Chiunque abbia assistito personalmente alla Marcia delle Bandiere a Gerusalemme può attestare che questa è, senza dubbio, una parata del terrore.
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Di Miko Peled – 7 giugno 2022
Immagine di copertina: membri dei movimenti giovanili ebraici ballano e sventolano bandiere israeliane alla vigilia della Danza delle Bandiere nella Città Vecchia di Gerusalemme, 28 maggio 2022. Tsafrir Abayov | AP
GERUSALEMME – A volte è più facile vedere le cose da lontano, soprattutto quando si parla di Palestina, dove le tragedie si susseguono a una velocità incredibile. Non c’è tempo per riprendersi da una tragedia prima che ne accadano altre due o tre, tutte causate da Israele con il suo onnipotente esercito e poi giustificate o insabbiate da vari rami dei gruppi sionisti in tutto il mondo.
La Danza delle Bandiere, comunemente chiamata Marcia delle Bandiere, si svolge a Gerusalemme ogni anno intorno all’inizio di giugno. Nel 2022 è stata preceduta dall’uccisione mirata della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh e dall’assalto al suo corteo funebre, seguita dall’uccisione di molti altri giovani palestinesi. La decisione di effettuare la pulizia etnica di Masafer Yatta nelle colline a Sud di Hebron è avvenuta più o meno nello stesso periodo, ma non si pensa al fatto che c’è una guerra in corso.
La Marcia delle Bandiere a Gerusalemme è stata un atto di guerra. Gli assalti israeliani a Jenin sono un atto di guerra. Lo sfollamento dei residenti di Masafer Yatta è un atto di guerra. E questo contando solo gli eventi accaduti nelle ultime settimane.
La marcia delle bandiere
Chiunque abbia assistito personalmente alla Marcia delle Bandiere a Gerusalemme può attestare che questa è, senza dubbio, una parata del terrore. Le migliaia di giovani israeliani si esaltano nel momento in cui entrano nella Città Vecchia di Gerusalemme attraverso la Porta di Damasco in modo da poter battere sulle porte delle imprese palestinesi e terrorizzare i palestinesi che risiedono nella Città Vecchia.
Ogni anno gli organizzatori di questa parata dell’odio razzista passano attraverso la formalità di negoziare con la polizia di Gerusalemme sul percorso specifico della marcia. Ogni anno la polizia e altre agenzie governative incaricate della sicurezza affermano che la richiesta di entrare nella Città Vecchia attraverso la Porta di Damasco è un’idea pericolosa. E ogni anno la marcia procede come previsto attraverso la Porta di Damasco. Essendo i padroni della terra ed esercitando un grande potere politico, gli organizzatori della Marcia delle Bandiere ottengono sempre ciò che vogliono.
La porta di Damasco
In arabo, la Porta di Damasco è chiamata Bab el-Amoud, o la Porta del Pilar. Apparentemente, all’inizio c’era un grande pilastro davanti al cancello all’interno. In genere si può dire molto di una città solo prestando attenzione alle sue porte. Ad esempio, entrando nella Città Vecchia attraverso la Porta di Jaffa e scendendo nel suk, si vedono negozi dedicati ai turisti; e, infatti, la maggior parte dei turisti e degli israeliani entra da lì. È considerata la parte più “amichevole” della Città Vecchia. I negozi vendono tutti i tipi di articoli ebraici, Kippah, menorah (la lampada ad olio a sette bracci) e persino magliette dell’IDF.
Entrando dalla Porta di Damasco, si vedono meno turisti. Per lo più viene usata dai palestinesi e i negozi vendono cose di cui le persone hanno realmente bisogno per la loro vita quotidiana. Verdure, pane, dolci, vestiti e scarpe. I negozi che vendono articoli per i turisti vendono principalmente kaffiya e articoli come magliette che celebrano la Palestina e mostrano i colori palestinesi. I non palestinesi che camminano lungo la strada dalla Porta di Damasco sono generalmente coloni israeliani radicali, che hanno preso possesso di alcune delle case lungo la strada, e soldati.
