La resistenza culturale in Palestina attraverso gli occhi delle donne

Come il primo Festival teatrale femminista palestinese, inaugurato nel campo profughi di Jenin, è un antidoto alla violenza di genere in Israele.

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Zoe Lafferty – 17 agosto 2022

Areej Haseeb, la cui performance in Us Too sui diritti delle donne palestinesi sarà proiettata al The Feminist Theatre Festival. (Freedom Theatre)

Mentre gli artisti e il pubblico celebravano l’apertura del primo Festival teatrale femminista palestinese nel campo profughi di Jenin, non sapevano che poche ore dopo un’altra madre avrebbe pianto la morte di suo figlio.

Quella sera l’esercito israeliano è entrato nel campo profughi di Jenin in un raid che ha incluso pesanti colpi di arma da fuoco, gas lacrimogeni e granate a concussione. Sparando al diciassettenne Dirar al-Kafrayni, il proiettile è entrato attraverso la sua spalla, esplodendo internamente e provocandone la morte immediata.

Il giorno successivo le strade si sono riempite di uomini che trasportavano il corpo del ragazzino e la festa è stata posticipata per rispettare il lutto della sua famiglia. Kafrayni è uno dei 20 bambini uccisi quest’anno da Israele in Cisgiordania e Gerusalemme.

Quando il festival si è aperto, ci sono stati discorsi forti, ma ottimisti, di Fidaa Zidan e Mariam Basha, componenti del comitato artistico tutto al femminile, che hanno affrontato l’urgente necessità di una rappresentanza paritaria delle donne in tutti gli aspetti della società, dal posto di lavoro ai partiti politici.

”Presentato sul palco del Freedom Theatre nel campo profughi di Jenin, è impossibile ignorare il contesto in cui si svolge questo festival femminista. Il campo è sotto costante invasione militare, con ragazzi e uomini regolarmente uccisi e imprigionati. Le famiglie già in condizioni economiche precarie a causa dell’80% di disoccupazione, sono ulteriormente messe a dura prova dall’onere che grava sulle donne per sbarcare il lunario”.

Doppia oppressione

Il festival è guidato da The Freedom Theatre, con il direttore artistico Ahmed Tobasi e il produttore Mustafa Sheta. Ispirato dall’ascesa del femminismo negli anni Sessanta e scoraggiato dal fatto che da allora fosse stato messo in fondo all’ordine del giorno, Mustafa ha affermato di essere determinato a far sì che “il festival sia uno spazio in cui le donne possono presentare la loro visione di uguaglianza, risvegliando all’azione per trovare risposte e agire”.

Le persone coinvolte nel progetto sono desiderose di affrontare la doppia discriminazione che le donne devono affrontare sia a causa dell’occupazione israeliana, sia all’interno della società palestinese, sottolineando anche come questi elementi siano collegati; esse sfidano inoltre gli stereotipi razzisti occidentali sugli uomini nella società araba.

È una sfida complessa, soprattutto per un teatro che ha perso l’80% del suo finanziamento principale nel 2021, dopo aver rifiutato le condizioni che prevedevano di de-politicizzare il proprio lavoro.

Ambientato sul palco del Freedom Theatre nel campo profughi di Jenin, è impossibile ignorare il contesto in cui si svolge questo festival femminista. Il campo è sotto costante invasione militare, con ragazzi e uomini regolarmente uccisi e imprigionati. Le famiglie già in condizioni economiche precarie a causa dell’80% di disoccupazione, sono ulteriormente messe a dura prova dall’onere che grava sulle donne per sbarcare il lunario.

Inoltre, l’implacabile brutalità vissuta attraverso quattro generazioni crea un ciclo infinito di umiliazioni, impotenza e traumi, con la mascolinità tossica che diventa un meccanismo di sopravvivenza. La violenza e l’oppressione a volte si rivolgono verso l’interno, provocando violenza domestica e restrizioni alle donne che potrebbero scegliere il proprio futuro. “Questo è il motivo per cui è altrettanto importante che il festival affronti non solo i diritti delle donne, ma anche quelli degli uomini e gli stereotipi razzisti e islamofobici che consentono a Israele di rimanere incontrastato dall’Occidente”, ha aggiunto Mustafa.

