dalla prigione di Gilboa.”
Nel 2020, Israele ha emesso almeno 1.114 ordini di detenzione amministrativa contro palestinesi, mentre da gennaio a giugno 2021 ne sono stati emessi non meno di 759. Attualmente, 520 palestinesi sono detenuti in detenzione amministrativa. Ansari sospetta che il numero di fermi amministrativi subirà un ulteriore aumento prima della fine dell’anno.
Ciò che è diventato particolarmente preoccupante è il drammatico aumento dei bambini palestinesi detenuti in detenzione amministrativa. In seguito ad un accesso agli atti pubblici, l’organizzazione israeliana per i diritti umani HaMoked ha scoperto che tre minori sono stati detenuti in detenzione amministrativa nel gennaio di quest’anno. A giugno, quel numero era salito a otto.
Amal Nakhleh, 17 anni, è stato arrestato e posto in detenzione amministrativa il 21 gennaio 2020. Gli è stata diagnosticata la miastenia grave, una condizione medica rara che richiede cure mediche e monitoraggio costanti. “Anche un minore che soffre di problemi di salute è sottoposto a detenzione amministrativa”, ha detto Ansari, aggiungendo che la sua detenzione è stata rinnovata tre volte. “Quindi si può vedere l’uso arbitrario di questo contro i minori quando secondo il diritto internazionale la detenzione dei minorenni dovrebbe essere l’ultima risorsa e per il minor tempo possibile. Ma questo è in totale contrasto con l’uso da parte di Israele della detenzione amministrativa”.
Per questioni di sicurezza
La detenzione amministrativa è consentita dal diritto internazionale, ma solo entro i limiti di circostanze estreme legate a un’emergenza nazionale e a motivi di sicurezza. Israele abusa di questo diritto dichiarando di trovarsi in uno stato di emergenza continuo (cioè perpetuo).
Addameer ha sostenuto in una pubblicazione del luglio 2017 che Israele usa la detenzione amministrativa come una forma di punizione collettiva, osservando come il numero di detenuti amministrativi sia salito a 8.000 durante la Prima Intifada, la rivolta di massa palestinese contro l’occupazione israeliana durata dal 1987 al 1993. Dopo l’evasione dalla prigione di Gilboa, più di 100 palestinesi sono stati arrestati, compresi i familiari dei prigionieri evasi. E a maggio Israele ha emesso 155 ordini di detenzione amministrativa durante le proteste contro lo sfollamento forzato dei palestinesi a Gerusalemme e la guerra a Gaza. Secondo HaMoked, più del 10% dei palestinesi incarcerati da Israele sono detenuti amministrativi.
“Quando c’è stato un aumento dell’uso della forza a Gerusalemme, per quanto riguarda la repressione alla Porta di Damasco e allo Sheikh Jarrah, Israele ha usato la detenzione amministrativa per riarrestare gli ex prigionieri sulla base del fatto che avrebbero potuto rappresentare un rischio per l’occupazione”, ha detto Ansari. A lei, Israele spiega questi arresti dicendo: “Li deteniamo preventivamente e senza motivo solo per assicurarci di non compromettere la sicurezza di Israele”. Che è 100 volte maggiore del potenziale di qualsiasi palestinese.
Il fratello del detenuto Hisham, Saad Abu Hawash, ha detto che Hisham è stato incarcerato con il pretesto della sicurezza. “Il servizio di sicurezza Shin Bet ha detto a Hisham: Finché sei libero, la tua esistenza è pericolosa per gli israeliani”. Hisham, 38 anni, è stato arrestato il 28 ottobre 2020 e la sua detenzione amministrativa è stata rinnovata ad aprile. Attualmente è detenuto nella prigione di Ramleh a Ramla, dove Saad ha affermato che la sua salute è in pericolo. “L’unica cosa che può muovere nel suo corpo è la lingua, anche se riesce a malapena a muoverla tanto è stremato dallo sciopero della fame”, ha aggiunto Saad. “E nel momento in cui beve acqua, la vomita immediatamente con un po’ di sangue”. Hisham rifiuta anche medicine e integratori.
