I comandanti dell’IDF ordinarono alle truppe di uccidere i palestinesi disarmati costringendo i sopravvissuti in preda al panico a fuggire in Giordania.
Fonte: english version
Di Richard Silverstein – 31 luglio 2022
Immagine di copertina: Qafr Qasim – I morti
L’Akevot è il principale istituto di ricerca storica di Israele che documenta la Nakba e i relativi crimini di guerra. Il suo nome ebraico è evocativo. Può significare “orme”, “prove” o “tracce”. Tutti significati coerenti con la sua missione di trovare tracce del passato che servano da prova, consentendo ai ricercatori di documentare la storia israeliana senza paura o parzialità. L’Akevot ha passato anni a scavare negli archivi nazionali. Gli archivisti statali rifiutano abitualmente di divulgare materiale storico sulla base del fatto che la pubblicazione danneggerà la sicurezza nazionale. Rapporti, studi, piani e memorandum del governo scritti 75 anni fa sono documenti vitali che attestano la storia della nazione. L’unica cosa che “danneggiano” è la reputazione dello Stato. La storia non si asserve alla reputazione. I materiali devono essere a disposizione degli storici e del pubblico per garantire un’accurata valutazione della documentazione storica.
Di conseguenza, Akevot fa regolarmente causa in tribunale per ottenere l’accesso ai documenti. L’ultima vittoria in tribunale ha messo in luce un massacro particolarmente preoccupante del 1956 da parte delle forze dell’IDF nel villaggio palestinese di Kafr Qasim.
Sappiamo che Israele ha espulso quasi 1 milione di palestinesi nativi dalla loro terra prima e durante la guerra del 1948. Meno noto è che il progetto di spossessamento non è finito qui. In effetti, la tragedia di Kafr Qasim è la prova che la Nakba è continuata fino al 1956 e oltre.
Nonostante le loro differenze, David Ben Gurion e la milizia terroristica di destra, la Banda Stern, un’organizzazione paramilitare sionista diventata poi Lehi, credevano che il loro futuro Stato dovesse garantire una maggioranza ebraica. Compresero che non potevano farlo solo sulla base dell’immigrazione ebraica, soprattutto considerando che gli inglesi negavano l’ingresso a navi cariche di rifugiati ebrei.
Quindi decisero per l’alternativa. Attraverso il terrore e l’espulsione forzata, hanno sistematicamente praticato la pulizia etnica di 400 villaggi palestinesi. Dei 1,3 milioni di palestinesi prima del 1948, ne rimasero solo 250.000. Chiunque cercasse di tornare nei propri villaggi o case era considerato un “infiltrato” e arrestato (se fortunato) e fucilato (in caso contrario).
I villaggi stessi furono lasciati in rovina. In molti casi, gli israeliani hanno fatto sparire le ex comunità palestinesi e hanno costruito nuove città e periferie direttamente sulle loro terre. Erano, ovviamente, solo per ebrei. Le case dei palestinesi furono confiscate e consegnate agli ebrei. È, ovviamente, una violazione della Convenzione di Ginevra spostare una comunità autoctona e sostituire la sua popolazione con quella dello Stato conquistatore.
La Banda Stern ha usato attacchi feroci per terrorizzare la comunità palestinese negli anni precedenti il 1948. A Deir Yassin, hanno massacrato oltre 100 uomini, donne e bambini. Hanno usato vari metodi nella loro follia omicida. Hanno lanciato bombe a mano in alcune case con gli abitanti rifugiati al loro interno. Allineavano altri contro un muro e li mitragliavano a morte in scene che ricordavano le esecuzioni di massa naziste di ebrei durante l’Olocausto. Consapevoli delle implicazioni dell’esposizione del massacro, gli assassini scavarono frettolosamente fosse comuni e seppellirono i corpi, senza lasciare traccia delle loro azioni.
