Documenti mostrano che nel 2021 armi prodotte e finanziate dagli Stati Uniti hanno distrutto le scuole dell’UNRWA, i progetti USAID e uno stabilimento della Coca-Cola.
Fonte: english version
Di Daniel Boguslaw – 19 maggio 2022
Immagine di copertina: All’indomani degli attacchi israeliani, il 25 maggio 2021 un lavoratore palestinese recupera oggetti dalla fabbrica danneggiata della Coca-Cola nella zona industriale di Gaza. Foto: Majdi Fathi/NurPhoto via Getty Images
Lo scorso maggio, in un assalto alla Striscia di Gaza occupata, Israele ha lanciato centinaia di bombe, missili e proiettili, uccidendo oltre 240 palestinesi e ferendone più di 1.900. Più della metà delle vittime erano civili, secondo il Centro Studi Israeliano per l’Informazione su Intelligence e Terrorismo Meir Amit, nonostante le affermazioni israeliane di prendere di mira solo i combattenti di Hamas e di altri gruppi militanti palestinesi.
Alla fine dell’assalto di 11 giorni, decine di migliaia di abitanti di Gaza sono stati sfollati dalle case danneggiate, già alle prese in una regione con un tasso di disoccupazione del 50%, acqua tossica e infrastrutture fatiscenti. Migliaia di unità abitative, centinaia di scuole e 19 strutture sanitarie sono state danneggiate.
Ad aggravare il devastante bilancio sui civili palestinesi, le armi prodotte e finanziate dagli Stati Uniti sono state utilizzate per distruggere i progetti e le imprese umanitarie americane, secondo i documenti e i rapporti esaminati da The Intercept. La distruzione ha raggiunto diversi ospedali e strutture per il trattamento delle acque supportate dall’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID); dozzine di scuole gestite dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), finanziata dal Dipartimento di Stato americano; e uno stabilimento Coca-Cola costruito da un cittadino statunitense.
“La stragrande maggioranza delle munizioni utilizzate da Israele è prodotta o sovvenzionata dagli Stati Uniti”, ha detto Raed Jarrar, direttore dello studio legale di Democracy for the Arab World Now (Democrazia per il Mondo Arabo Adesso) o DAWN. “È giusto dire che ogni munizione israeliana è sovvenzionata dagli Stati Uniti in un modo o nell’altro, dalle tasse dei contribuenti statunitensi”.
Impoverita in gran parte grazie a un blocco israeliano che dura da 15 anni, Gaza fa molto affidamento sugli aiuti esteri per scongiurare le peggiori conseguenze umanitarie. Il Dipartimento di Stato americano aveva appena rinnovato un impegno di finanziamento scaduto all’UNRWA, contribuendo con 150 milioni di dollari (142 milioni di euro) per sostenere più di mezzo milione di palestinesi con scuole e strutture sanitarie. Secondo i documenti compilati dalle Nazioni Unite, dall’Autorità Palestinese e da gruppi per i diritti umani, più di 100 strutture dell’UNRWA a Gaza sono state danneggiate nella campagna di bombardamenti di 11 giorni nel maggio 2021, richiedendo oltre 1 milione di dollari (946.000 euro) in riparazioni. Altre dozzine di scuole amministrate dall’Autorità Palestinese hanno subito danni simili.
Non era certo la prima volta che armi finanziate dagli Stati Uniti venivano usate per distruggere progetti di aiuto sostenuti dagli stessi Stati Uniti. Nel 2014, durante un precedente attacco israeliano a Gaza, un missile Hellfire prodotto e sovvenzionato dagli Stati Uniti ha preso di mira una scuola dell’UNRWA, uccidendo 10 civili. Il massacro ha attirato una condanna diffusa, suscitando anche un raro rimprovero da parte dell’amministrazione Obama, il cui addetto stampa lo ha definito “totalmente indifendibile”. Ciò che è rimasto inespresso allora è stato il fatto che sia il missile che la scuola sono stati finanziati dal governo statunitense.
Il Dipartimento di Stato americano non è stata l’unica agenzia federale i cui fondi hanno sostenuto progetti di aiuto che le armi statunitensi hanno distrutto. Documenti e notizie esaminati da The Intercept mostrano che anche più di una dozzina di fabbriche nella zona industriale di Gaza orientale, costruite con i finanziamenti dell’USAID, insieme a diversi progetti finanziati dall’USAID per la fornitura di acqua, igiene e servizi igienici, sono state colpite.
