Plasmare la Palestina: I cristiani palestinesi che hanno fatto la differenza

I cristiani palestinesi hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia palestinese, partecipando alla formazione dell’identità e della cultura nazionale. Mentre alcuni nomi sono ampiamente conosciuti, altri meritano un maggiore  riconoscimento.

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Di Qassam Muaddi – 29 dicembre 2021

Quando si parla della storia moderna della Palestina, vengono in mente soprattutto grandi personaggi politici. Persone come Yasser Arafat o Khalil al-Wazir dominano l’immaginario sulla storia palestinese. Quando vengono menzionati i cristiani palestinesi, spesso compaiono nomi come George Habash o Wadie Haddad.

Tuttavia, la storia moderna della Palestina si estende oltre la storia del conflitto, dell’OLP e della politica in generale. Il ruolo svolto dai cristiani palestinesi nel formare l’identità moderna della Palestina è molto più grande, più vario e più longevo di quanto spesso si creda.

Nella letteratura, nell’arte, nell’istruzione, nella politica, nel mondo accademico e nell’attivismo sociale, i cristiani palestinesi si sono distinti e hanno fatto la differenza nella vita palestinese, anche se non sono stati sempre ricordati.

Mai Ziadeh: Amante della libertà e della parola scritta

All’inizio del 20° secolo, la Palestina era al centro di un Medio Oriente in trasformazione. Il nazionalismo arabo, i movimenti culturali e la fine dell’era ottomana  avevano influenzato  la vita in Palestina. Questa influenza fu reciproca, poiché la Palestina produsse alcune delle figure arabe più influenti dell’epoca, che contribuirono a plasmare la nuova identità culturale araba.

Una di queste fu Mary Elias Ziadeh, nata a Nazareth nel 1886. In seguito adottò il nome letterario di “Mai”. Iniziò  i suoi studi nella scuola parrocchiale della sua città natale, Nazareth, poi li proseguì in Libano, prima di trasferirsi al Cairo. Padroneggiava nove lingue, ma eccelleva nello scrivere in arabo e iniziò a pubblicare racconti e articoli con diversi pseudonimi.

Mai Ziadeh divenne nota al grande pubblico del Cairo come una figura emergente della letteratura araba. Il Cairo era all’epoca un polo per intellettuali arabi e il centro della produzione culturale araba. Lì, lavorò come giornalista nello storico quotidiano al-Ahram (Le Piramidi), dove avviò  una sezione speciale per l’interazione con i lettori che chiamò “il nido d’api”, e nella quale rispondeva  a ogni singola lettera dei lettori, una pratica che all’epoca era inaudita nel giornalismo arabo.

Mentre era al Cairo, Mai sviluppò una relazione epistolare con il poeta libanese Khalil Gibran che durò vent’anni. Le loro lettere divennero una parte importante della letteratura epistolare all’inizio del 20° secolo e divennero popolari nei molti decenni che seguirono, dando a Mai e Khalil Gibran un’immagine di amanti perfetti, nonostante non si fossero mai incontrati.

Al Cairo, Mai divenne una figura di spicco del movimento letterario arabo. Fondò fil primo salotto letterario misto di genere, diventando la prima donna araba a farlo. Il salotto divenne un luogo di ritrovo per intellettuali, artisti, poeti e scrittori arabi di tutti i paesi arabi, tra cui Ahmed Shawqi, Khalil Mutran, Taha Hussein e Abbas Al-Aqqad. Il salotto di Mai fu un centro di discussione su questioni sociali, culturali e politiche ma rimase, tuttavia, essenzialmente letterario.

Mai Ziadeh vide il suo salotto come parte dell’era della trasformazione nel mondo arabo, con l’ascesa del primo nazionalismo arabo, il movimento per l’indipendenza egiziana e la diffusione di accorate richieste di libertà e uguaglianza. Attraverso i suoi testi e le discussioni letterarie, sostenne la causa dei diritti delle donne,  in particolare sostenne l’educazione delle donne arabe e gli intellettuali e attori politici.