Tuttavia, questo non significa che nel campo donne e ragazze vengano risparmiate dagli attacchi militari israeliani. Di recente, la 18enne Hanan Mahmoud Khdour è stata uccisa mentre andava a scuola e la famosa giornalista Shireen Abu Akleh – che è stata fonte di ispirazione per così tante giornaliste in tutta la Palestina – è stata uccisa mentre raccontava un’irruzione.

Il festival mira a collegare le lotte globali attraverso le performances di Cile, Iraq, Regno Unito e Germania insieme a quelle della Palestina. Il poeta Shareefa Energy, che sarà presente con una sua esibizione, viveva a North Kensington, Londra, quando 72 persone  rimassero uccise nella Grenfell Towers, rivestite con materiale infiammabile fornito dalla compagnia Arconic, che fornisce anche parti per elicotteri Apache e jet da combattimento F-35 usati per bombardare Gaza.

Questi legami sono tanto più cruciali in quanto Israele ha recentemente iniziato un’altra campagna di bombardamenti, uccidendo 49 persone, inclusi 17 bambini.

Continuare l’eredità del femminismo in teatro

Alcuni spettacoli si svolgeranno anche all’Ashtar Theatre di Ramallah, fondato da Iman Aoun; è una delle più rinomate tra le organizzazioni teatrali della Palestina, tutte fondate e gestite da donne.

Rania Elias dello Yabous Cultural Center, che nel 2021 fu arrestata, è certa che il genere abbia giocato nel tentativo di Israele di censurarla con molestie che continuano fino ad oggi. “Non sopportano una donna palestinese forte, che guida un’istituzione che lotta, che può parlare ai media e ha relazioni con migliaia di persone in tutto il mondo. Una donna palestinese che sfida lo stereotipo che si desidera narrare”, ha spiegato.

Il femminismo è anche radicato nella storia del Freedom Theatre, con il co-fondatore Juliano Mer Khamis ispirato dal lavoro culturale di sua madre nel campo di  Jenin durante la 1a Intifada, entrambi convinti che l’uguaglianza delle donne fosse una parte fondamentale di qualsiasi liberazione della Palestina. Inoltre, Rania Wasfi, la prima dipendente donna, si unì dopo che la sua fidanzata venne uccisa nella 2a Intifada. Sommersa dal dolore e con poco da perdere, Wasfi  fece un passo coraggioso unendosi, aiutando a rompere potenziali tabù e aprendo la strada alle donne per diventare la spina dorsale della resistenza culturale nel teatro.

Nel 2011 Juliano Mer Khamis guidò un adattamento radicale di Alice nel paese delle meraviglie, che  vide Alice resistere all’oppressione militare, alle dittature e alla discriminazione sociale. Una settimana dopo lo spettacolo finale, Khamis  fu assassinato, portando  i media internazionali ad affermare che il suo assassino era qualcuno del campo, infuriato dall’idea della liberazione delle donne. Questa narrazione è fermamente contestata da coloro che hanno familiarità con la storia di Israele di imprigionare o uccidere artisti che ritraggono con successo le lotte palestinesi. Le conseguenze sia del suo omicidio che dell’attenzione dei media, hanno fatto sì che la partecipazione di giovani donne diventasse molto più complicata e difficile.

Le sfide non si fermano qui, purtroppo.

Poiché la crisi climatica spinge le temperature estive costantemente al di sopra dei 40 gradi, l’infrastruttura del Freedom Theatre non è in grado di soddisfare le esigenze sia dell’illuminazione del palcoscenico che dell’aria condizionata, rendendo gli spettacoli soffocanti. Tuttavia, sebbene gli ostacoli siano infiniti, The Feminist Theatre Festival è un passo coraggioso per continuare l’eredità di Juliano e onorare le donne che stanno lottando per il cambiamento sia in Palestina, che nel mondo.

Con l’intenzione di trasformare il festival in un evento annuale, il produttore Mustafa Sheta sottolinea: “Crediamo che dando potere a ciascuna persona, diventiamo collettivamente più forti e quindi è più probabile che riusciremo a porre fine all’occupazione israeliana e all’apartheid”.

 

Zoe Lafferty è direttrice associata al Freedom Theatre di Jenin Refugee Camp, in Palestina, dove sta attualmente collaborando al progetto di solidarietà globale “The Revolution’s Promise” e al film di realtà virtuale “In A Thousand Silences”.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org

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