Nel 2019, secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese, il tasso di donne che partecipavano al mercato del lavoro era del 30%, il tasso più alto mai raggiunto. Il lavoro di queste donne, però, ha aperto la porta a una nuova forma di sofferenza: non le ha rese più libere ma, in molti casi, più sottomesse e umiliate.
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Hussam Maarouf – 26 agosto 2022
Le condizioni di vita a Gaza si stanno deteriorando poiché la Striscia sta vivendo, dall’inizio della Seconda Intifada nel 2001, una battuta d’arresto sia sul fronte umano che su quello economico. Questa realtà è stata accompagnata dalla mancanza di opportunità di lavoro per i giovani e i capifamiglia.
Nel corso di due decenni, la vita sociale ed economica è stata instabile e ha avuto effetti cumulativi, situazione che ha portato alla fine del controllo di Fatah sulla striscia. In effetti, la dilagante insicurezza che includeva uccisioni tra Fatah e Hamas e le sanguinose battaglie che ne seguirono, nel 2007 portarono Hamas a prendere il controllo della Striscia.
Durante il governo di Hamas, il popolo di Gaza ha combattuto cinque battaglie, dal 2008 al 2021, che hanno causato la morte di migliaia di persone, aumentato il numero di vedove e orfani e lasciato centinaia di persone con disabilità e amputazioni, con un impatto sulla loro capacità lavorativa.
Durante questo graduale aumento della violenza, il tasso di povertà estrema è aumentato e secondo le ultime statistiche dell’Ufficio centrale di statistica palestinese, nel 2017ha raggiunto il 33%. Questo tasso potrebbe ora essere anche più alto.
La percentuale di donne che lavorano è aumentata a causa delle molteplici circostanze che hanno lasciato padri disoccupati e bambini senza sostentamento. Nonostante le difficili condizioni in cui le donne hanno vissuto, e nonostante le famiglie conservatrici e la loro reticenza nei confronti dell’occupazione femminile le donne, grazie anche a una maggiore istruzione, hanno potuto trovare più spazio nel mercato del lavoro. La percentuale di donne capofamiglia è salita dal 7% del 2005 al 25%.
Nel 2019, secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese, il tasso di donne che partecipavano al mercato del lavoro era del 30%, il tasso più alto mai raggiunto. Il lavoro di queste donne, però, ha aperto la porta a una nuova forma di sofferenza: non le ha rese più libere ma, in molti casi, più sottomesse e umiliate.
Violenza e bullismo
“Mio padre ha accettato il mio lavoro dopo che gli avevo promesso di versargli metà del mio stipendio con il pretesto che il suo reddito non era sufficiente”, ha detto T.C., che lavora in una grande azienda di Gaza nel campo della contabilità e che non voleva dire il suo nome per paura di rappresaglie.
“Davo a mio padre metà del mio stipendio e vivevo di una piccola somma fino alla fine del mese. Dovevo comprare i vestiti per il lavoro e pagare le spese di trasporto, i soldi non bastavano mai, dovevo persino prenderne in prestito dagli amici”
La giovane di 20 anni continua: “Davo a mio padre metà dello stipendio e vivevo di una piccola somma fino alla fine del mese. Dovevo comprare vestiti adatti al mio lavoro e pagare le spese di trasporto, ma i soldi non erano abbastanza ed ero costretta a prenderne in prestito dagli amici”.
Una volta che si era opposta e aveva cercato di diminuire la quota da versare, la giovane è stata oggetto di violenze e prepotenze da parte del padre. “Apri la bocca, e io ti butterò per strada”, le aveva detto
E aggiunge: “Ho un fratello più giovane che è disabile e volevo stare al suo fianco. Tuttavia, mio padre mi picchia e mi spintona ogni volta che glielo dico. Dice: “Non possiamo cambiare ciò che Dio ha stabilito”.
Per quanto riguarda le condizioni di vita, dice: “Nonostante i pagamenti regolari a mio padre, non ho visto migliorare le condizioni di vita della mia famiglia. Sono sempre stata preoccupata per le questioni di denaro. Mio padre si è sempre lamentato e la vita è sempre stata dura”.
Continua: “Dopo due anni di sfinimento, di patimenti e di versamenti di metà del mio stipendio a mio padre, un giorno mi sorprese dicendo che voleva sposare la nostra vicina con il pretesto che mia madre non era in grado di esaudire i suoi desideri. Sarei stata io a provvedere alle spese della neo-sposa”.
