Qual è la posta in gioco nella disputa marittima Libano-Israele?

Entrambi i paesi sono desiderosi di estrarre il gas, ma nessuno dei due è disposto a rinunciare alle proprie posizioni.

Fonte: english version

William Christou – 9 giugno 2022

Il 5 giugno una nave esplorativa è arrivata nel giacimento di gas di Karish. La nave, inviata dal conglomerato energetico inglese Energean, era lì per esplorare e infine estrarre gas per Israele.

L’arrivo della nave ha fatto scattare il campanello d’allarme in Libano. Lunedì, il presidente libanese Michel Aoun ha affermato che stava discutendo le misure per “affrontare i tentativi del nemico israeliano di aumentare le tensioni ai confini marittimi meridionali”.

I suoi oppositori hanno rilasciato dichiarazioni in cui rimproverano lui e il premier libanese di aver concesso la ricchezza mineraria naturale del Libano al  vicino meridionale.

Hezbollah, la milizia appoggiata dall’Iran con sede nel sud del Libano, ha assunto un tono più duro. In un’intervista con Reuters, un funzionario di Hezbollah ha affermato di essere pronti ad agire “anche con la forza” contro le esplorazioni di gas israeliano nelle acque contese.

“L’improvvisa escalation delle tensioni ha richiesto anni. Israele e Libano hanno combattuto su come delimitare esattamente il loro confine marittimo per oltre un decennio ormai”

Solo un giorno prima, domenica, Israele aveva annunciato che alcune navi, oltre a una versione navale del sistema di difesa missilistica Iron Dome, sarebbero state dispiegate per proteggere il sito di trivellazione di Karish.

L’improvvisa escalation delle tensioni era prevedibile. Israele e Libano si sono battuti su come delimitare esattamente il loro confine marittimo per oltre un decennio, con pochi progressi.

In gioco ci sono potenzialmente centinaia di miliardi di dollari. Si stima che le sole riserve di petrolio e gas offshore del Libano valgano circa 250 miliardi di dollari, ovvero circa otto volte il PIL libanese nel 2020.

Libano e Israele non sono d’accordo su dove si trovi il loro confine condiviso, poiché una differenza di poche centinaia di chilometri quadrati potrebbe significare miliardi di carburante perso. Le due parti, nonostante le innumerevoli tornate di negoziati, hanno ben poche posizioni in comune. Non sono nemmeno d’accordo su quanta parte dell’area sia effettivamente contesa.

Martedì, il governo libanese ha invitato a Beirut l’inviato americano per l’energia, Amos Hochstein, che funge da mediatore tra Israele e Libano, per discutere del “completamento dei negoziati”.

Amos Hochstein era stato a Beirut a febbraio, dove aveva  concluso una serie di incontri in stile shuttle-diplomacy con Libano e Israele. Prima di andarsene, aveva detto a un media libanese locale che le due parti erano “in un momento in cui le aperture verso un accordo si erano ristrette”.

Da allora tutte le parti coinvolte sono rimaste mute riguardo alla demarcazione del confine. Hochstein non ha divulgato quale possa essere il potenziale accordo tra i due paesi coinvolti e date le recenti tensioni, sembra che le divergenze persistano ancora.

Una fonte libanese a conoscenza dei negoziati ha detto a The New Arab a febbraio che l’accordo proposto prevedeva uno scambio di risorse. Un accordo del genere, ha affermato la fonte, vedrebbe Libano e Israele dividere equamente tra loro le risorse nella zona contesa.

Sebbene i dettagli di un tale piano debbano ancora essere decisi, la fonte ha affermato che uno di questi scambi potrebbe essere quello secondo il quale i libanesi rinuncerebbero alla loro rivendicazione sul giacimento di gas di Karish, in cambio dell’ottenimento dell’intero giacimento di gas di Qana.

La fonte ha inoltre precisato che le trattative erano arrivate a una fase di “costruzione della fiducia” con entrambe le parti diffidenti, ma desiderose di procedere.

Per i libanesi, è probabile che le recenti mosse di Israele per sfruttare il giacimento di Karish potrebbero benissimo interrompere tale “costruzione di fiducia”.

Tuttavia, la frustrazione è cresciuta anche da parte israeliana a causa dell’inerzia libanese e delle sue mutevoli posizioni negoziali, ha dichiarato l’esperta di energia libanese Laury Haytayan.