Prendere il controllo
È una linea retta che va dalla Porta di Damasco alla Moschea di al-Aqsa e alla piazza del Muro Occidentale, o Kotel. La piazza era il quartiere Mughrabi della Città Vecchia. I palestinesi vivono e hanno attività commerciali in quella parte della città, ma i coloni attaccano e prendono le case lì a un ritmo allarmante. Le case che sono già state occupate dai coloni sono chiaramente contrassegnate e facili da individuare. Innanzitutto, una porta pesante con un chiavistello viene posizionata nella parte anteriore della casa. Non si vedono case palestinesi con porte del genere. Viene installato un citofono e molto spesso una guardia di sicurezza armata sta regolarmente vicino alla porta.
Una grande bandiera israeliana è esposta sull’edificio, di solito appesa al balcone del secondo piano. Molto spesso questi appartamenti si trovano proprio sopra negozi che sono ancora di proprietà e gestiti da mercanti palestinesi che soffrono molto per la presenza dei coloni. Come un commerciante il cui negozio frequento spesso una volta mi ha detto: “Ma fi awsakh minhum”: nessuno è peggio di loro.
Un atto di guerra
Secondo il sito Web “Law Insider”, un atto di guerra è definito come segue:
Atto di guerra (dichiarato o non dichiarato), invasione, conflitto armato o attacco di un nemico straniero, blocco, embargo, rivoluzione, sommossa, insurrezione, disordini civili, atto di terrorismo o sabotaggio.
Un altro esempio di definizione è:
Per atto di guerra si intende un’azione ostile o bellicosa, dichiarata o meno, in tempo di pace o di guerra, avviata da un governo locale, da un governo straniero o da un gruppo straniero, ribellioni o guerre civili.
La Marcia delle Bandiere che si tiene ogni anno a Gerusalemme rientra in queste definizioni. È un’invasione della Città Vecchia da parte di una folla abbastanza grande da essere un piccolo esercito; è una rivolta; una sommossa civile, ed è un atto di terrorismo che implica il sabotaggio. Anche se coloro che partecipano a questa parata dell’odio sono civili, c’è sempre una forte presenza militare che li accompagna. È stato riferito che nel 2022 circa tremila agenti sono stati dispiegati a Gerusalemme al seguito questa marcia. Questo rappresenta quasi l’intera forza di polizia di Gerusalemme.
Da non confondere con la polizia stradale, o con la polizia criminale, le forze di polizia schierate a Gerusalemme Est sono di un altro tipo. Questa è una forza di polizia militarizzata e i suoi componenti vengono chiamati “combattenti”, non agenti. Sembrano soldati, le armi che portano sono come quelle dei soldati, ma il loro mandato è quello di attaccare i civili palestinesi, cosa che fanno con crudeltà e brutalità.
I sionisti incolpano sempre i palestinesi che rispondono agli atti di guerra israeliani con atti di resistenza armata contro i civili. Lo chiamano terrorismo. Non c’è dubbio che sia terribile quando i civili vengono uccisi e feriti. Il problema è che durante l’intera guerra che Israele ha condotto contro i palestinesi ha preso di mira i civili. Non esiste un esercito palestinese, non c’è mai stato, e Israele ha costantemente, e sistematicamente, preso di mira e ucciso civili palestinesi fin da quando si può ricordare.
Forse è ora di fare un passo indietro e invece di considerare ogni atto di violenza perpetrato da Israele separatamente, considerarli tutti insieme come atti individuali di una guerra più ampia, una guerra condotta contro una nazione che non ha mai posseduto un esercito.
Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” (Il figlio del generale. Viaggio di un Israeliano in Palestina) e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five” (Ingiustizia, Storia dei Cinque Della Fondazione Terra Santa).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org