Come parte dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, l’esercito israeliano controlla chi può vivere, entrare o uscire dal territorio palestinese.
Fonte: english version
Di Michael Omer-Man – 29 aprile 2022
Come parte dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, l’esercito israeliano controlla chi può vivere, entrare o uscire dal territorio palestinese. Nel corso degli anni, Israele ha utilizzato tale controllo per impedire il ritorno dei profughi palestinesi, revocare la residenza a quasi 150.000 palestinesi della Cisgiordania e porre divieti di viaggio a decine di migliaia di altri palestinesi, il tutto lasciando libero sfogo ai coloni israeliani di stabilire insediamenti e prendere la residenza sia con che senza il permesso delle autorità israeliane. Questi sono solo alcuni dei motivi per cui gruppi per i diritti umani e funzionari delle Nazioni Unite definiscono Israele uno Stato di Apartheid.
Ma l’esercito israeliano decide anche se gli stranieri, ovvero quelli senza cittadinanza o residenza israeliana o palestinese, rispettivamente, possono entrare in Cisgiordania e per quanto tempo. Durante i 55 anni di occupazione israeliana, ma in particolare dal 2014, il governo militare israeliano in Cisgiordania, ora noto come Coordinatore delle Attività Governative nei Territori, o COGAT, ha utilizzato tale autorità in modi più ampi e offensivi.
Ha richiesto ad alcuni visitatori di depositare una cauzione fino a 25.000 dollari (23.754 euro) per poter entrare in Cisgiordania. I coniugi stranieri di palestinesi sono stati lasciati in un limbo legale con Israele che ha rifiutato o trascinato per anni le pratiche per rinnovare i loro visti e costringendoli a ricominciare da capo il processo di visto se devono viaggiare anche solo per visitare un parente malato o morente. A peggiorare le cose, le decisioni sembravano sempre più arbitrarie.
“Stavamo assistendo a rigide restrizioni all’ingresso e al soggiorno che non avevano alcuna base nei regolamenti”, afferma l’avvocato di Gerusalemme Leora Bechor, che insieme al collega avvocato Yotam Ben Hillel ha contestato tali regolamenti e politiche in una causa del 2019 che è in corso ancora oggi.
Nel tentativo di far archiviare la loro causa, il COGAT ha presentato alla Corte israeliana una nuova serie di regolamenti sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri in Cisgiordania, espandendo la versione precedente da quattro pagine a ben 62 pagine di restrizioni: 97 pagine nella versione inglese. Tra le norme delineate nel nuovo documento, denominato: “Procedura per l’Ingresso e il Soggiorno degli Stranieri nell’Area di Giudea e Samaria”, ci sono le restrizioni su chi può insegnare nelle università palestinesi; sugli studenti stranieri; e su quali tipi di organizzazioni possono ospitare volontari. Peggio ancora, escludono ampie fasce di altri che potrebbero volere o avere motivo di visitare la Palestina.
Vietano inoltre agli stranieri che visitano solo la Cisgiordania di utilizzare l’unico grande aeroporto internazionale tra il fiume Giordano e il Mediterraneo, l’aeroporto internazionale Ben-Gurion. Se sono in possesso di un passaporto di un Paese che ha un accordo di esenzione dal visto con Israele e dichiarano che sono in viaggio per Israele oltre che per la Cisgiordania, tuttavia, possono passare dal Ben-Gurion.
Il nuovo regolamento, pubblicato in ebraico a febbraio, doveva entrare in vigore il 22 maggio. In risposta alle obiezioni di Bechor e Ben Hillel, tuttavia, il COGAT ha dichiarato questa settimana, il 28 aprile, che ne ritarderà l’attuazione di altri 45 giorni. L’Alta Corte di Giustizia israeliana ascolterà gli argomenti del caso lunedì 2 maggio. Bechor ha discusso il caso e le restrizioni “più drastiche” di Israele sulla Cisgiordania in un’intervista a Democracy in Exile (Democrazia in Esilio).
La seguente trascrizione è stata leggermente modificata per chiarezza e lunghezza.
C’è stata una grande protesta in risposta a questi nuovi regolamenti, che originariamente avrebbero dovuto entrare in vigore tra poche settimane. Come è successo?
La precedente politica, che disciplinava quali categorie di stranieri potevano entrare in Cisgiordania e i periodi per i quali potevano rimanere, era in vigore da molti anni. A partire dal 2014 circa, il COGAT è diventato estremamente rigido in termini di applicazione della politica e ha iniziato essenzialmente a inventare molti nuovi criteri che non esistono da nessuna parte nel regolamento. Il vecchio regolamento è un documento estremamente breve che non affronta molte questioni relative all’ingresso degli stranieri e non era chiaro su chi poteva o non poteva entrare.
