Mentre Bush si affrettava a designare la Holy Land Foundation (Fondazione Terra Santa) come organizzazione terroristica e dichiarava che chiuderla era in qualche modo un grande risultato nella lotta al terrorismo, in realtà non aveva prove.
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Di Miko Peled – 19 ottobre 2021
Immagine di copertina: Questa illustrazione dell’aula di tribunale mostra il processo per finanziamento del terrorismo della Holy Land Foundation presso il tribunale federale di Dallas, il 22 ottobre 2007. Pat Lopez | AP
Sembrano esserci pochi limiti al pregiudizio e alla barbarie quando si tratta del sistema giudiziario degli Stati Uniti al servizio delle agende politiche e geopolitiche. Le comunità di colore negli Stati Uniti hanno sperimentato questa crudeltà per secoli, ma per quelli di noi che vivono al di fuori di quel mondo, che vivono nella sfera dei privilegiati, scontrarsi con questa crudeltà è scioccante.
Nel mio libro “Injustice, The Story of the Holy Land Foundation Five” (Ingiustizia, La Storia Dei Cinque Della Fondazione Terra Santa), pubblicato nel 2018, racconto la storia di cinque uomini innocenti che sono stati ingiustamente accusati, processati e condannati per finanziamento a un’organizzazione terroristica. Se erano colpevoli di qualcosa, era preoccuparsi più dei loro simili che di se stessi. I cinque uomini hanno attraversato due processi e alla fine sono stati condannati a pene detentive dai 15 ai 65 anni da scontare in una prigione federale. Gli uomini sono Shukri Abu Baker, condannato a 65 anni; Ghassan Elashi, condannato a 65 anni; Mufid Abdulqader, condannato a 20 anni; Abdulrahman Odeh, condannato a 15 anni; e Mohammad Elmezain, condannato a 15 anni.
Sono quasi passati quindici anni e due dei cinque uomini sono in attesa di rilascio. Abdulrahman Odeh è finalmente a casa a Dallas, pur vivendo con le restrizioni di un criminale rilasciato. Mohammad Elmezain avrebbe dovuto essere rilasciato ma, poiché non è un cittadino naturalizzato degli Stati Uniti, piuttosto che lasciarlo andare dalla sua famiglia, le autorità lo hanno “rilasciato” (consegnato) all’Ufficio Immigrazione e Dogana degli Stati Uniti, noto anche come ICE.
La Holy Land Foundation
Un tempo la più grande organizzazione di soccorso musulmana negli Stati Uniti, la Holy Land Foundation (HLF) venne chiusa dopo gli attacchi dell’11 settembre dal presidente George W. Bush tramite un ordine esecutivo. Dopo gli attacchi dell’11 settembre, il governo degli Stati Uniti voleva dimostrare che stava agendo in modo rapido ed efficace contro il terrorismo, quindi il Dipartimento del Tesoro fu incaricato di individuare e chiudere le operazioni che finanziavano il terrorismo negli Stati Uniti.
Nel suo libro “The Price of Loyalty: George W. Bush, the White House, and the Education of Paul O’Neill” (Il Prezzo Della Lealtà: George W. Bush, la Casa Bianca e l’Educazione di Paul O’Neill), pubblicato nel 2004, l’autore vincitore del Premio Pulitzer Ron Suskind descrive l’atmosfera post 11 settembre a Washington come una “persecuzione dei soliti sospetti”. La Holy Land Foundation, essendo un ente di beneficenza musulmano incentrato sulla Palestina, era un obiettivo primario.
Inoltre, dall’inizio degli anni ’90 l’Anti-Defamation League (Lega Anti-Diffamazione – ADL), che è un’organizzazione anti-palestinese e sionista, si è impegnata in una campagna diffamatoria contro la Holy Land Foundation. Insieme a politici sionisti americani come Chuck Schumer, Anthony Wiener e altri, l’ADL sosteneva che HLF stesse finanziando il terrorismo.
La campagna diffamatoria contro HLF stava funzionando anche prima degli attacchi dell’11 settembre 2001. Come gli imputati appresero durante il processo, l’FBI aveva intercettato alcuni dei loro telefoni dagli anni ’90. Inoltre, la campagna stava danneggiando i rapporti che HLF aveva con altre organizzazioni; e in alcuni casi importanti alleanze erano state interrotte a causa delle false accuse.