Il documentario di Al Jazeera, Born in Deir Yassin (Nato a Deir Yassin), include interviste con gli esecutori ebrei. Uno di loro in particolare, Yehoshua Zettler, ha un passato particolarmente omicida. Prima di partecipare al massacro di Deir Yassin, era un assassino, incaricato dal futuro Primo Ministro, Yitzhak Shamir, di assassinare il conte Folke von Bernadotte, il diplomatico svedese incaricato dall’ONU di negoziare un accordo tra l’Yishuv e i palestinesi. Zettler lo fece tendendogli un’imboscata a un corteo di veicoli delle Nazioni Unite, identificando il conte e sparando a lui e all’addetto militare francese a bruciapelo. Zettler era un assassino spietato e impenitente, orgoglioso delle sue azioni a favore della sua nazione. È morto alcuni anni fa pacificamente nel sonno, il che non si può dire per le sue vittime.
Deir Yassin e Yad Vashem: il conflitto della doppia memoria
L’Ospedale Psichiatrico Kfar Shaul si trova nell’ex sito di Deir Yassin. Nelle vicinanze si trova il museo dell’Olocausto, Yad Vashem. Il nome stesso deriva dal libro di Isaia, in cui Dio promette di dare un “luogo e nome” a coloro che sostengono il suo patto.
Un memoriale dell’Olocausto dedicato alla sacra missione di nominare e dare voce ai morti, ha cancellato a sua volta i nomi e la memoria di un villaggio palestinese e dei suoi abitanti. Mentre commemora oggi le vittime ebree del Genocidio nazista, ieri gli assassini sionisti nella vicina Deir Yassin hanno commesso atti di omicidio di massa. Entrambi i luoghi condividono lo stesso terreno intriso di sangue.
Lo stesso Yad Vashem si trova su quelli che erano i terreni agricoli del villaggio di Hirbat (a volte traslitterato “Khirbet”) al-Hamama. Si trovava nella parte occidentale dell’attuale complesso di Yad Vashem. Anch’esso fu liquidato durante la Nakba. È vergognoso che lo Stato sia stato fondato sulle ceneri di tali comunità palestinesi. E che i leader dell’Yishuv e i loro complici terroristi abbiano determinato che tale brutalità fosse necessaria per garantire la supremazia ebraica nel nuovo Stato.
Massacro di Tantura: vittime sepolte in fretta, ora giacciono sotto un parcheggio
Un altro famigerato massacro è avvenuto nel villaggio di Tantura. In quel caso, il villaggio si trovava lungo un’importante strada costiera che collegava Haifa con Tel Aviv. Il comando militare di Palmach, la milizia del’organizzazione paramilitare sionista Haganah, per volere di Ben Gurion, ha ordinato alle sue truppe di espellere tutti gli abitanti dei villaggi palestinesi nelle vicinanze. Dopo aver circondato il villaggio da tutti i lati, gli abitanti del villaggio accettarono di arrendersi. Tuttavia, le forze israeliane sono entrate e hanno iniziato un sanguinoso massacro in cui (a seconda della fonte consultata) tra i 50 e i 200 abitanti del villaggio furono assassinati. I soldati hanno quindi saccheggiato tutti gli oggetti di valore dalle case deserte.
Come ho scritto nel mio precedente articolo, che ricorda le conseguenze del massacro di Deir Yassin:
“Dopo che la carneficina finì, gli autori scavarono una grande fossa sulla spiaggia e vi seppellirono i corpi. C’erano così tanti corpi che ci volle una settimana per completare la sepoltura. Al termine del loro compito, un ufficiale si è accorto che la fossa è rimasta esposta e il comandante dell’unità è stato punito. Sono stati eseguiti ulteriori lavori per nascondere le prove e un altro ufficiale incaricato, ha inviato un messaggio scritto che il lavoro era stato completato in modo soddisfacente”.
Oggi, il luogo di sepoltura si trova non contrassegnato sotto il parcheggio di una spiaggia israeliana frequentata dai vicini residenti del Kibbutz. Non ci sono piani per commemorare il luogo o riesumare i resti per dare loro una sepoltura dignitosa.
