Wasim Dahmash (*) – 16 novembre 2021
Claudia Raudha Tröbinger mi ha regalato un suo libro bilingue italiano arabo, intitolato “Perché studio l’arabo?/ Limadha adrus al-‘arabiyya”.
Avendo avuto a che fare per molti anni con ragazzi che studiavano l’arabo, ho letto il libro spinto dalla curiosità di trovare una risposta a un interrogativo che mi accompagna da molti anni.
Ne ho trovate ottantanove, come annuncia il sotto titolo: “Ottantanove risposte”. Alcune di queste spiegano le più svariate motivazioni pratiche, ma ancora di più quelle che sono frutto d’amore: amore per la lingua sì, ma maggiormente amore per le persone, per la natura, per i paesi, per le città, per i monumenti e anche per animali e fiori.
Altre ancora esprimono idee, desideri, sogni o raccontano aneddoti ed episodi occorsi all’autrice o forse frutti della sua fantasia. Alcune risposte sono davvero divertenti come, ad esempio, quella secondo la quale “l’arabo, fra le lingue, [è] come la Mercedes fra le macchine” (p. 112).
Altre invece affrontano questioni molto serie come quella che occupa le pp. 124-127 dove la critica all’eurocentrismo è presentata in modo semplice e lineare e in cui l’autrice ci ricorda “la splendida frase del mistico e matematico cristiano tedesco Nicola Cusano (Nikolaus von Kues, Nikolaus Cusanus) il quale dice che in uno spazio infinito il centro è dappertutto e da nessuna parte” (p. 126)
La prima delle risposte “Perché mi piace studiare”(p. 109) trova eco nell’ultima: “Per tacere in arabo” (p. 203). Non avevo mai pensato che il “tacere” in una lingua fosse diverse dal “tacere” in un’altra e che occorresse studiare una lingua per sapere come tacere in quella data lingua.
Anche nella prima parte del libro, dedicata alle dediche, si trovano, oltre a suoi pensieri e riflessioni, racconti di momenti della vita di Claudia Raudha.
Idee e riflessioni evidenziate attraverso una seria di citazioni successive che coprono trenta pagine e costituiscono il secondo dei tre capitoli del libro. Tra le varie citazioni mi piace qui riportare la “preghiera degli Ojibwa, Canada” che recita: “O Grande Spirito/ Padre di tutte le cose/ fa che non giudichi mai una persona/ prima di aver camminato due mesi nei suoi mocassini” (p. 86).
Non dimentico di ricordare che essendo un libro bilingue, passare dall’arabo all’italiano e viceversa è un gioco utile a chi, come me e immagino come Claudia Raudha, è madrelingua di una delle due lingue e innamorato dell’altra.
Grazie a Claudia Raudha Tröbinger per il bel regalo fatto a coloro che studiano l’arabo e l’italiano e a quelli che intendono farlo.
Claudia Raudha Tröbinger, Perché studio l’arabo?/ Limadha adrus al-‘arabiyya. Ottantanove risposte/ tis‘a wa thamànun jawàban, Bolzano, Retina/ Edition Raetia, 2020.
(*) WASIM DAHMASH (Damasco 1948) è ricercatore di Lingua e Letteratura araba presso la facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università degli Studi di Cagliari. Tra il 1985 e il 2006 ha insegnato Dialettologia araba all’Università di Roma La Sapienza. I suoi ambiti di ricerca si concentrano principalmente sulle questioni attinenti la traduzione letteraria, la dialettologia araba e le letterature migranti, in particolare degli scrittori e poeti arabo/palestinesi.