Mansour Abbas, leader del Partito Ra’am alla Knesset israeliana (Parlamento), si presenta come un pragmatico negando l’apartheid israeliano. Ma questo pragmatismo che proclama è semplicemente un’estensione della politica coloniale di esclusione di Israele.
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Di Ramona Wadi – 23 febbraio 2022
Immagine di copertina: il capo del partito conservatore islamico Raam israeliano Mansour Abbas fa un gesto mentre parla ai giornalisti dopo una sessione alla Knesset israeliana nella Gerusalemme occupata il 4 novembre 2021. [Getty]
Se l’anno scorso l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem ha fatto notizia sulla sua designazione di Israele come Stato di apartheid, il rapporto di quest’anno di Amnesty International, che è giunto alla stessa conclusione, ha suscitato un clamore ancora più grande a livello internazionale. Israele si sta affrettando a salvare la sua immagine pubblica pur rimanendo rassicurato dalle reazioni di alcuni governi che hanno rifiutato apertamente la realtà dell’apartheid israeliano.
I palestinesi hanno affermato le loro esperienze di apartheid molto prima del rapporto B’Tselem e Amnesty International, con scarso vantaggio perché all’interno della comunità internazionale il popolo palestinese esiste solo per svolgere un ruolo nel modello umanitario creato dall’ONU.
Tuttavia, in un momento in cui la coerenza è più che mai necessaria per ritenere Israele responsabile delle sue violazioni del diritto internazionale, arriva il leader del Partito Ra’am Mansour Abbas e i suoi soliti tentativi di far deragliare anche le più piccole possibilità del popolo palestinese di ottenere giustizia e diritti politici.
“Non lo chiamerei apartheid”, ha dichiarato Abbas durante un evento virtuale organizzato dall’Istituto per la Politica del Vicino Oriente di Washington. “Preferisco descrivere la realtà in modo oggettivo. Se c’è discriminazione in un determinato campo, allora diremo che c’è discriminazione in quel campo specifico”.
Questa non è la prima volta che Abbas, che si è unito al governo di coalizione del Primo Ministro israeliano Naftali Bennett, legittima la narrativa coloniale di Israele contro il popolo palestinese. Ciò che Abbas e Israele descrivono come “pragmatismo” è il tentativo di un politico palestinese di emarginare ulteriormente i palestinesi rifiutando la loro narrativa all’interno del parlamento israeliano.
Abbas ha descritto il suo ruolo come “complementare”. Tuttavia, come evidenziato in altre occasioni, Abbas preferisce minimizzare le conseguenze della colonizzazione israeliana e avanzare suggerimenti sul compromesso, respingendo la necessità di concentrarsi sulla decolonizzazione e sulla giustizia.
La sua reazione al rapporto di Amnesty International non ha fatto eccezione. Invece di ammettere l’evidenza, che Israele è uno Stato di apartheid come risultato della sua impresa coloniale, Mansour Abbas è diventato il palestinese più importante a sposare apertamente la narrativa di Israele. Nemmeno l’Autorità Palestinese è caduta così in basso.
Considerando che l’Autorità Palestinese si è affrettata a utilizzare il rapporto come ulteriore prova delle violazioni del diritto internazionale da parte di Israele oppure come base su cui l’Unione Africana dovrebbe riconsiderare la sua accettazione di Israele come Stato osservatore, un recente tentativo del Primo Ministro dell’Autorità Palestinese Mohammed Shtayyeh, il rifiuto di Mansour Abbas delle prove raccolte che dimostrano come l’apartheid di Israele ha contribuito direttamente alla normalizzazione da parte di Israele delle sue radici violente e della manifestazione attuale.
L’Autorità Palestinese desidera impugnare le designazioni internazionali di Israele come Stato di apartheid perché tali azioni si prestano alle indagini della Corte Penale Internazionale, motivo delle pressioni sul leader dell’Autorità Mahmoud Abbas per desistere. Anche se, naturalmente, Abbas farà di tutto per proteggere la sua posizione, anche se ciò significa perdere l’unica possibilità che i palestinesi hanno per ottenere un minimo di giustizia, l’Autorità Palestinese non sarebbe saggia a negare l’apartheid israeliano in un momento simile.
Dopotutto, in quanto attore nell’illusoria costruzione dello Stato della Palestina da parte della comunità internazionale, il rapporto di Amnesty International è forse lo strumento più influente che l’Autorità Palestinese ha a sua disposizione poiché le narrazioni palestinesi non sono particolarmente importanti per l’Autorità, avendole screditate a causa del suo coordinamento di sicurezza con Israele.