Mai Ziadeh sviluppò un concetto di emancipazione femminile che all’epoca era molto avanzato. Credeva che la vera emancipazione delle donne potesse essere realizzata solo dando loro il potere di assumere il loro ruolo nella più ampia emancipazione della società nel suo insieme, motivo per cui si  concentrò sull’educazione delle donne.

Scrisse, per esempio, che “l’istruzione non elimina il carattere femminile delle donne. Al contrario, lo aumenta, perché una donna istruita è spinta a comprendere se stessa”. Mai Ziadeh morì al Cairo nel 1941 e rimane una figura molto rispettata della cultura, della letteratura araba e del femminismo arabo ancora oggi.

Khalil Sakakini: Un educatore in anticipo sui tempi

Nello stesso periodo, la stessa Palestina stava cambiando. Alcuni dei protagonisti di questo cambiamento divennero riferimenti per la storia della Palestina del tempo. Uno di questi era Khalil Sakakini, che ha aperto la strada al movimento educativo moderno.

Khalil Sakakini nacque a Gerusalemme da una famiglia cristiana ortodossa nel 1878. All’età di vent’anni divenne insegnante di scuola. Dopo un tentativo di emigrare negli Stati Uniti, tornò in Palestina e iniziò a lavorare come giornalista per la rivista Al-Asmaai, mentre allo stesso tempo insegnava arabo alla scuola Salahiyah di Gerusalemme.

Nel 1909, Sakakini fondò la “National Dustoriyah School” (Scuola Nazionale di Dustoriyah) a Gerusalemme, dove sviluppò uno speciale metodo di insegnamento basato sull’apprendimento inclusivo, combinando musica, educazione fisica e lingua araba (anziché turca) in un percorso completo e pratico. Sakakini eliminò  voti, esami e punizioni nella sua scuola e promosse un metodo partecipativo, in cui gli studenti prendevano parte al processo educativo.

Sakakini  focalizzò l’istruzione superiore sulla lingua araba, per la quale  sviluppò una metodologia di insegnamento speciale, basata sulla pronuncia, che  continuò ad essere utilizzata fino agli anni ’50 in molte scuole.  Promosse anche  l’apprendimento del Corano da parte di studenti cristiani e musulmani, basandosi sulla convinzione che è nella padronanza del testo coranico che si può padroneggiare meglio la lingua araba.

Sakakini fu  arrestato dalle autorità turche l’ultimo giorno del dominio turco in Palestina per aver dato rifugio a un cittadino statunitense, poiché gli Stati Uniti erano nemici dello Stato turco durante la prima guerra mondiale. Fu presto rilasciato e divenne più partecipe nella politica palestinese. Sviluppò  stretti rapporti con la maggior parte dei leader politici dell’epoca, incluso il Mufti di Gerusalemme, Amin Husseini.

Durante la rivolta palestinese del 1936-1939, organizzò manifestazioni, tenne discorsi, anche due al giorno, e tenne un registro degli eventi in corso. I suoi resoconti della rivolta sono una fonte importante per la documentazione storica di quel periodo. I suoi ricordi insieme alle sue lettere sono ancora considerati un pezzo importante della letteratura palestinese e araba dell’epoca.

Sakakini lasciò Gerusalemme con la sua famiglia dopo la caduta del suo quartiere “Qatamoun” per mano delle forze sioniste nel 1948. Morì nel 1953 al Cairo.

Hanna Mikhail: un combattente con un sogno

Dopo la sconfitta araba del 1967 e l’ascesa della resistenza palestinese, molti giovani palestinesi si mobilitarono da tutto il mondo per unirsi alla lotta. Un esempio di quella generazione fu Hanna Mikhail.

