Il tributo versato dai palestinesi solo quest’anno è impensabile. L’ultimo assalto a Nablus porta le cifre delle vittime per la Cisgiordania e Gaza vicino a 150 morti. All’interno della Palestina del 1948, il numero di morti finora è compreso tra 70 e 80
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Di Miko Peled – 18 agosto 2022
Immagine di copertina: Uno smartphone registra pneumatici in fiamme che bloccano la strada principale vicino al checkpoint Hawara occupato da Israele a Sud di Nablus, durante una protesta contro gli attacchi aerei israeliani su Gaza che hanno provocato la morte di almeno 41 palestinesi. Nasser Ishtayeh | Sipa tramite AP
GERUSALEMME, PALESTINA – La situazione in Palestina può essere riassunta come segue: violenza e intimidazione dei coloni dilaganti, razzismo e violenza sponsorizzati dallo Stato, alloggi moderni e condizioni di vita confortevoli per i soli ebrei, mentre ai palestinesi vengono negati i servizi essenziali e sono uccisi indiscriminatamente; attivisti, giornalisti, militanti, bambini e cittadini di Israele. Le organizzazioni palestinesi, anche quelle riconosciute a livello internazionale, non hanno protezione e sono soggette a intimidazioni, chiusura e confisca dei loro beni.
In nessun luogo in Palestina i palestinesi possono aspettarsi di essere al sicuro o di godere di uguaglianza, giustizia o tranquillità. Che siano cittadini di El-Lyd o del Naqab, residenti con diritti limitati a Gerusalemme o residenti senza diritti nei ghetti di quella che era la Cisgiordania. Le persone che vivono a Gaza, siano esse attivisti o meno, militanti o meno, uomini, donne o bambini, le vite dei palestinesi sono sacrificabili.
Servizi negati
Il fenomeno mal definito e frainteso degli omicidi all’interno delle città palestinesi del 1948, cittadini palestinesi di Israele, ne è un esempio. Lo Stato dell’Apartheid e i suoi media si riferiscono ad esso come “violenza nella società araba”. Tuttavia, la violenza non è iniziata all’interno della società, ma è abilmente diretta e gestita dallo Stato e dalle varie agenzie governative incaricate di sorvegliare i cittadini palestinesi. Dovrebbe essere indicato come “violenza diretta contro i cittadini palestinesi di Israele”, ma ahimè, ciò riconoscerebbe che sono palestinesi e che sono cittadini che meritano di beneficiare dei servizi che lo Stato fornisce ai suoi cittadini ebrei.
Servizi come la raccolta dei rifiuti, l’approvvigionamento idrico, l’elettricità, le strade sicure, la sicurezza generale e la polizia sono in gran parte inesistenti nelle comunità palestinesi del 1948, comunità composte da cittadini palestinesi di Israele. Inoltre, il fenomeno erroneamente chiamato “violenza nella comunità araba” attribuisce alle vittime la colpa della violenza all’interno di queste comunità. Il bilancio di questa violenza è enorme, con un tasso di casi di omicidio, la maggior parte dei quali non vengono mai indagati, tanto meno risolti, che è troppo alto per qualsiasi comunità.
A Israele, ovviamente, piace attribuire la colpa della violenza alle vittime stesse. Com’è ormai noto, incolpare le vittime palestinesi è qualcosa che Israele fa con grande abilità e successo, assolvendosi così da ogni responsabilità. Tuttavia, le armi, la criminalità e la mancanza di sostegno alla comunità che sta quasi implorando le autorità di disarmare e arrestare i criminali fanno tutti parte dello sconsiderato disprezzo israeliano per le vite dei palestinesi. Tutto questo è ora documentato in un film eccezionale intitolato “Life in the Shadow of Death” (La Vita all’Ombra Della Morte), realizzato dal regista e produttore palestinese Bilal Yousef.