Il 4 dicembre 2001 il Presidente degli Stati Uniti dichiarò di aver chiuso “un’importante rete di finanziamento del terrorismo” e la Holy Land Foundation fu designata come organizzazione terroristica dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. Il processo di designazione in tal modo di un’organizzazione o di un individuo richiede un processo limitato, molto meno di quanto richiesto in un tribunale.
Un caso debole
Accusando la Holy Land Foundation di finanziare il terrorismo, il governo aveva serio problema. Mentre il presidente Bush si affrettò a designarli come organizzazione terroristica e a dichiarare che chiuderli era stato in qualche modo un grande risultato nella lotta contro il terrorismo, il fatto era che non aveva prove. Gli impiegati della Holy Land Foundation tenevano conti impeccabili e ogni centesimo che passava attraverso l’organizzazione veniva contabilizzato. Nessun denaro era andato a nessuna organizzazione terroristica, nemmeno un centesimo. La maggior parte di ciò che l’HLF donava era in natura: forniva materiale scolastico, cibo, medicine, insieme a un numero relativamente piccolo di borse di studio scolastiche che venivano pagate direttamente alle istituzioni educative.
Nessun denaro o bene è mai andato dalla Holy Land Foundation a nessuna organizzazione che non fosse riconosciuta e approvata dal governo degli Stati Uniti. I gruppi e le organizzazioni con cui HLF lavorava sul campo in Palestina non furono controllati dalla CIA, ma ricevettero fondi e beni da altre organizzazioni umanitarie statunitensi e internazionali.
Al fine di creare un caso che convincesse una giuria che l’HLF stava effettivamente sostenendo il terrorismo, il governo degli Stati Uniti falsificò le prove, presentò documenti che furono tradotti in modo errato e permise persino a due cittadini israeliani di testimoniare come periti in forma anonima. Nessuno sapeva chi fossero realmente questi testimoni e se ciò che affermavano fosse vero o meno. Ciò che è risultato ovvio leggendo le trascrizioni del processo è che gli avvocati dell’HLF hanno chiarito che questi testimoni sapevano molto poco e che le loro affermazioni erano false.
Rifugiato di prima generazione
Mohammad Elmezain, o Abu Ibrahim, è nato in un campo profughi vicino alla città di Khan Yunis, rinchiuso all’interno della prigione chiamata Striscia di Gaza. Nato nel 1953, faceva parte della prima generazione di palestinesi nati come rifugiati. La sua famiglia proviene dal villaggio di Bashshit, distrutto nel 1948 dalla Brigata Giv’aty dell’esercito israeliano. Come innumerevoli rifugiati palestinesi, ha frequentato una scuola gestita dall’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione per la Palestina. Ha poi studiato presso la prestigiosa Università Al-Azhar del Cairo.
Come molti palestinesi, finì per lavorare in Arabia Saudita e negli Stati del Golfo prima di emigrare in America nel 1983. Andò subito a scuola e conseguì un diploma. Ha vissuto nel New Jersey per alcuni anni, dove prestò servizio come imam, e alla fine si trasferì a San Diego, dove si è stabilì e crebbe la sua famiglia. Ovunque andasse era amato e rispettato dalla comunità. Quando arrivarono le accuse per la Holy Land Foundation, si trovò nel mezzo di un caso di terrorismo e durante il processo scoprì che il suo telefono era stato sottoposto a intercettazione dal 1994 al 2003. L’agente dell’FBI che testimoniò contro di lui raccontò alla Corte che c’erano settemila pagine di riassunti fatti di queste conversazioni telefoniche.
Uniforme kaki
Ho incontrato Abu Ibrahim in prigione due volte mentre era detenuto presso la struttura federale di Long Beach, in California. Sapevo che era il più anziano dei cinque e che non godeva di ottima salute. Tuttavia, l’uomo che ho incontrato non era debole e fragile come mi aspettavo, ma forte, pieno di vita e determinato. Ho visto un uomo orgoglioso con una forte stretta di mano, orgoglioso di chi era e orgoglioso dell’importante lavoro che aveva svolto con la Holy Land Foundation.
Quello che gli riserva il futuro è incerto. Non è chiaro quando o se il governo degli Stati Uniti gli permetterà di ricongiungersi alla sua famiglia. Ciò che è chiaro è che gli imperativi delle relazioni tra Stati Uniti e Israele avevano corrotto non solo il sistema politico negli Stati Uniti, ma anche il sistema giudiziario.
Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. E’ autore di “The General Son. Journey of an Israeli in Palestine” e “Injustice, The Story of the Holy Land Foundation Five”.
Traduzione di Beniamino Rocchetto -Invictapalestina.org