Mikhail  nacque  a Ramallah nel 1935 e si  trasferì negli Stati Uniti per i suoi studi poco più che ventenne. Studiò scienze politiche ad Harvard e iniziò a insegnare a Princeton. A metà degli anni Sessanta lasciò gli Stati Uniti per la Giordania per unirsi al movimento nazionale palestinese e divenne membro di Fatah.

Salì nei ranghi di Fatah e divenne una figura di spicco di quella che in seguito fu conosciuta come la “sinistra di Fatah”. Produsse alcuni dei più importanti saggi e analisi sul movimento palestinese e sui suoi rapporti con diversi attori nella regione e nel mondo, nonché sul Libano e la sua composizione socio-politica in relazione alla lotta di liberazione araba.

Mikhail adottò una linea marxista nell’analizzare la composizione e l’azione del movimento palestinese, vedendolo come parte della più ampia lotta delle masse popolari arabe per l’emancipazione sociale e nazionale. Si discostò  dalla corrente dominante dell’OLP nei primi anni ’70, soprattutto dopo che quest’ultima  adottò il “programma di transizione” che chiedeva negoziati per stabilire un’autorità palestinese su una parte della Palestina storica.

La mossa venne vista come il primo passo verso una capitolazione su larga scala da molti attori del movimento palestinese, anche all’interno dello stesso Fatah, e ha creato una divisione all’interno dell’OLP.

Mikhail non seguì nessuno dei due campi, ma piuttosto intraprese un ampio progetto di ricostruzione del movimento palestinese dal basso, basato su una nuova filosofia di lotta, incentrata sull’idea di ispirazione vietnamita di un “fronte nazionale unificato” che supera tutte le etichette politiche, e sarebbe ancorato alle classi popolari e all’idea di resistenza. Iniziò a produrre materiale di educazione politica a questo scopo da introdurre nei campi di Fatah in Libano, e inizò  a raccogliere consensi per il suo progetto.

Nel 1976 e nel bel mezzo della guerra civile libanese, fu inviato in missione da Yasser Arafat per riportare stabilità in un campo palestinese che stava assistendo a disordini interni, nel profondo del territorio controllato dalle falangi. Scomparve e da allora non se ne seppe più nulla.

Si dice che fosse stato catturato dalle forze falangiste anti-palestinesi di destra libanesi e ucciso o consegnato all’esercito siriano. I suoi scritti e pensieri furonopubblicati da sua moglie, Jehan Al-Helou, in un unico libro nel 2020 a Ramallah.

Anis Sayegh: Il creatore dell’archivio palestinese

Il movimento nazionale palestinese dopo la Nakba era una missione costruita da zero. Insieme agli organi politici e militari che costituivano l’OLP, molti palestinesi si dedicarono alla costruzione delle estensioni mediatiche, sociali e accademiche del movimento. Una delle figure chiave di questa parte della lotta nazionale palestinese è stata Anis Sayegh.

Nato a Tiberiade in Galilea nel 1931, il padre di Sayegh era il pastore luterano della città. Assistette alla Nakba palestinese nel 1948 quando aveva 17 anni, inclusa l’espulsione della sua famiglia da Tiberiade da parte delle forze britanniche, che descrisse  nei suoi scritti e interviste in modo molto dettagliato come un momento decisivo della sua vita.

Sayegh studiò scienze politiche all’Università Americana di Beirut e poi  conseguì il dottorato di ricerca presso l’Università di Cambridge. Fu coinvolto nel movimento palestinese nei primi anni ’60 e aprì la strada alla creazione dell’enciclopedia palestinese nel 1966, che continuò ad aggiornare e dirigere per dieci volumi consecutivi per oltre 30 anni.

Nel 1966 fu anche nominato capo del Centro di Ricerca Palestinese a Beirut, dove creò la rivista di studi palestinesi; il Journal of Palestine Studies, che divenne l’embrione dell’Istituto di Studi sulla Palestina. Creò anche gli archivi palestinesi e la biblioteca palestinese.