Un tributo costante
I palestinesi versano quasi quotidianamente un tributo di sangue e dolore richiesto loro da Israele. “Scontri” è la parola che i media amano usare per descrivere questo tributo, qualcosa che è sempre il risultato dell’oppressione dell’occupazione israeliana sui palestinesi. Forse coloro che pubblicano sui grandi media sono confortati dal pensiero che non è stato un esercito imponente e immorale accecato dall’odio per i palestinesi e dalla brama di uccidere che ha attaccato i civili nel sonno. Forse preferirebbero pensare che sia stato un vero scontro in cui è stato versato sangue palestinese.
Tuttavia, indipendentemente da come i media e i politici decidano di chiamarlo, Israele mobilita forze numericamente superiori dotate di sistemi d’arma all’avanguardia per impegnarsi in pesanti bombardamenti di aree residenziali e uccisioni mirate di individui, per lo più prestanti giovani uomini. Lo scopo degli attacchi è solitamente raggiunto e comprende la morte e il ferimento di persone che, al massimo, erano armate solamente con un fucile semiautomatico.
“Le forze israeliane uccidono due palestinesi durante incursione notturna a Nablus”. Titoli del genere possono essere visti quasi ogni giorno, il nome della città potrebbe essere Nablus o Jenin o il campo di Aida vicino a Betlemme e il numero di giovani uccisi e feriti cambia. Ma lo spargimento mortale del sangue dei giovani palestinesi continua mentre lo Stato dell’Apartheid cerca di soddisfare la sua inestinguibile sete di sangue. Inoltre, il nuovo Primo Ministro pensa di aver bisogno di versare sangue palestinese per dare impulso alla propria carriera politica in modo che possiamo aspettarci di più.
Le immagini delle incursioni vengono sempre trasmesse il giorno successivo sui canali di notizie israeliani. Le cosiddette operazioni sono descritte come “complesse” ed “eroiche”. Una delle recenti incursioni ha provocato l’uccisione di un cane addestrato dall’IDF, e persino questo ha suscitato sconforto. Secondo il Jerusalem Post, quando le forze Israeliane andarono a Nablus per catturare o uccidere Ibrahim Nabulsi, hanno circondato la sua casa, il che significa che centinaia di forze speciali armate e pagate con i dollari dei contribuenti statunitensi sono state utilizzate per condurre incursioni e intimidazioni.
Il tributo versato dai palestinesi solo quest’anno è impensabile. L’ultimo assalto a Nablus porta le cifre delle vittime per la Cisgiordania e Gaza vicino a 150 morti. All’interno della Palestina del 1948, il numero di morti finora è compreso tra 70 e 80. L’anno non è ancora finito. E nemmeno la sete israeliana di violenza, il che significa che sempre più madri palestinesi possono aspettarsi di perdere i propri figli a causa delle pallottole israeliane.
Irruzioni nelle organizzazioni palestinesi
Mentre scrivo, l’organizzazione palestinese per i diritti umani Al-Haq ha riferito che i soldati israeliani hanno preso d’assalto i suoi uffici a Ramallah, confiscando oggetti e chiudendo l’ingresso principale con una lastra di ferro. L’esercito ha dichiarato l’organizzazione illegale.
Altri gruppi che sono stati perquisiti questa mattina sono: l’Associazione per il Sostegno dei Prigionieri e i Diritti Umani Addameer, il Centro di Ricerca e Sviluppo Bisan, la Difesa Internazionale per Infanzia-Palestina DCIP, l’Unione dei Comitati delle Donne Palestinesi, l’Unione dei Comitati dei Lavoratori Agricoli e l’Unione dei Comitati degli Operatori Sanitari.
Israeli forces broke into the HQs of six Palestinian human rights organizations in Ramallah. Offices were looted, equipment confiscated, doors weld and a military order shutting them down left behind. This move comes several weeks after EU member states rejected Israel’s outlawing of them. from worldnewsvideo
I palestinesi sono a un punto in cui non possono trovare supporto da nessuna parte, indipendentemente dalla gravità delle loro condizioni. Che si tratti semplicemente di persone che vogliono vivere la propria vita, combattenti, attivisti o organizzazioni dedite ai diritti umani, saranno perseguitati e uccisi.
Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” (Il figlio del generale. Viaggio di un Israeliano in Palestina) e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five” (Ingiustizia, Storia dei Cinque Della Fondazione Terra Santa).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org