Più tardi, uno studente laureando, Teddy Katz, ha studiato l’incidente e ha intervistato sia i sopravvissuti che i soldati che hanno partecipato all’attacco. La tesi che ha scritto è stata accettata e premiata con il massimo dei voti dal Comitato di Facoltà dell’Università. Il giornalista di Haaretz Adam Raz ha scritto un articolo su Katz, il suo studio e il massacro stesso. Gli ex assassini erano infuriati per essere accusati di aver commesso un omicidio di massa. Hanno iniziato una feroce campagna attaccando lo studente e il suo referente di Facoltà, Ilan Pappe. Hanno fatto pressioni sull’Università per revocare l’accettazione della tesi. Le autorità accademiche cedettero vigliaccamente alle pressioni. Katz è stato citato in giudizio per diffamazione ed è stato obbligato a rinnegare al suo lavoro per risolvere il caso. Pappe emigrò in Gran Bretagna e fu nominato alla Facoltà dell’Università di Exeter. Katz è stato screditato e bandito. La sua laurea è stata revocata. Come è tipico nei casi di crimini di guerra, la memoria e le vittime vengono cancellate per sopprimere le coscienze e tutelare i colpevoli. In questo modo, gli assassini possono infierire sulle loro vittime una seconda volta.
Ma Adam Raz ha giocato ancora una volta un ruolo fondamentale nel riscattare Katz e la sua ricerca con un articolo che ha pubblicato su Haaretz. Ha offerto una prova documentale della verità della tesi originale dello studente laureando.
Kafr Qassem e la Nakba in corso
Fino al 1966, Israele ha mantenuto un regime di legge marziale contro i palestinesi, che erano visti come una popolazione ostile e un nemico interno. Erano governati da un’amministrazione militare. Le autorità potrebbero imporre l’arresto arbitrario a chiunque compresa la detenzione amministrativa indeterminata.
Nel 1956 Israele, Gran Bretagna e Francia invasero l’Egitto per prendere il controllo del Canale di Suez, che Nasser aveva minacciato di nazionalizzare. Israele era preoccupato che la Giordania potesse entrare in guerra in soccorso dei suoi fratelli arabi egiziani. Inoltre, la guerra ha offerto un’opportunità per “ripulire” ulteriormente Israele dalla sua popolazione palestinese indesiderata.
Di conseguenza, vennero imposti coprifuoco a villaggi palestinesi come Kafr Qasim, che si trovavano a poche miglia dal confine giordano. Tuttavia, il comandante militare responsabile del villaggio ha arbitrariamente anticipato il coprifuoco, senza avvisare i residenti palestinesi, molti dei quali coltivavano o lavoravano fuori dal villaggio. Il comando dell’esercito ha ordinato ai soldati di sparare a vista a chiunque violasse il coprifuoco, sapendo che i residenti sarebbero tornati dopo l’inizio. L’anticipo dell’ora del coprifuoco è stato uno stratagemma che ha consentito ai soldati di compiere una strage.
Quando il capo dell’unità responsabile di Kafr Qassem ha messo in discussione questi ordini, gli è stato detto che i palestinesi dovrebbero essere uccisi come monito per i posteri. O sarebbero rimasti “tranquilli come pecorelle”, secondo la testimonianza resa al successivo processo agli assassini; o sarebbero fuggiti verso il Giordano. Le truppe non furono deliberatamente schierate a Est del villaggio per facilitare coloro che sono fuggiti in Giordania. Gli ufficiali hanno parlato esplicitamente delle uccisioni come un modo per spopolare il settore arabo. Il risultato fu un massacro deliberato e pianificato in cui furono assassinati 56 abitanti.
