“I siriani divorano il pane libanese”: in aumento le campagne populiste contro i rifugiati

L’ultima  campagna lanciata contro  i rifugiati siriani in Libano reca il titolo: “ladri di pane”.

Fonte: english version

Hawraa al-Helany – 23 luglio 2022

“I siriani consumano quotidianamente in Libano una quantità incredibilmente enorme di pacchi di pane”. Diversi titoli come questo si sono ampiamente e drammaticamente diffusi in vari siti di notizie libanesi, nel mezzo della soffocante crisi del pane di cui il Paese soffre, insieme a molte altre crisi sovrapposte.

Molti libanesi sono stati attratti da questi titoli e hanno iniziato a fare eco all’idea che “i siriani stanno mangiando il nostro pane”. Così la realtà a diversi livelli in cui vivono è stata ridotta a una scena tra un siriano e un libanese che litigavano per alcune forme di pane. La zona di Beddawi a Tripoli, nel Libano settentrionale, è stata testimone di una sparatoria tra due libanesi a causa di disaccordi sul posto  nella fila del pane in cui si trovavano. Tre le persone ferite.

Purtroppo notizie come questa non hanno avuto grande visibilità nello spazio digitale libanese, forse  perché la  gente è abituata a sparatorie che avvengono senza o per qualsiasi motivo,  come per esempio giovedì sera quando è stato diffuso l’esito degli esami ufficiali di prima media.

Per quanto riguarda i siriani in Libano, sono sempre sotto osservazione. Di tanto in tanto emerge una campagna ostile contro la loro presenza, a volte ritenendoli responsabili della disoccupazione giovanile libanese, altre volte criminalizzandoli e considerandoli i principali autori  dei crimini nei villaggi in cui vivono. Oggi, l’ultima  campagna lanciata contro di loro reca il titolo: “ladri di pane”.

Ritorno volontario

Questa campagna si è affiancata a una escalation sui social media e ai molti discorsi politici. L’avvertimento ufficiale è arrivato con le parole del primo ministro ad interim Najib Mikati durante il suo lancio del Piano di risposta alla crisi del Libano 2022-2023 (LCRP) il 20 giugno. Il ministro ha dichiarato: “Chiedo alla comunità internazionale di cooperare con il Libano per garantire il ritorno dei profughi siriani nel loro Paese, altrimenti il ​​Libano assumerà una posizione indesiderabile per i paesi occidentali, che è quella di lavorare per rimpatriare i siriani dal Libano attraverso mezzi legali e con la ferma applicazione della legge libanese”,

Il piano di Mikati, che prevede il rimpatrio mensile di 15mila profughi siriani nel proprio Paese, ha la benedizione della Chiesa ed è stato accolto con grande approvazione dal presidente Michel Aoun, che ha sottolineato la necessità di riportare i profughi siriani nel proprio Paese , rifiutando  l’idea di integrarli nelle società che li ospitano. Durante il suo recente incontro con il vice inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria, Najat Rushdi, Aoun aveva espresso il rifiuto del Libano all’idea dell’integrazione.

A sua volta, il deputato del partito libanese Kataeb, Nadim Gemayel, ha twittato: “Il ritorno dei profughi siriani non è un’opzione ma un imperativo nazionale. Se la Siria non è sicura per il ritorno dei siriani, allora la loro permanenza (in Libano) non è sicura per il popolo libanese, e gli eventi recenti ne sono la prova! L’unica opzione possibile è il loro ritorno”.

Nelle sue ultime dichiarazioni, il capo della direzione generale della sicurezza libanese, il maggiore generale Abbas Ibrahim, ha dichiarato: “La comunità internazionale non ha intenzione di riportare i profughi siriani nel loro Paese, ci sono paesi e poteri che ostacolano il loro ritorno con diversi pretesti”, rivelando di aver presentato una mozione  alle Nazioni Unite per garantire un ritorno sicuro per i profughi dopo aver ottenuto rassicurazioni dalla leadership siriana, ma che la mozione è stata respinta perché non vi è alcun desiderio internazionale per un loro ritorno a breve termine.

 “Ho una proposta per il governo: iniziate a mandare i siriani in Europa via mare, proprio come ha fatto Erdogan, e vedrete come l’Occidente se la caverà”. Il Libano offre “consigli” al suo governo, vedendo i rifugiati come la causa di tutti i problemi

Il blocco parlamentare “Al-Wafaa” ha rilasciato una dichiarazione il 14 luglio, chiedendo il rilancio del processo per garantire il ritorno sicuro dei profughi nel loro Paese. Paradossalmente, anche il deputato maggiore generale Ashraf Rifi ha chiesto lo stesso, fornendo così un quadro chiaro dello stato delle cose: i partiti e le fazioni  libanesi che erano state così divise durante le elezioni e che differivano su ogni argomento, si sono uniti sulla questione dei profughi.

Le popolari  campagne populiste

Tra chi sostiene questa campagna di rimpatrio forzato dei siriani dal Libano vi è una larga parte  di persone arrabbiate e arroganti. Su di un account è stata pubblicata la foto di un uomo con tre donne e un gruppo di bambini che camminano dietro di lui, con il commento: “Chi sa chi è la madre, vince un pacco  di pane”, riferendosi al gran numero di nascite nei campi profughi e tra i siriani.

Un altro account a nome Andrei, ha twittato: “Ho un suggerimento per il governo libanese, che è quello di iniziare a inviare via mare i siriani sfollati in Libano in Europa, proprio come ha fatto Erdogan, e vedrà come l’Occidente verrà da noi in ginocchio”.