Abbiamo rappresentato decine di stranieri e le loro famiglie che sono stati colpiti da queste politiche, a cui è stato negato l’ingresso in Cisgiordania o l’estensione dei loro visti di entrata.
Nelle singole istanze che avevamo presentato dal 2017, il COGAT aveva già comunicato che stavano lavorando a una nuovo regolamento. Abbiamo avuto casi di coniugi stranieri di palestinesi; qualcuno che aveva doppia nazionalità, cittadinanza canadese e possedeva un passaporto giordano (COGAT tratta i cittadini giordani secondo diverse normative); un caso di qualcuno che ha dovuto pagare una cauzione di 80.000 shekel (22.744 euro) solo per entrare in Cisgiordania.
Di volta in volta, abbiamo assistito a rigide restrizioni che non avevano alcun fondamento nel linguaggio del regolamento.
Può fare un esempio di qualcuno che è stato colpito da queste pratiche?
Si potrebbe avere un coniuge straniero che ha vissuto in Cisgiordania per 20 anni. In genere avevano libertà di movimento e potevano presentarsi al valico del Ponte di Allenby con il passaporto. Nel sistema, risultava essere sposato con un palestinese e di aver ricevuto un visto senza pre-coordinamento con il COGAT. E quando quella persona andava a rinnovare il visto, otteneva un nuovo visto per un anno.
Nel 2014 abbiamo iniziato a vedere i coniugi ottenere il rinnovo dei visti per tre mesi invece di un anno. Queste persone, che forse vivevano in Cisgiordania da 20 anni, non avevano alcun senso di sicurezza vivendo con i loro coniugi e figli. Temevano che in qualsiasi momento il loro visto potesse essere revocato e che sarebbero stati espulsi.
In passato, avevano anche ingressi multipli sui loro visti; potevano uscire ed entrare a loro piacimento. Ad un certo punto il COGAT ha detto: no, non è questa la regola. Se uno se ne va, deve ripresentare la domanda, rendendo la vita insopportabile agli stranieri che all’improvviso hanno avuto difficoltà a visitare le loro famiglie, anche quando avevano i loro cari che stavano morendo in ospedale.
E la nostra posizione era no, questo non appare nel regolamento.
In risposta alla sua istanza, anche se, come ha detto, hanno affermato che stavano lavorando a un nuovo regolamento da molti anni, hanno presentato questo nuovo insieme di regole che è passato da quattro pagine a 60 pagine in ebraico e 90 pagine in inglese. Quali sono le nuove restrizioni che hanno aggiunto e perché sono problematiche?
Quindi, primo, le nuove restrizioni rappresentano molti dei problemi che avevamo sollevato nella nostra istanza iniziale. Ma invece di un nuovo regolamento che correggesse quei problemi, li aggrava e rende la nuova pratica più restrittiva.
La nuova pratica interessa vaste fasce della società palestinese e fondamentalmente crea una situazione in cui Israele prende quelle che dovrebbero essere decisioni indipendenti delle autorità palestinesi. Ad esempio, la politica crea restrizioni sul numero di accademici stranieri che possono insegnare nelle università palestinesi. Limita le qualifiche di quegli accademici. Limita il periodo di tempo in cui quegli accademici possono rimanere in Cisgiordania. Lo stesso vale per gli studenti stranieri.
Limita profondamente la capacità dei volontari stranieri di fare volontariato nelle istituzioni palestinesi essenziali, compresi nei settori della salute pubblica, del benessere e dell’istruzione. Non consente alcun impiego o volontariato nelle scuole superiori. Non consente a docenti professionisti di insegnare o tenere conferenze in istituzioni non accademiche. Quindi, ad esempio, un cardiochirurgo di fama mondiale non può più venire a formare medici palestinesi in modo che abbiano le capacità per curare i propri pazienti.
In che modo questo influenzerà i cittadini americani di origine palestinese?
Innanzi tutto, i requisiti per presentare domanda anticipata e il modulo che gli stranieri devono compilare sono in realtà in vigore da diversi anni. È stato utilizzato per categorie di persone che altrimenti non sarebbero ammissibili all’ingresso. È stato utilizzato per volontari e lavoratori. È stato utilizzato per le persone a cui in passato era stato negato l’ingresso in Cisgiordania. Non era stato utilizzato, ad esempio, per un coniuge straniero che non ha mai avuto problemi con i visti.