Alla domanda sul motivo per cui stava piangendo, la giovane ha risposto: “Scusa le mie lacrime. Non riesco a piangere davanti a nessuno, perché direbbero a mio padre che l’ho fatto. Sarei oggetto di un interrogatorio inutile, non potrei dirgli che è lui il motivo e dovrei giustificarmi per impedirgli di dubitare di me e accusarmi di essere una cattiva figlia”.
Ho perso un terzo del mio peso
Dopo aver realizzato che il mercato del lavoro a Gaza è saturo e che non c’era spazio per nuove opportunità, Hana, 29 anni, si è unita ai lavoratori online e per anni ha avuto successo nella progettazione di siti web, ma ha presto dovuto affrontare un problema più grande.
Dice a Raseef22: “Il mio lavoro è molto duro e mi richiede di stare sveglia fino all’alba a lavorare. Devo quindi completare le faccende di casa al mattino. Ho perso un terzo del mio peso. Mio marito lavora a Gaza saltuariamente, dopo anni che aveva smesso a causa della mancanza di occupazione e della limitata capacità di muoversi. Pertanto, ho dovuto lavorare per provvedere alla mia casa.
Quando una donna è diventata la capofamiglia della casa, è iniziata la mascolinità tossica. Il marito chiese alla moglie soldi da dare alla sua famiglia: tre fratelli disoccupati, suo padre e sua madre.
Speravo di vivere una vita normale e senza crisi. Ma marito mi picchiò duramente quando ero incinta di 6 mesi, perché mi ero rifiutata di dare i soldi ai suoi genitori. Di conseguenza, partorii una bimba ipovedente.
Hana aggiunge: “Speravo di vivere una vita normale e senza grossi problemi. Ma marito mi picchiò duramente quando ero incinta di 6 mesi, perché mi ero rifiutata di dare i soldi ai suoi genitori. Di conseguenza, partorii una bimba ipovedente”.
Conclude dicendo: “Tutto ciò che sogno ora è una cura per mia figlia. Piango ogni giorno vedendola crescere con questa disabilità”.
Un futuro misterioso
Suhad, 36 anni, vende dolci e cibo online. Ha cercato questo lavoro per aiutare suo marito i cui debiti lo avevano schiacciato dopo aver costruito un appartamento nell’edificio della sua famiglia. Glielo aveva chiesto lei, perché la stanza in cui vivevano con i genitori non bastava per una coppia con cinque figli.
Dice a Raseef22: “Dopo la costruzione, mio marito è diventato molto nervoso. Ogni volta mi accusa di essere il motivo della sua miseria e della sua sventura usando gli insulti più brutti”.
Aggiunge: “Dopo che ho cominciato a lavorare, mio marito è diventato dipendente dal mio reddito e ha iniziato a lamentarsi dell’idea di dover lavorare”. Il marito parte per il suo lavoro di autista dopo le 12:00. Ogni volta che gli chiede di lavorare per saldare i debiti, lui risponde: “Tu hai causato tutta questa povertà e tu devi assumertene la piena responsabilità”.
Suhad continua: “Quello che vendo online è appena sufficiente per soddisfare le esigenze dei bambini. Sono così triste per loro a causa del loro futuro incerto e della nostra incapacità di soddisfare il minimo dei loro bisogni”.
La donna di 36 anni aggiunge: “Se avessi saputo che questo sarebbe stato il mio destino, non mi sarei sposata. Noi donne siamo costrette a vivere in una società patriarcale che ci spinge a lavorare e sostenere le nostre famiglie. Molte giovani a Gaza non sono in grado di adattarsi alle difficili circostanze”.
Infine, dice: «Non penso al divorzio, perché le sue conseguenze sarebbero gravissime. Se mai scegliessi di tornare a casa di mio padre, dovrei combattere una guerra sociale di tipo diverso: piena di oppressione, interdizione, prepotenza, dubbio e impugnazione d’onore».
Per molti anni, ma a intermittenza, le donne a Gaza hanno combattuto diversi tipi di guerre. Tuttavia, sono impegnate in una guerra sociale permanente contro il dominio maschile che ha origini antiche come fossero iscrizioni sacre. Coloro che si discostano da esse, cadono nella palude della stranezza e dell’incomprensione. In tali società patriarcali non c’è spazio per nient’altro che per il dominio maschile, che sta alla base della continua produzione di vittime femminili.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org