Nonostante le sue condizioni debilitanti, Hisham è stato riportato in cella, che secondo il suo avvocato è sporca, piccola e priva di luce solare. Questa settimana, l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem ha presentato una richiesta al Ministero della Sanità per il trasferimento di Hisham in un ospedale civile. Al momento della stesura della presente relazione, nessun ente governativo aveva risposto alla richiesta
Storia degli scioperi della fame in Palestina
I prigionieri palestinesi hanno iniziato a eseguire scioperi della fame nel 1968 dopo che Israele occupò la Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, come un modo per protestare contro i maltrattamenti e le condizioni all’interno delle carceri israeliane. Questa tattica in seguito è diventata una dimostrazione specifica contro la detenzione amministrativa. Gli scioperi della fame dei prigionieri palestinesi hanno avuto vari gradi di successo nel corso dei decenni. Alcuni sono riusciti a soddisfare le loro richieste, mentre altri sono stati sottoposti a isolamento, alimentazione forzata e divieto di visite familiari.
Ansari di Addameer ha affermato che gli scioperi della fame sono usati come mezzo estremo per ottenere un tenore di vita dignitoso in carcere, spiegando:
“I prigionieri palestinesi non hanno altro mezzo per combattere per i propri diritti se non usare il proprio corpo come strumento. Non esiste un sistema giudiziario per giudicarli in modo equo. Non c’è nessuno all’interno della prigione che possa appoggiare le loro richieste. Quindi l’unico strumento che possono usare per protestare e combattere per i loro diritti sono i propri corpi.
Comprendiamo la polemica su quanto sia rischioso per la loro salute. Ma questo ci fa solo capire quanto i prigionieri siano disperati e come debbano guadagnare un po’ di dignità quando sono detenuti nelle carceri israeliane”.
“Una vita normale”
Asmaa Jalal Quzmar non vede suo marito, Al Araj, dal suo arresto il 30 giugno.
“Un’unità speciale delle forze israeliane ha fatto saltare l’ingresso principale della casa, lo ha picchiato ed arrestato”, ha ricordato Quzmar. Ha ricevuto il permesso di fargli visita a settembre, ma il Servizio Carcerario Israeliano ha revocato i diritti di visita di Al Araj come punizione per il suo sciopero della fame. “Non sta in piedi. Se beve acqua, gli esce dal naso. Non riesce a concentrarsi. E fa fatica a respirare”, ha detto Quzmar. Anche Al Araj soffre di attacchi di panico e ha perso 20 chili. Al Araj voleva fare uno sciopero della fame durante la sua prima detenzione amministrativa l’anno scorso, ma Quzma lo convinse a non farlo. Questa volta non è riuscita a fermarlo.
La madre di Al-Qawasmeh, Hazem, non ha lasciato il suo capezzale da quando è stato trasferito al Centro Medico Kaplan di Rehovot. Hazem sta pregando suo figlio di assumere gli integratori, ma lui rifiuta, sapendo che nel momento in cui la sua salute migliorerà, verrà rimandato in prigione. “Vorrebbe vivere la sua vita liberamente e avere un esistenza normale, non essere arrestato ogni pochi periodi”, ha detto Hazem.
Al-Qawasmeh ha promesso di non tornare mai più in prigione. Questo sentimento lo sta motivando a persistere con lo sciopero della fame. “Dice: Quando non faccio niente, sono in prigione. Cosa succederà quando farò qualcosa? Anche se alla fine, sono uno Shahid (Martire), merito di continuare lo sciopero della fame”, ha detto Hazem. Shahid ha origine dal Corano e si riferisce a una persona che muore per ciò in cui crede.
Saad spera che lo sciopero della fame di suo fratello eserciterà una pressione sufficiente sul governo israeliano per rilasciarlo in modo che Hisham possa vivere una vita normale. Anche la famiglia di Hisham ha bisogno di lui, ha detto Saad. Sua madre è morta quando era in prigione nel 2008, e ora a suo figlio di sei anni, che ha un problema ai reni, potrebbe aver bisogno di un trapianto.
“È molto duro perdere una persona a causa di uno sciopero della fame, e per alcune situazioni ingiuste in cui non ci sono accuse, non sta succedendo nulla”, ha detto Saad. “Merita di avere una vita tranquilla”.
Jessica Buxbaum è una giornalista con sede a Gerusalemme per MintPress News che copre Palestina, Israele e Siria. Il suo lavoro è apparso su Middle East Eye, The New Arab e Gulf News.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org