Durante la pandemia, hanno iniziato a richiedere a tutti i cittadini stranieri che dichiaravano la loro intenzione di recarsi esclusivamente in Cisgiordania di utilizzare quel modulo. Tutte quelle persone negli ultimi anni, fin dal 2014, dovevano entrare esclusivamente tramite il valico del Ponte di Allenby con rare eccezioni.
Ma la nuova politica afferma specificamente che, e questo era il caso precedente, che se c’è una duplice visita, il che significa che per le persone che intendono visitare sia Israele che la Cisgiordania, la regola non si applica a queste e possono entrare attraverso Israele e visitare sia Israele che la Cisgiordania.
Alla fine del nuovo regolamento, c’è un modulo di domanda che, tra l’altro, chiede se la persona possiede un terreno o se rivendica un’eredità in Cisgiordania. A cosa stanno mirando? Qual è l’interesse di Israele nel determinare questi tipi di connessioni?
Sono convinta che quelle sezioni che si occupano di proprietà siano un modo per determinare se la persona ha intenzione di venire per un breve viaggio o se l’intenzione è effettivamente quella di rimanere in Cisgiordania e cioè quello che chiamano “immigrare illegalmente”.
C’è una sezione specifica nel nuovo regolamento che afferma che se qualcuno viene per una visita di breve durata, e ci sono pochissime categorie di persone che possono venire per una visita di breve durata, quelle persone non sono autorizzate a lavorare o a possedere proprietà. È possibile che la domanda riguardo l’avere o meno familiari in Cisgiordania sia anche legata a questo, se ci sono membri della famiglia e il rischio che si sta andando a violare i termini del visto, diciamo perché si ha un permesso di tre mesi e si finisce per restare 10 anni, perché vogliono che il minor numero di persone possibile viva in Cisgiordania.
Cosa accadrà adesso?
Abbiamo un’udienza in tribunale fissata per il 2 maggio. Il 28 aprile il COGAT ha informato la Corte di aver preso la decisione di posticipare l’attuazione del nuovo regolamento di altri 45 giorni in modo che possano esaminare le istanze che abbiamo presentato, ma che vogliono ancora che il caso venga archiviato.
Michael Omer-Man è il direttore della ricerca per Israele-Palestina presso DAWN.
Leora Bechor si è laureata con lode alla Facoltà di Legge dell’Università di New York, è specializzata nei diritti di residenza dei palestinesi di Gerusalemme Est e nei diritti dei lavoratori stranieri in Israele e in Cisgiordania. Ha iniziato la sua carriera legale come avvocato per i diritti civili e l’edilizia abitativa presso Housing Works, Inc. a New York. Dopo essersi trasferita in Israele, ha lavorato presso l’Ufficio Nazionale del Difensore Pubblico e il Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli Affari Internazionali. Ha continuato a servire come avvocato del personale in tre delle principali organizzazioni israeliane per i diritti umani: HaMoked: Centro per la Difesa della Persona; ll Centro di Azione Religiosa di Israele – Movimento Israeliano per l’Ebraismo Progressista; e Kav LaOved – Linea Diretta per i Lavoratori. È stata anche consulente legale per la Coalizione Contro il Razzismo in Israele e ha svolto un ruolo attivo nella fondazione dell’associazione Tag Meir; ha fatto parte del consiglio di amministrazione di Women of the Wall (Donne del Muro) e si è offerta volontaria come consulente legale con Koach La Ovdim – Organizzazione Democratica dei Lavoratori. Ha ricevuto una laurea con lode in Letterature Comparate presso l’Università Columbia di New York ed è abilitata all’esercizio della professione in Israele e New York.
L’avvocato Yotam Ben-Hillel si è laureato alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Tel Aviv nel 2003. Ha dedicato la sua carriera ai diritti umani in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, compresi i diritti di residenza dei palestinesi. Ha lavorato per sei anni presso Hamoked: Centro per la Difesa della Persona come avvocato e come direttore dell’ufficio legale. Ha inoltre lavorato presso il Consiglio Norvegese per i Rifugiati, un’organizzazione umanitaria internazionale. Ha una vasta esperienza nei settori del diritto amministrativo, del diritto costituzionale e del diritto pubblico umanitario. Durante il suo incarico ad Hamoked, ha discusso numerose istanze dinanzi all’Alta Corte di Giustizia e nei tribunali amministrativi, concentrandosi sullo status giuridico dei diritti di residenza dei palestinesi di Gerusalemme Est, sul ricongiungimento familiare e sulla registrazione dei bambini. Fornisce regolarmente pareri di esperti legali nell’area dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org