Il tagliente rapporto sull’apartheid di Amnesty porterà a un cambiamento nelle pratiche criminali di Israele?

La realtà che il rapporto di Amnesty ha portato alla luce apre le porte a una campagna anti-apartheid molto più aggressiva di quella che abbiamo visto finora.

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Di Miko Peled – 10 febbraio 2022Immagine di copertina: Un giornalista tiene in mano una copia del rapporto di Amnesty International “L’apartheid Israeliano Contro i Palestinesi”, in una conferenza stampa sulla pubblicazione del rapporto di 278 pagine compilato in un periodo di quattro anni, a Gerusalemme, 1 febbraio 2022. Credito: Maya Alleruzzo | AP

LONDRA – Il rapporto di Amnesty International sul sistema di apartheid israeliano afferma che, sin dalla sua fondazione nel 1948, Israele ha di fatto costituito un “sistema crudele di dominio e crimine contro l’umanità”. Afferma inoltre:

“Amnesty International ha analizzato l’intento di Israele di creare e mantenere un sistema di oppressione e dominio sui palestinesi e ne ha esaminato le componenti principali: frammentazione territoriale; segregazione e controllo; espropriazione di terreni e proprietà; e negazione dei diritti economici e sociali. Ha concluso che questo sistema equivale all’apartheid”.

Crimini contro l’umanità

Il rapporto afferma correttamente che la designazione di apartheid dello Stato israeliano lo colloca saldamente nella categoria dei “crimini contro l’umanità”. Questa non è una conclusione insignificante. Il rapporto afferma che gli atti inumani o disumani commessi da Israele “equivalgono al crimine contro l’umanità di apartheid sia ai sensi della Convenzione sull’Apartheid che dello Statuto di Roma”.

Secondo la Facoltà di Giurisprudenza dell’Istituto di Informazione Giuridica Cornell:

“Il crimine contro l’umanità si riferisce a una categoria di crimini contro il diritto internazionale che include le violazioni più eclatanti della dignità umana, in particolare quelle dirette verso le popolazioni civili. La moderna concezione dei crimini contro l’umanità è specificata negli statuti istitutivi dei tribunali penali internazionali, tra cui il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia e la Corte Penale Internazionale dell’Aja”.

Come codificato nell’articolo 7 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, i seguenti atti sono punibili come crimini contro l’umanità se perpetrati da un attore statale come parte di un attacco sistematico o diffuso contro una popolazione civile:

“Omicidio; sterminio; deportazione o trasferimento forzato; ingiusta reclusione; tortura; stupro, schiavitù sessuale o sterilizzazione forzata; persecuzione etnica; epurazione; discriminazione razziale”.

Altri atti disumani di carattere simile provocano intenzionalmente grandi sofferenze o gravi lesioni corporali o alla salute mentale o fisica. Il requisito dell’intento per la responsabilità è “la conoscenza dell’attacco”.

Il rapporto di Amnesty afferma chiaramente che l’apartheid israeliano rientra in questa categoria e fornisce dati per dimostrare che questi crimini sono stati perpetrati intenzionalmente.

Opportunità per le campagne anti-apartheid 

La realtà che questo rapporto ha portato alla luce apre le porte a una campagna anti-apartheid molto più aggressiva di quella che abbiamo visto finora. Quando le organizzazioni sioniste organizzano eventi, lo fanno a sostegno di Israele; incoraggiano gli altri a sostenere Israele finanziariamente e politicamente. Queste organizzazioni devono prenotare centri congressi e alberghi, i cui uffici aziendali dovrebbero avere copie del rapporto di Amnesty sulle loro scrivanie insieme alla richiesta di rifiutarsi di soddisfare le organizzazioni sioniste.