Ne è seguito un putiferio tra gli israeliani e la stampa estera. Il governo si sentì costretto a trovare dei capri espiatori. Ha perseguito 11 degli agenti coinvolti nel massacro. Molti sono stati condannati e hanno scontato il carcere. Ma le condanne sono state ridotte da militari, funzionari civili e giudici. Alla fine, hanno scontato pene minime. Due degli uomini condannati furono successivamente promossi a posizioni di rilievo. Uno è diventato il direttore della sicurezza del reattore nucleare di Dimona. L’altro è stato (ironicamente) nominato direttore degli “affari arabi” per la città etnica mista di Ramleh.
La Nakba, come possiamo vedere, non si fermò dopo la guerra del 1948. Di fatto, continuò durante il periodo della Guerra del Sinai e anche dopo. La pulizia etnica per mezzo di omicidi di massa e terrore è stata la strategia scelta da Israele nel suo primo decennio.
La guerra del 1967 ha comportato grandi battaglie con le forze siriane nel Golan ed egiziane nel Sinai. Israele ha anche combattuto per conquistare la parte orientale di Gerusalemme, che era stata sotto il controllo giordano. Meno noto è che quasi 400.000 palestinesi della Cisgiordania sono fuggiti terrorizzati dall’avanzata delle forze israeliane. Sono diventati rifugiati nei campi in Giordania e Siria, dove vivono ancora oggi. La pulizia etnica di vaste porzioni della Cisgiordania ha facilitato il successivo insediamento di coloni israeliani su terre rubate a questi palestinesi.
Il 1967 segnò la fine della fase più violenta ed esplicita dello sfollamento palestinese. In seguito, i mezzi e i metodi cambiarono e divennero un po’ più “sofisticati”. Il cambiamento ha comportato il furto di terre palestinesi da parte dei coloni e del governo, non con le armi, ma per decreto burocratico. Le autorità hanno emesso editti, i militari hanno confiscato la terra privata palestinese designandola per uso militare. Quindi l’esercito ha trasferito la terra alle autorità che l’hanno consegnata ai coloni. Comprendeva anche l’insediamento di 700.000 coloni ebrei israeliani che costruirono decine di nuove comunità, spostando così gli ex abitanti esattamente come fu fatto durante la Nakba del 1948. Si trattava di un’espropriazione organizzata e metodica sponsorizzata dallo Stato. Furono stabilite leggi che negavano la cittadinanza a qualsiasi palestinese che avesse lasciato il Paese per un lungo periodo di tempo. In molti casi, questo li ha resi apolidi come i milioni di profughi palestinesi del 1948 e del 1967. Tutto questo era una Nakba con un altro nome. Chiamatela Nakba burocratica.
Israele è uno Stato fondato sulla violenza, sulla pulizia etnica e sugli omicidi di massa. Rimane implicato in tali atti. I massacri sopra descritti sono serviti da precedente e da modello per il razzismo di oggi e la violenza in corso contro i palestinesi. In quanto tali, definiscono lo Stato, conferendogli il marchio di Caino, l’originario autore del fratricidio.
È diventata una pratica accettata etichettare Israele come uno Stato di Apartheid. Ma è meno accettato usare il termine “Genocidio” per descrivere lo sforzo di 75 anni di Israele per distruggere il popolo palestinese. In questo articolo, propongo di chiamare Genocidio questa politica globale e intenzionale. Credo che proprio come l’Apartheid era una volta un termine tabù usato per descrivere il razzismo dello Stato israeliano, così il termine Genocidio alla fine sarà accettato per descrivere questo regime brutale e omicida di terrore inflitto al popolo palestinese.
Richard Silverstein è un blogger di professione che si definisce un “progressista critico del sionismo” che sostiene un “ritiro israeliano ai confini pre-67 e un accordo di pace garantito a livello internazionale con i palestinesi”. Ha anche creato l’ormai defunto Israel Palestine Forum, un forum progressista dedicato alla discussione del conflitto israelo-palestinese. Ha spesso intervistato su Iranian Press TV e ha contribuito con saggi ad Al Jazeera, The Huffington Post, The Guardian, Haaretz, The Jewish Daily Forward, Los Angeles Times, Tikkun, Truthout, The American Conservative, Middle East Eye e Al-Araby Al-Jadeed.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
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