Nel 2020 in Libano è stata approvata una nuova legge che per la prima volta ha criminalizzato le molestie sessuali, ma è stata espressa preoccupazione per le scappatoie della legge, l’efficacia dell’applicazione e la sua applicazione pratica nelle procedure legali.
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Maghie Ghali – 8 marzo 2022
Attiviste libanesi sono scese in piazza per denunciare l’inerzia del Paese nei confronti delle vittime di molestie sessuali dopo che una ragazza di 16 anni è stata aggredita a Tripoli. Il caso ha riacceso una lunga battaglia per rivendicare giustizia per le vittime di abusi.
Il recente scandalo delle molestie sessuali al liceo pubblico George Sarraf di Tripoli, in Libano, si è diffuso sui social media a macchia d’olio, aumentando il sostegno alle ragazze che l’insegnante Samer Mawlawi ha molestato verbalmente e fisicamente nel corso degli anni.
A seguito di un sit-in di protesta delle studentesse e delle accuse secondo cui il direttore della scuola stava coprendo l’insegnante, rifiutandosi di agire in base a precedenti denunce e prove, Mawlawi è stato sospeso.
Un comitato di 10 studentesse, formato per intentare una causa contro di lui, che è attualmente in attesa di procedimento giudiziario, raccoglierà tutte le testimonianze e le prove delle studentesse da dieci anni a questa parte.
“Nel 2020 in Libano è stata approvata una nuova legge (la 205) che per la prima volta ha criminalizzato le molestie sessuali, ma è stata espressa preoccupazione per le scappatoie della legge, l’efficacia dell’applicazione e la sua applicazione pratica nelle procedure legali”
È stata Ghinna Dannaoui, 16 anni, a denunciare a nome suo e delle compagne di classe il comportamento inaccettabile dell’insegnante.
“All’inizio c’erano molte voci sul fatto che il professore non fosse bravo e tenesse un comportamento strano, e poi in classe abbiamo iniziato a vedere che stava oltrepassando i limiti, toccando ripetutamente le ragazze e dicendo cose inappropriate”, ha detto Ghinna a The New Arab. “Mi ha insultato, ha detto ‘chiudi la bocca, idiota’. Gli ho detto che non aveva il diritto di parlarmi in quel modo e si è arrabbiato, ha iniziato a urlare contro le ragazze della classe, dicendo che avevamo bisogno di una “botta in testa.’
“E’ stato allora che abbiamo informato la direttrice della scuola la quale ci ha detto di mettere tutto per iscritto e di consegnare il testo al direttore della scuola, cosa che abbiamo fatto come gruppo”, ha aggiunto. “Il direttore ha preso da parte due ragazze per cercare di convincerle del contrario, dicendo quanto si fossero sempre comportate bene e che avevano l’età per sposarsi. Non ha detto nulla sul comportamento dell’insegnante e si è concentrato solo sul tentativo di far dimenticare il problema alle ragazze “.
Non volendo fare marcia indietro, Ghinna si è rivolta ai social media e ha poi organizzato la protesta, dopo che il direttore l’ha minacciata di una causa per diffamazione a nome di Mawlawi. Attualmente vi è invece una causa contro Mawlawi e la scuola.
“Era da 10 anni che l’insegnante aveva una cattiva reputazione e per questo è stato licenziato da molte scuole e si è trasferito molte volte” ha detto Ghinna. “Nei commenti al post che ho fatto, c’erano studentesse di molti anni fa che hanno iniziato a parlare delle loro lotte con questo insegnante.
“Una volta mi ha messo una mano sulla spalla, quindi l’ho spinto via. Ho visto una ragazza della mia classe che si stava specchiando e lui l’ha abbracciata da dietro, dicendo quanto fosse bella”, ha aggiunto. “Fingeva sempre di indicare un passaggio in un libro di testo per mettere un braccio intorno alla ragazza.”
Sebbene il caso abbia attirato molta attenzione e sia stato annunciato come un passo nella giusta direzione per il movimento libanese #MeToo, esso evidenzia anche la mancanza di supporto da parte dei canali ufficiali e una mentalità arcaica ancora in pieno vigore.
Nel 2020 è stata approvata una nuova legge (la 205) che per la prima volta ha criminalizzato le molestie sessuali, ma è stata espressa preoccupazione per le sue lacune, l’efficacia dell’applicazione e la sua applicazione pratica nelle procedure legali.
La legge definisce le molestie sessuali come “qualsiasi comportamento molesto e ripetitivo straordinario, non gradito alla vittima e con una connotazione sessuale che costituisce una violazione del corpo, della privacy o delle emozioni”.
“Non dovremmo portare questo fardello mentre proviamo a studiare e pensiamo al nostro futuro… Nessuno dovrebbe aver paura di parlare se ha vissuto qualcosa del genere”
La legge punisce le molestie sessuali fino a un anno di reclusione e multe fino a 10 volte il salario minimo. In alcuni casi, come le molestie sessuali da parte di chi è in una posizione di potere ( le molestie a un subordinato sul lavoro per esempio), la reclusione e le multe possono essere aumentate fino a quattro anni e a 50 volte il salario minimo.