Nel frattempo, la questione ha preso una svolta classista dopo che è stato ampiamente affermato che i rifugiati siriani in Libano ricevono uno stipendio in dollari USA da ONG e istituzioni internazionali e vivono comodamente, mentre il popolo libanese sta soffrendo gravi difficoltà. Ad esempio, in un account è stato scritto: “Qualcuno ha mai prestato attenzione ai cellulari che hanno i rifugiati? Uso lo stesso cellulare da 6 anni e non posso comprarne uno nuovo a causa di come lo stato di #Nabih_Berry ha schiacciato i libanesi con le bollette. Ma gli sfollati che si sono arricchiti grazie alle spalle del popolo libanese,  hanno  l’ultimo modello di cellulare. La prossima volta che vedi uno sfollato, prova a guardare il suo cellulare”, concludendo il tweet con l’hashtag #Rich_displaced_Syrians.

Sfuggire alla responsabilità

Il direttore esecutivo della Rete delle ONG arabe per lo sviluppo (ANND), Ziad Abdel Samad, descrive la situazione dicendo che “la classe politica in Libano getta il suo fallimento e il risultato della sua corruzione dilagante sugli altri ed elude le sue responsabilità davanti al suo popolo”. Dice a Raseef22: “Sì, c’è una grave crisi, la prima delle quali causata dal sistema di renting e dalle politiche sbagliate che ci hanno portato a questo enorme deficit economico. Il secondo fattore è la crisi in Siria e l’inizio di un afflusso di rifugiati siriani  in Libano, che ha esercitato ulteriore pressione sulle sue risorse, ma ciò non significa che il rifugiato sia la crisi, o la causa di essa, ma piuttosto è la mancanza di organizzazione sia riguardo il loro arrivo  che il loro soggiorno,  oltre al fatto che a volte vengono considerati sfollati, e a volte rifugiati.. È la negligenza ufficiale libanese e il mancato sviluppo di una vera strategia che ha portato allo stato in cui ci troviamo oggi”.

 Non c’è dubbio che la crisi dei rifugiati sia un peso per il Libano che sta annegando nelle sue crisi. Ma fin dal primo giorno, il governo ha rifiutato di adottare qualsiasi misura pratica per regolamentare la presenza dei Siriani e ridurne le ripercussioni, e ora ne sta pagando il prezzo

Dal canto suo, l’attivista Alia Mansour, coinvolta e attiva nella questione dei rifugiati, ritiene che “l’ultima campagna contro i siriani in Libano sia iniziata con la dichiarazione di Mikati, nella quale ha puntato minacciosamente il dito nel tentativo di compiacere il Movimento Patriottico Libero , che rifiuta  più di ogni altro, la presenza siriana in Libano, pur di ottenere i suoi voti”.

Mansour crede che incolpare l’anello più debole sia il modo più semplice, mentre il vero motivo per cui i siriani e i libanesi stanno in fila per il pane è il contrabbando di grano dal Libano alla Siria, e la soluzione è semplicemente fermare il contrabbando.

“I partiti cristiani sono i primi a sostenere il rischioso e pericoloso ritorno di questi siriani nelle loro zone, e alcuni libanesi praticano metodi a volte razzisti e settari, per sfogarsi, mentre, ad esempio, il popolo di Tripoli oggi vive la stessa sofferenza dei siriani fuggendo dalla loro patria su “barche della morte” in cerca di migliori opportunità di vita”, dice Mansour a Raseef22.

Errori e investimenti

Il ministro libanese degli Affari sfollati nel governo provvisorio, Issam Sharaf El-Din, si prepara per una visita a Damasco con l’obiettivo di discutere con le autorità ufficiali la questione dei rifugiati siriani. In un comunicato stampa, ha sottolineato che “il piano protegge i rimpatriati da eventuali procedimenti di sicurezza, e quindi va di pari passo con la legge di amnistia generale che la Siria ha emanato, e questo è stato considerato uno dei motivi che garantisce nel dettaglio un ritorno sicuro e dignitoso”.

Il piano libanese è stato accolto con il rifiuto internazionale di mettere in pericolo la sicurezza e l’incolumità dei cittadini siriani, in particolare è stato criticato da Human Rights Watch e dall’UNHCR, che hanno registrato, a maggio 2022, la presenza di 839.086 rifugiati siriani in Libano, rendendolo il paese più piccolo che ospita il maggior numero di rifugiati al mondo rispetto alla sua popolazione e area.

Abdel Samad avverte che “la presunta competizione per opportunità di lavoro tra il popolo libanese e quello siriano – o quella per pane, medicine e altro – ha creato un’atmosfera di tensione e tendenze razziste nei confronti dei rifugiati siriani, pur sapendo che la forza lavoro siriana è un pilastro fondamentale, soprattutto in alcuni settori”. Quanto alla posizione ufficiale, commenta: “La pressione libanese sulla comunità internazionale in questo momento è dovuta alla mancanza, da parte del Libano, di una reale capacità e possibilità di andare avanti così com’è, ma non è moralmente lecito ignorare, con nessun i pretesto, la vita dei siriani e i loro diritti umani”.

Insomma, gli investimenti mediatici e le campagne sui social media stanno portando a quello che può essere visto come un incitamento contro i siriani in Libano, in mezzo alla circolazione di numeri falsi su ciò che ricevono e consumano rispetto alla situazione miserabile che il popolo libanese  si trova a vivere. Inoltre, la scena dei lavoratori siriani aggrediti nella regione di Akoura da uno dei “qabadayat” (القبضايات – coraggioso) non è stata ancora cancellata dalla memoria, sempre che queste campagne e azioni non si moltiplichino nel prossimo giorni, possibilità che sembra essere molto vicino alla realtà.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org