Secondo la Convenzione Internazionale sulla Repressione e la Punizione del Crimine di Apartheid, “la responsabilità penale internazionale si applica a individui, membri di organizzazioni e rappresentanti dello Stato che commettono, incitano o cospirano per commettere il crimine di apartheid”.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 3° della Convenzione:

La responsabilità penale internazionale si applica, indipendentemente dal motivo, a persone, membri di organizzazioni e istituzioni e rappresentanti dello Stato, residenti nel territorio dello Stato in cui sono commessi gli atti o in altro Stato, ogniqualvolta:

(a) Commettono, partecipano, incitano direttamente o cospirano alla commissione degli atti menzionati nell’articolo 2° della presente Convenzione;

(b) Favoriscono, incoraggiano o collaborano direttamente alla commissione del crimine di apartheid.

Le sezioni (a) e (b) dell’articolo 3° si applicano entrambi alle organizzazioni sioniste che fanno pressioni e promuovono Israele negli Stati Uniti. Le società che forniscono servizi a queste organizzazioni devono sapere che stanno fornendo servizi a elementi criminali e che questo verrà utilizzato contro di loro in campagne che chiederanno conto delle responsabilità.

Ogni anno nelle città degli Stati Uniti, le organizzazioni sioniste filo-israeliane come AIPAC, J-Street, l’ADL, e la più grande organizzazione sionista di tutte, la Christians United for Israel (Cristiani Uniti per Israele – CUFI), tengono i loro eventi multimilionari. Questi eventi richiedono un’enorme quantità di pianificazione e logistica, tra cui un importante centro congressi, camere d’albergo, ristorazione, trasporti e altri prodotti e servizi.

Queste conferenze forniscono milioni di dollari di entrate alle città e agli stabilimenti che le ospitano. Mentre il denaro fornito da queste organizzazioni è un forte incentivo per le aziende che si rivolgono a loro a guardare dall’altra parte, le aziende e le società che forniscono i servizi alle organizzazioni sioniste devono capire che si stanno rendendo complici di un crimine.

Ospitare organizzazioni razziste e violente che perpetuano l’odio può essere protetto dal diritto al profitto, ma ora stiamo parlando di servire organizzazioni che stanno perpetrando crimini contro l’umanità. Gli amministratori delegati e i membri dei consigli di amministrazione di Hilton, Marriott e altre importanti catene alberghiere, nonché le città che affittano i centri congressi, devono sapere che l’accoglienza per i gruppi filo-israeliani non è più accettabile. Le raccomandazioni del rapporto di Amnesty chiariscono che sostenere Israele in qualsiasi modo costituisce una partecipazione ad un crimine contro l’umanità e che chiunque lo faccia sarà denunciato e ritenuto responsabile.

Non più terroristi

Nel settembre del 2020, la leader palestinese e comandante della resistenza Leila Khaled avrebbe dovuto partecipare a una videoconferenza ospitata dall’Università Statale di San Francisco. L’evento doveva svolgersi tramite Zoom ma, cedendo alle pressioni dei gruppi sionisti, Zoom ha annullato l’evento. L’evento è stato quindi condiviso in diretta tramite Facebook e YouTube, che in seguito hanno entrambi cancellato il video dell’evento.

Il motivo addotto per la cancellazione da parte di Zoom era che Leila Khaled appartiene al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, un’organizzazione elencata dagli Stati Uniti tra le organizzazioni terroristiche. Tuttavia, poiché Israele ha commesso crimini contro l’umanità imponendo un regime di apartheid al popolo palestinese, i palestinesi che resistono non possono essere considerati terroristi, ma combattenti per la libertà. Quali persone non si organizzerebbero e combatterebbero un regime razzista e violento che viene loro imposto? Gli americani hanno certamente a cuore il motto “Vivi Libero o Muori”, e così i palestinesi.

I dati e le indagini dettagliate che hanno portato al rapporto di Amnesty devono essere utilizzati anche per liberare i palestinesi che resistono all’apartheid dal peso della designazione a “terroristi” e fornire un’apertura per consentire loro di partecipare liberamente alla discussione su come porre fine al regime di apartheid.

Le infinite possibilità create dal rapporto di Amnesty possono apportare un cambiamento in meglio in Palestina. Tuttavia, le cose non cambieranno a meno che le persone che hanno a cuore la giustizia e la libertà non adottino questo rapporto e lo utilizzino con saggezza.

Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five”.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org