A Khan Yunis, Rafa e Beit Lahia, le infrastrutture per il trattamento delle acque reflue e i serbatoi d’acqua finanziati dall’USAID, per la cui costruzione il governo degli Stati Uniti ha speso milioni, sono stati distrutti da attacchi aerei che hanno colpito più di 300.000 civili. Il 97% dell’acqua a Gaza è contaminata, provocando una diffusa crisi di salute pubblica, aggravata dalla distruzione delle infrastrutture idriche finanziate dagli Stati Uniti.
“Una delle ragioni principali per la perpetuazione dell’occupazione israeliana, e la morte e la sofferenza che l’accompagnano, è lo straordinario sostegno militare, diplomatico e politico datogli, in gran parte incondizionatamente, dagli Stati Uniti”, ha detto Michael Lynk, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite recentemente scomparso sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi. “Questa assistenza militare americana viene fornita, nonostante il fatto che le leggi del Congresso che regolano le esportazioni di armi statunitensi affermano che i Paesi destinatari non possono essere coinvolti in modelli coerenti di gravi violazioni dei diritti umani”.
Mentre Israele è il più grande destinatario degli aiuti militari statunitensi, non è praticamente soggetto a controlli operativi per garantire che le armi statunitensi non vengano utilizzate per commettere crimini di guerra, distruggere progetti finanziati dagli Stati Uniti o danneggiare la proprietà dei cittadini statunitensi a Gaza. Gli statuti che regolano le modalità di erogazione degli aiuti ai Territori Palestinesi, tuttavia, sono severi. Gli accertamenti che assicurano che non ci siano legami tra i finanziamenti statunitensi e Hamas sono costati milioni di dollari, a volte superando il costo degli stessi progetti di aiuto oggetto di accertamento.
Dal 1948, gli Stati Uniti hanno fornito assistenza a Israele per oltre 150 miliardi di dollari (142 miliardi di euro), ricevendo in cambio un punto d’appoggio in una regione di enorme importanza strategica. L’attuale modello esiste in base a un memorandum d’intesa che il Presidente Barack Obama ha firmato nel 2016, impegnandosi a fornire 38 miliardi di dollari (36 miliardi di euro) in aiuti tra il 2019 e il 2028 con una politica di apertura per ulteriori aiuti, come i miliardi di dollari che il Congresso ha dato a Israele a marzo per il suo sistema di difesa missilistica Iron Dome.
Il sistema di aiuti fornisce anche il finanziamento del flusso di cassa, un sistema simile a un contratto d’acquisto layaway, che consente a Israele di acquistare armi nel presente utilizzando denaro dal futuro. E contiene un’esenzione per gli appalti esteri, offerta a nessun altro Paese, che consente a Israele di spendere dollari delle tasse statunitensi per la propria industria delle armi senza rivelare come ha speso i soldi al Congresso o al pubblico americano. E, naturalmente, gli Stati Uniti mantengono le proprie armi immagazzinate in Israele, disponibili per l’uso da parte delle Forze di Difesa Israeliane, nonostante lo status di Israele come uno dei maggiori esportatori di armi al mondo. In due casi, Israele ha attinto alle scorte statunitensi per condurre campagne contro Hamas e il gruppo militante libanese Hezbollah.
Il risultato finale è un arsenale israeliano composto quasi interamente da armi prodotte o sovvenzionate dagli Stati Uniti.
Quando le bombe caddero sulla Striscia di Gaza lo scorso maggio, il profumo delle noci tostate e delle patatine sfritte è stato sostituito dall’odore opprimente della plastica bruciata. Una fabbrica di patatine e la fabbrica di gelati Maatouq, che un tempo producevano snack nella speranza di instillare un barlume di gioia nella striscia bloccata, sono state completamente distrutte dai bombardamenti.
Molte delle compagnie stabilite nella zona industriale di Gaza lo hanno fatto con la convinzione che l’esercito israeliano non avrebbe bombardato il sito commerciale. Finanziata dall’USAID, si pensava che l’area colpita da armi finanziate dagli Stati Uniti fosse protetta sotto gli auspici degli Accordi di Oslo, che creavano zone economiche speciali destinate a soppiantare il conflitto con il libero scambio reciprocamente vantaggioso.
Sono state colpite anche la fabbrica di materassi Foamco, il principale produttore di materassi per Gaza, la fabbrica di plastica di Abu Iskandar, la fabbrica di detersivi Clever, la fabbrica di tubi di plastica di Siksik e l’impianto alimentare di Al-Wadi, con danni per decine di milioni di dollari. Le fabbriche impiegavano 1.500 palestinesi e sono state gravemente colpite dai bombardamenti nelle prime ore del mattino del 17 e 18 maggio 2021.