D’altra parte, se Mansour Abbas avesse accettato il rapporto di Amnesty International, avrebbe dovuto spiegare la sua precedente dichiarazione del dicembre 2020 dove affermava, incautamente, l’identità di Israele come Stato ebraico di per sé esclusivo e quindi antidemocratico. L’identità di Israele è innanzitutto un colonialismo europeo, e questo dovrebbe essere il punto di partenza per qualsiasi analisi di come Israele sia arrivato a dichiararsi uno Stato ebraico come sancito dalla sua legge e ad applicare politiche e pratiche di apartheid contro il popolo palestinese.
Il rifiuto della designazione di apartheid da parte di Amnesty International è anche un rifiuto dell’esperienza palestinese sotto la brutale occupazione militare coloniale di Israele. È solo nei media israeliani che Mansour Abbas è descritto come coraggioso non solo per aver compromesso ma anche rifiutato le sue radici palestinesi così come la sua storia che, come quella di altri palestinesi, è intrisa della pulizia etnica di Israele. Allinearsi con l’oppressore è un atto di codardia e di opportunismo politico. Non esiste una vera collaborazione, come hanno affermato alcuni giornalisti israeliani, nel forzare l’esperienza palestinese dell’apartheid a rimanere soggiogata alla narrativa dominante di Israele.
Ciò che Mansour Abbas ha ottenuto è l’equivalente di governi internazionali che pretendono di rivendicare i diritti dei palestinesi, ma legittimando le origini, l’esistenza e le politiche coloniali di Israele. Solo che questa volta, provenienti da un palestinese, le parole di Abbas hanno rafforzato la negazione dell’apartheid da parte di Israele.
L’attenzione specifica alle violazioni dei diritti umani da parte di Israele senza contesto è in parte responsabile delle pratiche radicate di apartheid che i palestinesi subiscono quotidianamente. Lo sfollamento e le demolizioni sono racchiusi all’interno del proprio modello, così come la violenza dei coloni, l’espansione coloniale, la segregazione, i posti di blocco e i permessi. Per evitare le critiche alla violenza coloniale di Israele, l’ONU ha preferito concentrarsi su violazioni specifiche, rompendo così la struttura coloniale implementata da Israele ed evitando di affrontare il fatto che la comunità internazionale ha legittimato e normalizzato la violenza di Israele contro il popolo palestinese.
Mansour Abbas sta promuovendo la stessa tattica. Osservare i dettagli senza contesto, mentre si confuta una ricerca meticolosa che ha il potenziale per cambiare le prospettive internazionali su Israele è un chiaro avallo della violenza di Israele. L’apartheid mantiene la colonizzazione israeliana del territorio palestinese, mantiene i dati demografici che hanno permesso a Israele di dichiararsi uno Stato esclusivamente ebraico e privare i palestinesi dei loro diritti politici. Se Abbas dovesse segnalare casi specifici di “discriminazione” israeliana, da dove comincerebbe?
Tutti i cosiddetti “campi specifici”, come Abbas ha definito ambiguamente le violazioni israeliane contro il popolo palestinese, hanno influenzato la vita quotidiana delle persone. In particolare, l’assenza di libertà di movimento dei palestinesi, che è essa stessa un derivato della pulizia etnica e dell’espropriazione del popolo palestinese da parte di Israele, è uno dei principali fattori che si ripercuotono nel determinare la segregazione creata da Israele dalla sua esclusività rispetto alla sua società di coloni ebrei.
Forse Mansour Abbas farebbe bene a ricordare che i palestinesi hanno chiesto un unico Stato democratico come alternativa al defunto compromesso a due Stati che svolge anch’esso un ruolo nell’apartheid israeliano.
Normalizzando il colonialismo israeliano e negando l’esperienza palestinese dell’apartheid come un derivato del colonialismo sionista, il leader del Partito Ra’am sta promuovendo la supremazia israeliana. Mansour Abbas continua a dipingersi come l’ambito pragmatico del governo israeliano, ma il pragmatismo che proclama è semplicemente un’estensione della politica coloniale sionista di esclusione.
Ramona Wadi è una ricercatrice indipendente, giornalista indipendente, recensore di libri e blogger specializzata nella lotta per la memoria in Cile e Palestina, nella violenza coloniale e nella manipolazione del diritto internazionale.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org