“Non c’è nulla di inaspettato nelle azioni di Israele a Karish. Energean è sempre stato chiaro sui passaggi per la costruzione di una FSPO [Unità di stoccaggio e scarico della produzione galleggiante]: questa è una procedura normale”, ha detto Haytayan a The New Arab.

Una mappa raffigurante le aree contese nei negoziati marittimi libanese-israeliani.

Israele ha voluto limitare i negoziati all’area compresa tra la linea 1 e la linea che il Libano rivendicava come confine marittimo nel 2013, mentre il Libano afferma che l’area contesa si trova tra la linea 1 e la linea 29. [TNA]

Israele ha voluto limitare i negoziati all’area compresa tra la linea 1 e la linea che il Libano ha rivendicato come confine marittimo nel 2013, mentre il Libano afferma che l’area contesa si trova tra la linea 1 e la linea

Ha detto che Israele è rimasta sorpresa quando nel 2020 il Libano ha improvvisamente spostato le sue  rivendicazioni dalla cosiddetta “Linea 23” alla “Linea 29″,  ampliando in modo significativo le sue  rivendicazioni. Questo è stato un grande salto rispetto alla sua precedente rivendicazione territoriale, che gli osservatori hanno interpretato come se il Libano stesse cercando di migliorare la sua influenza con una posizione più massimalista.

“Israele è stato molto sorpreso dalla [nuova] posizione del Libano. Dal 2011 al 2020, il Libano ha sostenuto che i suoi confini marittimi con Israele erano sulla linea 23, quindi il campo di Karish era al di fuori di quell’area contesa”, ha detto Haytayan.

Hochstein ha reagito in modo simile alla nuova posizione del Libano, dichiarando che una nuova posizione negoziale era impossibile.

La squadra libanese, dal canto suo, considera la squadra negoziale precedente priva di competenze tecniche e legali. La sua convinzione è che alcune recenti sentenze marittime internazionali, inclusa la sentenza delle Nazioni Unite su una controversia tra Somalia e Kenya, abbiano fornito ampio terreno per la  rivendicazione della linea 29.

Il risultato è stato un continuo stallo tra Israele e Libano.

“Il Libano è un Paese in profonda crisi finanziaria. In questo contesto, molte aspettative sono legate al gas offshore”

Pressione da tutte le parti

La realtà della continua disputa sul Libano e sul confine israeliano e sulle risorse che potrebbe celare si è finora rivelata molto più cupa rispetto alle speranze e alle aspettative passate.

Energean, in una precedente presentazione agli investitori, ha affermato che le operazioni a Karish  dovrebbero iniziare a metà del 2022 e il primo flusso di gas nella seconda metà del 2023. Senza una risoluzione tra Israele e Libano, quella tempistica potrebbe potenzialmente  essere ritardata.

Con la prima rata di un prestito di 2,5 miliardi di dollari che deve essere rimborsata entro il primo trimestre del 2024, la posta in gioco è alta per il conglomerato energetico.

Il Libano deve anche affrontare una serie di pressioni interne, derivanti dal suo profondo malessere economico e dal suo sistema politico spezzettato.

“Il Libano è un paese in una profonda crisi finanziaria. In questo contesto, molte aspettative sono legate al gas offshore”, ha detto a The New Arab Mohaned Hage Ali, un collega del Malcolm H. Kerr Carnegie Middle East Center.

Oltre alla crisi economica, considerata una delle peggiori al mondo dal 1850, il Paese deve affrontare un’acuta crisi energetica. Il guasto della rete elettrica fornisce ai cittadini al massimo due ore di elettricità al giorno. Un afflusso di gas a basso costo sarebbe utilissimo per fornire energia al paese.

Tuttavia, nella migliore delle ipotesi, una volta iniziata l’esplorazione il Libano impiegherebbe almeno dai sei ai sette anni per monetizzare qualsiasi gas.

L’opinione popolare è sensibile sulla questione del gas offshore, come dimostrato dall’indignazione per la missione navale israeliana a Karish.

Oltre alla necessità di contanti, l’inimicizia di lunga data del Libano con il suo vicino meridionale rende l’idea che Israele “rubi” le sue risorse una pillola particolarmente amara da ingoiare.

Il risultato è una serie di attori che esercitano pressioni sul governo affinché adotti una posizione intransigente sui negoziati marittimi.

È in questo contesto che Hage Ali vede i commenti di Hezbollah lunedì,  come “un’opportunità” per il gruppo sostenuto dall’Iran di “mostrare la sua utilità”.

 

William Christou è il corrispondente di The New Arab che si occupa della politica del Medio Oriente e del Mediterraneo.

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org