Per i casi trattati in tribunale – un processo può richiedere da due a tre anni – l’organismo di vigilanza sui diritti Legal Agenda ha criticato l’efficacia della legge riguardo la protezione della vittima, soprattutto sul posto di lavoro, in quanto le vittime devono comunque continuare ad essere presenti sul posto di lavoro fino alla chiusura del caso. Una perdita del posto di lavoro è un rischio che le vittime devono mettere in conto quando affrontano un caso giudiziario che possono o non possono vincere, poiché il molestatore viene ovviamente informato su chi abbia intentato la causa.
Anche la causa deve essere intentata entro un certo lasso di tempo e devono esserci prove di molestie, che possono essere difficili da esibire.
Ghida Aoun, fondatrice dell’ONG Abaad per la parità di genere, ha affermato che la nuova legge ha “un meccanismo di attuazione lento che spesso presenta carenze nelle prestazioni, dalla fase di notifica alla protezione della vittima, soprattutto perché le attuali difficoltà economiche fanno sì che la maggior parte delle donne rinunci alla denuncia, a favore dell’assicurazione sulla vita di base (sotto forma di impiego o garanzia da un coniuge).
” Per ridurre i crimini di molestia la sfida risiede nella solidarietà sociale, diffondendo la consapevolezza e sollecitando il perseguimento degli autori”, ha aggiunto. “Siamo preoccupate per l’aumento del numero di questi crimini a causa delle conseguenze negative della pandemia e delle molteplici crisi del Libano sulla salute mentale… quindi Abaad ha lanciato ‘Ready to Hear a Story’ all’interno del nostro Men’s Listening Center, che aiuta gli uomini a ricevere supporto psicologico”.
La ONG Mousawat per l’uguaglianza di genere con sede a Tripoli ha trascorso anni cercando di affrontare le molestie sessuali e cambiare i costrutti sociali nella città più conservatrice del nord. Attraverso campagne di sensibilizzazione e seminari, Mousawat sta cercando di educare i tripolini con programmi sulla qualità di genere, la partecipazione degli uomini ai lavori domestici e alla cura dei bambini, il matrimonio, il processo decisionale per le donne e le molestie sessuali.
“Abbiamo scoperto che il 60% delle persone con cui abbiamo parlato non conosceva la legge 205 e oltre il 75% non conosceva l’esatta definizione di molestia sessuale. Molti pensano che le molestie sessuali avvengano solo quando si verifica uno stupro”, ha detto il direttore di Mousawat Mohammad Younis a The New Arab. “Dopo aver spiegato la definizione di molestia sessuale, oltre il 90% dei nostri beneficiari ha affermato di aver subito molestie sessuali, compresi gli uomini”.
Nel 2021, Mousawat ha lavorato per un mese con 50 tassisti per rielaborare i loro preconcetti sulle molestie sessuali. Sperano di continuare il programma, poiché molti dei loro assistiti hanno affermato di aver subito molestie nei trasporti pubblici.
“Gli autisti credono che il motivo dietro le molestie sessuali sia legato a ciò che indossa la donna o al modo in cui si comporta in pubblico”, ha detto Younis. “Se indossa un profumo, ad esempio, alcuni lo vedono come un invito a molestie sessuali, ma quando mostriamo loro le statistiche su come la maggior parte delle molestie sessuali viene subita da donne che indossano l’hijab o con i bambini, iniziano a ripensarci”.
Accanto alla loro campagna “Badi Balegh” (I Want to Report) – che incoraggia tutte e tutti a denunciare se subiscono o sono testimoni di molestie sessuali– Mousawat ha lavorato con la polizia municipale per formare gli agenti sulla gestione degli incidenti segnalati. Sono previsti anche corsi di autodifesa per ragazze.
Ghinna dice di avere poca fiducia nel sistema giudiziario, ma che le persone dovrebbero denunciare a prescindere, poiché anche se il molestatore non viene condannato, scoraggerà socialmente gli altri dallo stesso comportamento.
“Non dovremmo portare questo peso mentre cerchiamo di studiare e di pensare al nostro futuro”, ha detto la ragazza. “Nessuno dovrebbe avere paura di parlare se ha sperimentato qualcosa del genere e questo insegnante dovrebbe essere un esempio per chiunque altro la pensi allo stesso modo. Non siamo sole e insieme, come ragazze, siamo più forti”.
Maghie Ghali è una giornalista anglo-libanese con sede a Beirut. Ha lavorato per The Daily Star Libano e scrive come freelance per numerose pubblicazioni, tra cui The National, Al Arabiya English, Al Jazeera e Middle East Eye, su arte e cultura/design, ambiente e argomenti umanitari.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org