Nel 1972, il Mossad israeliano cercò di assassinare Sayegh con una busta esplosiva inviata al suo ufficio. Sopravvisse  all’attacco ma perse un occhio, l’udito da un orecchio e diverse dita.

Fu membro del Consiglio Nazionale Palestinese fino al 1993 quando  pubblicò un libro intitolato “Il 13 Settembre” attaccando duramente gli accordi di Oslo firmati tra l’OLP e Israele. Si  ritirò dalla vita politica dedicandosi all’edizione dell’Enciclopedia Palestinese e alla supervisione del Journal of Palestine Studies fino alla sua morte a Beirut nel 2009.

Maha Nassar: Il femminismo ai tempi dell’Intifada

All’inizio degli anni ’80, una generazione di palestinesi nei territori occupati si era fatta strada nell’attivismo sociale e politico sotto l’occupazione. Il momento culminante di quella generazione fu la Prima Intifada, durante la quale la società civile palestinese guidò la lotta politica in un contesto apolide. Giovani attivisti unirono l’attivismo sociale con la lotta nazionale, dando una nuova forma alla causa palestinese sul suolo palestinese. Maha Nassar fu una delle figure chiave coinvolte.

Nata nella Città Vecchia di Gerusalemme da una famiglia cristiana nel 1954,  studiò fisica all’Università di Birzeit e lavorò come insegnante nella scuola luterana di Ramallah. Mentre era ancora una studentessa a Birzeit,  partecipò alla creazione di una delle prime organizzazioni studentesche, il Polo Studentesco Democratico Progressista, attivo ancora oggi.

Maha Nassar fu un membro fondatore del primo gruppo di volontariato nell’università, che costituì parte del più ampio movimento di volontariato dalla metà degli anni ’70, svolgendo un ruolo importante nel riunire i palestinesi nell’azione collettiva. Nello stesso periodo, si unì al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e fu arrestata più volte per il suo attivismo.

A metà degli anni ’80, fu il principale membro fondatore dell’Unione dei Comitati delle Donne Palestinesi, un sindacato di assistenza sociale femminile che promuoveva l’istruzione femminile e l’emancipazione economica attraverso progetti di cooperazione e campagne di volontariato nei villaggi e nei campi profughi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. L’Unione  divenne un attore importante durante la prima Intifada, mobilitando le donne nella creazione di modelli economici autosufficienti come un modo per staccarsi dal controllo israeliano. Fu eletta presidente del sindacato per tre mandati consecutivi.

Durante la Prima Intifada, Nassar fu membro fondatore del Consiglio Superiore delle Donne, un ramo della dirigenza unificata palestinese dell’Intifada, e fu arrestata più volte. Maha Nassar è morta a Ramallah nel 2009, lasciando una ricca eredità nel movimento femminista palestinese, così come nella vita politica palestinese.

Cristiani palestinesi: Una presenza continua

Oggi, i cristiani palestinesi sono per lo più indicati come una minoranza, a causa del loro piccolo numero. Costituiscono circa l’1% della popolazione palestinese in Cisgiordania e Gaza e il 9% della popolazione israeliana. Tuttavia, l’impatto che continuano ad avere nella vita palestinese è di gran lunga maggiore del loro numero.

Secondo uno studio dell’Università Dar Al Kalimah di Bethlehem e dell’Associazione Cattolica di Assistenza Sociale del Vicino Oriente lo scorso marzo, ci sono attualmente 296 organizzazioni cristiane nei territori palestinesi, che rappresentano il terzo più grande datore di lavoro in Palestina, con la maggior parte dei loro beneficiari non cristiani.

I cristiani palestinesi continuano ad essere presenti in tutti i campi della vita palestinese. Il loro ruolo storico e presente è contraddistinto da molti nomi che qualsiasi palestinese riconoscerebbe, e molti altri che per il momento restano sconosciuti.

Qassam Muaddi è corrispondente di The New Arab in Cisgiordania, che segue gli sviluppi politici e sociali nei Territori Palestinesi Occupati.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org