Anche l’Ospedale Al Ahli Arab, che ha ricevuto una sovvenzione di 900.000 dollari (850.000 euro) dall’USAID per costruire un centro chirurgico, è stato danneggiato, così come l’Ospedale Beit Hanoun, un altro beneficiario del finanziamento dell’USAID.
In una dimostrazione altamente simbolica di quanto si estenda il disprezzo di Israele per gli interessi materiali degli Stati Uniti a Gaza, una fabbrica della Coca-Cola, da tempo un segno distintivo della portata globale dell’America, è stata l’ennesimo obiettivo dei bombardamenti durante l’assalto di maggio.
“Coca-Cola è anche un azionista, non solo un concessionario di licenza, e io sono un azionista come cittadino statunitense, quindi questo ha colpito molti cittadini statunitensi”, ha detto Zahi Khouri, il proprietario della fabbrica. “Abbiamo bruciato migliaia di pallet e si sono verificati danni all’area logistica. Ci sono stati danni nella zona industriale, ma è stato anche danneggiato l’investimento della Coca-Cola in un progetto attraverso Mercy Corps dove abbiamo costruito una stazione di purificazione dell’acqua per un campo profughi”.
Secondo il Dipartimento di Stato americano, la partecipazione del 15% di Coca-Cola nella società che gestisce l’impianto rappresenta il più grande investimento privato statunitense in Palestina.
Mentre i meccanismi per punire i crimini di guerra perpetrati con il sostegno degli Stati Uniti sono applicati selettivamente contro molti altri Paesi, la mancanza di controllo sull’uso delle armi americane da parte delle Forze di Difesa Israeliane è lampante. Nel corso dell’assalto dello scorso maggio, la Fondazione per la Pace Internazionale Carnegie ha esposto dettagliatamente una serie di leggi statunitensi violate dagli attacchi di Israele. Questi includevano la Legge sull’Assistenza all’Estero, che stabilisce che gli aiuti non possono essere forniti a un Paese “che si impegna in un modello coerente di gravi violazioni dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale”; la Legge sul Controllo delle Esportazioni di Armi, che vieta l’assistenza militare statunitense ai Paesi che usano armi per ragioni diverse dalla “legittima autodifesa”; e le leggi Leahy, dal nome del senatore Democratico statunitense del Vermont uscente Patrick Leahy, che vietano la vendita di armi alle unità militari che hanno commesso “una grave violazione dei diritti umani”.
Con l’imminente uscita di Leahy, un Senato fin troppo contento di accettare contributi elettorali da appaltatori della difesa e gruppi di lobby israeliani rischia di perdere uno dei suoi pochi veri difensori dei diritti umani. Dopo decenni di lotte per preservare e migliorare la sua legge omonima e continui sforzi per indagare sui crimini di guerra israeliani, Leahy ora ricopre la potente posizione di presidente della Commissione per gli Stanziamenti, supervisionando gran parte della spesa che i suoi colleghi politicamente allineati hanno criticato.
Nel maggio 2021, mentre la campagna di bombardamenti dell’anno scorso volgeva al termine, il Senatore Indipendente del Vermont Bernie Sanders, e diversi membri progressisti della Camera dei Rappresentanti hanno presentato risoluzioni per bloccare un pacchetto di armi da 735 milioni di dollari (696 milioni di euro) che includeva lo stesso tipo di bombe a guida di precisione che Israele stava già usando per bombardare Gaza.
“Credo che gli Stati Uniti debbano aiutare ad aprire la strada a un futuro pacifico e prospero sia per gli israeliani che per i palestinesi”, ha detto Sanders all’epoca. “Dobbiamo esaminare attentamente se la vendita di queste armi stia effettivamente aiutando a farlo o se stia semplicemente alimentando il conflitto”.
Ma la Casa Bianca ha esitato. “Abbiamo visto segnali di un movimento verso un potenziale cessate il fuoco. Questo è chiaramente incoraggiante”, ha detto l’allora addetto stampa della Casa Bianca Jen Psaki. L’amministrazione Biden ha approvato la vendita.
Questo maggio, Israele ha lanciato un’altra campagna di bombardamenti su Gaza.
Daniel Boguslaw è un giornalista investigativo che si occupa di politica americana e avidità aziendale. Ha scritto per New Republic, The Nation, Sludge e American Prospect.